Lettere
La festa del Sacro Cuore di Gesù
L'amico-lettore Massimo Pieri scrive una lunga lettera al direttore per ricordare la solennità odierna
Posta in redazione, perché non ci sfugga questa importante e solenne giornata. Quali i significati?
Quale il significato per noi, oggi?
Caro direttore, volevo condividere con te alcuni pensieri (confusi) sulla solennità del Sacratissimo Cuore di Gesù che festeggiamo oggi. Siamo giunti al giorno santo della festa. Beh, in verità già ieri sera abbiamo celebrato la Messa vigilare di questa solennità, ma ieri è passato, pensiamo all’oggi. Che cosa vuol dire celebrare la solennità del Sacro Cuore per noi uomini e donne del 2025? A cosa ci è servito per un mese leggere, approfondite con l’aiuto del magistero della Chiesa la spiritualità, pregare, se non ci ha trasformati dentro? Se non ci fa capire quell’Amore che si è fatto carne e nutrimento per il nostro pellegrinaggio terreno.
Confessione e Comunione
Purtroppo, non avremo il dono che ebbero Francesco d’Assisi, Caterina da Siena e altri/e di accostarsi al costato aperto di Cristo e bere. No, e nemmeno lo scambio dei cuori o il matrimonio mistico con Gesù. No, carissimo, questi sono doni che Dio fa a pochi. Però può farci partecipare alla contemplazione del suo Cuore, quello scrigno aperto, fonte di grazie. Ma possiamo godere, gioire, e fare festa, con una buona confessione e celebrare una santa Eucaristia di Riparazione secondo le intenzioni del Sacratissimo Suo Cuore. Solo così potremmo partecipare pienamente anche noi, sebbene indegni, dei doni mistici di grazia riservati a coloro che sono a Lui devoti.
Dio ama ognuno di noi, in maniera indistinta
Non possiamo tralasciare un breve commento sulle letture del giorno. Già la prima lettura del profeta Ezechiele (Ez 34,11-16) non può non coinvolgerci pienamente. Il profeta ci parla di come Dio, il Pastore, passerà tra il suo gregge e curerà a una a una tutte le sue pecore, belle e meno belle, capri, pecore, agnellini, un po’ di tutti i tipi. Un tempo si usava la locuzione latina: “oves et boves”, cioè “pecore e buoi” con cui si intendeva indicare, in tono tra lo scherzoso o il polemico, un raggruppamento eterogeneo di persone, per lo più prive di meriti e di qualità distintive. Non ha importanza se siamo buoi, cani, pecore nere o vecchie e malate, Dio ama ognuno indistintamente. Questo è un concetto che dovremmo tenere bene in testa e soprattutto nel cuore.
Non siamo mai soli
Non esiste nessuno non amato da Dio: Dio ama tutti personalmente. Possiamo esprimere questo concetto nel canto del salmo 22 dove acclameremo che il Signore è il nostro pastore e con lui non possiamo avere paura nemmeno se siamo avvolti dalle tenebre: “Se dovessi camminare in una valle oscura (chiaro riferimento alla morte o a un periodo di cruda sofferenza) non temerei alcun male… perché Tu sei con me”. Non siamo mai soli. Dio è sempre presente anche e soprattutto quando cadiamo nel peccato. Proviamo a immaginare Dio accanto a noi che finiamo in una buca riportando una dolorosissima storta e Dio che amorevolmente ci riprende: “Te lo avevo detto di fare attenzione che si scivola”.
Dio non ci abbandona mai
Sì, Dio non ci abbandona mai. Non dimentichiamolo, siamo a lui costati sofferenza e morte. Ce lo spiega bene Paolo nella sua lettera ai Romani (Rom 5,5b-11), che ci ricorda gli elementi principali della nostra salvezza. Noi eravamo in una situazione di debolezza, in preda al male e al peccato e Cristo è morto per noi. Questo è successo nel momento opportuno, cioè nella pienezza dei tempi, nel momento che Dio ha ritenuto più giusto per realizzare questa liberazione.
Proviamo a immaginare il Paradiso, appena dopo un’assoluzione
L’evangelista Luca lo conferma nella sua pericope (Lc 15,3-7), nella parabola di Gesù che racconta ai suoi uditori di un pastore che ritrova la sua amata pecorella e fa festa. Immaginiamo (ad occhi chiusi) per qualche istante, in Paradiso, al momento che il sacerdote ci ha appena assolti e perdonati, lassù nel Cielo cominciano a far festa: una “ola”, un’onda umana di santi e beati e angioletti che si alzano e si siedono e urlano di gioia perché siamo rientrati nell’ovile di Dio.
Desiderare l’Amore di Gesù
Abbiamo il dono, da desiderare, ardire, bramare, chiedere ogni volta, tutti i giorni: l’Amore di Gesù. Una medicina che cura tutti i mali, da condividere con gli altri, e da meritare con una vita santa, al meglio che possiamo. Ma se, casomai dovessimo, come quella pecorella avventata, scivolare nelle trame del maligno, niente paura: c’è Cristo Buon Pastore pronto a sanare con il balsamo che scende fluente dal suo costato aperto per noi, che custodisce lo scrigno, la fonte del suo inestimabile amore, l’abisso di ogni virtù: il suo Sacratissimo Cuore.
Sta a noi diffondere questo messaggio
Lasciamoci catturare dalla contemplazione di questo cuore che “ha tanto amato gli uomini dai quali non riceve che ingratitudini e disprezzo…”. Amen. Sì, caro Francesco, amen. Allora ti invito a fare tue, riascoltandole con attenzione e passione, le parole che Gesù disse a Margherita Maria Alacocque: “Il mio divin Cuore non potendo più contenere in sé stesso le fiamme del suo ardente Amore, sente il bisogno di diffonderle per mezzo tuo e di manifestarsi agli uomini per arricchirli di preziosi tesori spirituali”. Ora Margherita è in Paradiso e può nuovamente contemplare per l’eternità l’amatissimo Sacro Cuore; ora sta a noi diffondere questo messaggio al mondo intero, senza paura di essere denigrati o presi in giro o rimandati al mittente. Questo è nel conto di chi fa apostolato. “Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi” (Gv 15,18-21). Possa tu ricevere l’entusiasmo che ho io in questo momento mentre ti scrivo questi poveri pensieri… Ti abbraccio di cuore. E ti auguro una santa giornata…
Massimo Pieri (Pepe) – Cesena