Pantani a 20 anni dalla morte. Il mito rimane immutato

Il prossimo 14 febbraio sarà un giorno particolarmente triste per la Romagna e per tutto lo sport italiano. Il 14 febbraio di 20 anni fa, ci lasciava a Rimini uno dei più grandi e carismatici ciclisti di tutti i tempi: Marco Pantani. Per capire meglio la sua levatura umana e sportiva, basta citare un dialogo tra Pantani e Gianni Mura. Alla domanda del famoso giornalista milanese, che gli chiedeva come mai andasse così forte in salita, il campione romagnolo rispose in modo semplice ma spiazzante: “Per abbreviare la mia agonia”. Per Pantani la bicicletta era non solo gioia, ma anche sofferenza perché in ogni corsa si impegnava con grandi sforzi fisici. Proprio per questo motivo venne chiamato il “Pirata”. Un altro soprannome fu quello di “Pantadattilo”, attribuitogli sempre da Gianni Mura.

Pantani nacque a Cesena il 13 gennaio 1970, ma visse la maggior parte della sua vita nella vicina Cesenatico. Professionista dal 1992 al 2003, disputò la sua prima vera corsa con i Carrera Jeans il 5 agosto 1992 al GP di Camaiore. Pantani conseguì la prima vittoria il 4 giugno 1994, vincendo sempre con il team toscano la tappa “Lienz-Merano” al Giro d’Italia. Il talento del cesenaticense esplose proprio durante quell’edizione della famosa corsa ciclistica, con due vittorie di tappa a Merano e all’Aprica e con il raggiungimento del secondo posto nella classifica finale, alle spalle di Evgenij Berzin. Fu l’inizio di una carriera sfolgorante, che lo portò a disputare nove Giri d’Italia, cinque Tour de France, due Vuelta a Espana, sei Milano-Sanremo, quattro Liegi-Bastogne-Liegi, due Campionati del mondo e l’Olimpiade di Sydney 2000. Corse dal 1992 al 1996 con i già citati Carrera Jeans, dal 1997 al 2003 con il Mercatone Uno e dal 1994 al 2000 con l’Italia.

Pantani si trasformò in un mito nel 1998, quando riuscì nell’epica impresa di vincere il Giro d’Italia e il Tour de France nello stesso anno. Fu il 7° e ultimo corridore a centrare questo prestigioso record dopo Fausto Coppi nel biennio 1949-1952, Jacques Anquetil nel 1964, Eddy Merckx nel triennio 1970-1972-1974, Bernard Hinault nel biennio 1982-1985, Stephen Roche nel 1987 e Miguel Indurain nel biennio 1992-1993. Il “Pirata” era sicuramente bravo in tutte le condizioni di strada, ma passò alla storia per essere stato uno dei più grandi scalatori della storia assieme a Gino Bartali, Charly Gaul e Federico Bahamontes. Lo dimostra il fatto che, per esempio, i tempi d’ascesa più veloci su due delle vette più importanti del Tour de France appartengono proprio a lui: salì il Mont Ventoux in 46:00 e l’Alpe d’Huez in 36:50.

Oltre al Giro d’Italia e al Tour de France nel 1998, il “Pirata” romagnolo arrivò complessivamente sul podio altre quattro volte nelle grandi competizioni: un secondo posto nel Giro d’Italia nel 1994, due terzi posti nel Tour de France nel biennio 1994-1997 e un terzo posto ai Campionati del mondo “In linea Elite” di Duitama in Colombia nel 1995. Non sono state solo le grandi vittorie ad aver plasmato il mito di Pantani, ma soprattutto la sua grande capacità di suscitare entusiasmo e affetto nel cuore delle persone. Era il campione umile, dotato di una sensibilità e una cordialità fuori dal comune, anche raggiunta la fama internazionale. Vorrei concludere con una frase dello scrittore Arthur Bloch, che calza a pennello con le doti da scalatore di Pantani: “Dovunque tu vada, sarai sempre in salita e controvento”.

Caro “Pirata”, dopo innumerevoli salite, sei sceso nei nostri cuori e ci rimarrai per sempre. 

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