Cesena
La parrocchia di Gattolino, punto di incrocio e partenza di un viaggio
“Certo che lo Spirito Santo, nella via Violone di Gattolino, è andato giù pesante…”. L’espressione di don Walter Amaducci, ieri sera nella chiesa di Gattolino, ha definito la ricchezza di vocazioni che la comunità parrocchiale ha visto nascere, ha coltivato e fatto fiorire soprattutto nel secondo dopoguerra fino agli anni Settanta.
“L’importanza della parrocchia nella vocazione al sacerdozio” è stato l’invito che il parroco don Daniele Bosi ha rivolto ai diversi sacerdoti originari di Gattolino. All’incontro – appuntamento all’interno della festa parrocchiale che si concluderà domenica 12 settembre – insieme a don Walter, vicario episcopale per la pastorale e parroco di San Pietro, hanno risposto don Maurizio Macini, parroco di Montecastello, e don Luigi Moretti, che dopo una vita in terra di missione ora vive nella Casa del Clero. “Sono con noi vicini spiritualmente don Rino Casali, che proprio domenica prossima festeggerà i 50 anni di sacerdozio e che, insieme a don Ruggero Paganelli, per motivi di salute non possono essere presenti – le parole di don Daniele, all’inizio della Messa presieduta da don Walter Amaducci -. Questi tre sacerdoti hanno risposto all’invito e sono tornati a casa: qui hanno radici e ricordi preziosi. Senza radici, un albero non può crescere”.
Originario di Capannaguzzo, la famiglia Macini si è trasferita nel territorio di Gattolino quando Maurizio aveva 19 anni e aveva appena iniziato il Seminario. “Ho un ricordo bello di questa comunità parrocchiale, in particolare di don Luciano (parroco di Gattolino dal 1993 fino allo scorso anno, ndr) che mi ha voluto sempre bene. È guardando il suo prezioso lavoro in mezzo a voi, la sua dedizione e carità pastorale che è cresciuta in me la voglia di diventare prete. È stata una grazia bellissima, e di questo sono grato. Oggi siete con don Daniele: il Signore riempia di benedizione la sua allegria e i suoi talenti. E Gattolino, comunità così cara alla nostra famiglia”.
Don Luigi Moretti ha dato avvio alla sua testimonianza con una riflessione su parrocchia, vocazione e sacerdote. “Un tempo ogni parrocchia aveva il suo parroco. Ora invece, come Gattolino, diverse non hanno un parroco residente, anche se don Daniele è molto presente. La parrocchia è la Chiesa che vive in un determinato territorio. Chi è il sacerdote? È un dono di Dio: persona necessaria perché Gesù si serve di lui per continuare la storia della salvezza fino alla fine del mondo. Senza il sacerdote non ci sarebbero l’Eucaristia, la confessione, e tanto altro. Fa cose che neppure Maria e gli angeli possono fare”. Don Luigi ha poi riportato le parole di san Giovanni Bosco: ‘Il più grande dono che Dio può fare a una famiglia, è di avere un figlio sacerdote’. E alla nostra famiglia Dio ha dato due sacerdoti: mio fratello don Dante e io”.
E sulla vocazione ha proseguito: “Molti pensano che sia quella al sacerdozio e quella alla vita religiosa. Invece la vocazione è per tutti: la chiamata di Dio è uguale per tutti, ed è la vocazione alla santità. Cioè a vivere secondo le indicazioni di Cristo. Che si realizza attraverso vocazioni personali differenti: al matrimonio, al sacerdozio, a essere maestro, impiegato, educatore… sono vocazioni differenti che possono portare alla stessa meta: quella alla santità”. “Nessuno diventa sacerdote di sua iniziativa: è Dio che chiama. Oggi celebriamo la festa della nascita della Vergine Maria: non lo è diventata per sua iniziativa, ma per grazia di Dio”.
“La chiamata va scoperta e coltivata – ha sottolineato don Luigi -. In questo mi ha aiutato prima di tutto la mia famiglia: la mamma e il babbo ci hanno educato alla vita cristiana. Mi ha aiutato anche mio fratello Dante, già in seminario. Poi mi ha aiutato mio zio don Armando, con il quale sono stato un po’ di tempo a Montecodruzzo quando lì era parroco. Poi mi ha aiutato a coltivare la mia vocazione la parrocchia di Gattolino: ero chierichetto e mi rendevo conto dell’importanza della parrocchia attraverso la catechesi e il partecipare alla Messa. Vedendo don Secondo Ridolfi che dava tutto questo, pensavo: è importante la presenza del sacerdote. Così, piano piano, sentivo che il Signore si rivolgeva anche a me. E sempre più ho capito che il sacerdote può sempre fare qualcosa di importante anche quando si dice “Non c’è più niente da fare”.
Con commozione don Luigi ha riferito di un fatto del 1944, durante il passaggio del fronte: “Mio babbo era infermiere e fu chiamato per un ragazzo ferito gravemente dalle schegge di una granata. Nel carro portò anche me, bambino di 9 anni. Gli disinfettò le ferite, gli fece una iniezione per calmare il dolore. E ci mettemmo a pregare insieme. Poi chiamò in disparte i genitori e disse loro, in dialetto: ‘Ho fatto tutto quello che potevo. Mi dispiace, non posso fare altro”. “Quelle parole sono rimaste fisse nella mia mente – ha proseguito don Luigi -. In quel momento capii che il sacerdote può offrire qualcosa di molto importante anche quando tutti dicono che non si può fare niente: porta l’Eucaristia come viatico, confessa chi chiede misericordia, infonde speranza in chi si trova al termine del suo cammino terreno”.
“Sono felicissimo di essere stato chiamato al sacerdozio – ha concluso don Luigi -. Ringrazio il Signore, i miei genitori, i miei fratelli, don Dante, don Secondo Ridolfi. E tutti i parrocchiani di Gattolino: ricordo in particolare Anita, sorella di don Secondo, che ha dato una stupenda testimonianza cristiana. Le dicevo in dialetto: ‘Te ci’ ‘na senta’. E lei mi rispondeva: ‘No senta, an so gnenca zinquantanov!’. Anche per questo, io sono sacerdote. Grazie Gattolino”.
“In quinta elementare volevo fare il chirurgo. Anzi, il cardiochirurgo”. Don Walter Amaducci ha riportato episodi che hanno segnato tappe fondamentali all’ingresso in Seminario, oramai sessant’anni fa. “Ero bambino vivace, e don Secondo mi propose di trascorrere un periodo di vacanza nell’allora casa estiva del Seminario, a Carpineta, insieme a un centinaio di bambini”. Fondamentale la vita in famiglia: “Vedevo i miei genitori recitare il Rosario. La preghiera in famiglia era così importante che subito l’ho assorbita. Ed ero affezionato alla Messa. Alle elementari, prima di andare a scuola, andavo a servire la celebrazione. Rispondevo in latino, anche se capivo la metà delle parole. Ma ne sentivo tutta la sacralità”. E continuano i ricordi di bambino a Gattolino: “Un giorno, ero a sedere nella terza panca, il bambino accanto, dopo aver ricevuto l’ostia consacrata si è girato verso di me: ‘Cum la è sciavida’. Io ci rimasi male: come poteva dire così del corpo di Cristo?”.
“Ogni giorno eravamo in parrocchia – ha continuato don Walter -. Facevamo mille lavoretti: tutto faceva parte della ‘scuola teologica’ gattolinese curata tanto da don Secondo. Erano il frutto di una grazia: avevo la sensazione che ci fosse qualcosa di grande e importante. Poi, dopo il cammino in seminario e verifiche periodiche, 45 anni fa ho ‘cantato’ qui Messa, con grande gioia. Gattolino è stato un punto di incrocio per poi ripartire per un viaggio che non è ancora finito”.
“Il Papa dice di pregare per i sacerdoti, ed è quello che vi chiedo – ha concluso don Walter -. Rispondere alla vocazione sacerdotale è stata una grande grazia. Per perseverare occorre ancora tanta grazia”.
Nella foto, da sinistra: don Walter Amaducci, don Daniele Bosi, don Luigi Moretti.
Sotto, momento della Messa che ha preceduto le testimonianze.