Paola Bignardi in cattedrale: “Lasciarsi sollecitare dalle visioni dei giovani”

In tanti ieri sera alla catechesi della pedagogista: "Dai giovani la richiesta di una Chiesa come una cena tra amici. È il sogno anche di tanti adulti"

Il vescovo Douglas Regattieri e Paola Bignardi (foto: Pier Giorgio Marini)

Come dare speranza ai giovani? Come guardare a loro come fonte di speranza?

Da queste sollecitazioni si è mossa la riflessione di Paola Bignardi, pedagogista, pubblicista e già presidente nazionale dell’Azione Cattolica, ieri sera in Cattedrale a Cesena.

Tanti i presenti

Folta la platea convenuta per partecipare alla seconda catechesi organizzata dalla diocesi per l’anno pastorale 2024-2025, a cui vanno aggiunti i tanti che hanno seguito l’evento in diretta video sui nostri canali, e dove il filmato è ancora reperibile. L’incontro è stato aperto dal vescovo Douglas Regattieri che ha annunciato che domenica 9 marzo, alle 17, celebrerà “una Messa nella concattedrale di Sarsina, ringraziando il Signore per la venerabilità di don Quintino Sicuro“. Al termine della serata, il presule ha pregato per la salute di papa Francesco.

“Adulti poveri di speranza”

Bignardi è partita da un versetto del profeta Gioele (2,28): “I vostri vecchi faranno dei sogni, i vostri giovani avranno delle visioni”. La pedagogista ha sottolineato che, da sempre, “i giovani hanno uno sguardo che vede lontano, che sa scorgere di più rispetto allo sguardo comune”. In particolare, “oggi i giovani sono protesi al futuro, ma in un contesto che non ha più una visione”. Secondo la pedagogista, “la generazione più povera di speranza oggi è quella adulta, anche nella comunità cristiana. Si tende a guardare indietro. Prevalgono tristezza, risentimento, sfiducia nelle istituzioni”. Per Bignardi “la crisi della gioia è povertà della speranza” e “il clima rassegnato della generazione adulta si riflette su quella giovane”. Così “nella Chiesa e nella società non ci si sente a casa” e il tutto si traduce in “rabbia e protesta verso l’egoismo degli adulti”.

In tanti alla catechesi diocesana (foto: Pier Giorgio Marini)

Allontanamento critico

Il dato di fatto è che “i giovani stanno disertando le nostre comunità cristiane“. Riferendosi a una “grande diocesi” non nominata, la pedagogista ha rilevato che solo il tre per cento di quei giovani frequenta la Chiesa, mentre il 97 per cento non ritiene significativa l’esperienza ecclesiale. Dati comunque simili in tanti altri contesti. “Perché si stanno allontanando? Stanno diventando tutti increduli?”. A queste domande Bignardi ha cercato di offrire una risposta a partire dai dati di una recente ricerca dell’Istituto Toniolo di Milano, che ha intervistato cento giovani, dai 18 ai 30 anni, che hanno abbandonato la Chiesa. Dalle interviste emerge che, accanto a un allontanamento di chi si sente appagato per aver raggiunto il traguardo della cresima e di chi si convince a vivere bene anche senza il trascendente, c’è anche chi ha vissuto esperienze di conflitto nella comunità e assume, di conseguenza, un atteggiamento di rabbia. Ma, fra tutte le tipologie, “l’allontanamento critico è quello prevalente”. I giovani, da quanto emerge dalla ricerca citata, “non si riconoscono nella proposta offerta dalla Chiesa”, criticandone il linguaggio e lo stile delle relazioni. Manca, secondo loro, la possibilità di dialogare. Riscontrano un “clima freddo, non accogliente”.

Dai giovani “un’idea nuova di Dio”

Gli aggettivi più ricorrenti nelle interviste citate sono che la Chiesa sarebbe “vecchia, lenta, lontana, chiusa”. Per Bignardi “questo spiega le chiese vuote: un allontanamento non pregiudiziale. I giovani intervistati affermano di volere una Chiesa come una cena a casa di amici, in cui poter parlare con libertà e naturalezza”. Dalla ricerca emerge con forza che l’abbandono della pratica religiosa e della comunità cristiana non significano distacco dalla fede, ma abbandono di un modo di credere sentito come vecchio, una fede sofferta. “C’è un’idea nuova di Dio – ha rilevato la pedagogista -. Il problema di dimostrare che Dio esiste non si pone. Dio è percepito dentro di noi e definito con il linguaggio della quotidianità, non della dottrina. Per una ragazza intervistata, “Dio è la malinconia, la percezione che mi manca qualcosa”. Questo modo di pensare Dio è la spia di una nuova ricerca di spiritualità, difficile da riconoscere con i nostri canoni tradizionali. La spiritualità è un viaggio nel proprio io profondo, è farsi domande, è connessione con la natura, è la ricerca del mistero, una spiritualità dell’umano, che è universale”.

Una religione sempre più interiore

Secondo Bignardi, “lungo questo percorso interiore è possibile incontrare Dio. La trasmissione può dare qualche punto di riferimento, ma l’esperienza religiosa è personale“. Una fase di passaggio, “da una religione di appartenenza a una religione interiore”, un passaggio, definito dalla relatrice, “pieno di promesse e di rischi, che avviene nella solitudine, senza una comunità di riferimento” e che può sfociare nel fai-da-te, con giovani “lasciati molto a sé stessi”. Per Bignardi, “i giovani cercano modi nuovi di credere perché sono figli di un tempo diverso, in cui c’è un cambiamento di vivere l’umano”. Cercano, in definitiva, una “fede contemporanea, che sia un’esperienza di oggi”.

Passaggio di speranza

Anche “molti adulti si riconoscono nelle provocazioni dei giovani e condividono tanti di questi disagi” relativi a rigidità e formalismo riscontrati nella Chiesa. Tornando all’immagine biblica iniziale, per la relatrice “le visioni dei giovani svegliano i sogni degli adulti. Anche gli adulti sognano una Chiesa madre, non giudicante, non precettistica“. Da qui l’invito a “lasciarsi provocare dalle visioni dei giovani, se la comunità cristiana non vuole perderli”. Questo significa “tornare ad ascoltarli, prendere atto della realtà, smettere di illuderci che le cose cambino da sole, essere creativi, audaci, gratuiti: è questa la testimonianza di speranza che i giovani si aspettano da noi adulti e, in questo, essi sono elementi di speranza per noi”.

Paola Bignardi (foto: Pier Giorgio Marini)

Giubileo, “occasione per ricominciare”

Da Bignardi infine una provocazione riguardante il Giubileo. “Nella tradizione biblica – ha rilevato – era un tempo per ricominciare. Non è una gita a Roma. È conversione personale. È l’invito a una Chiesa, un po’ stanca e affaticata e che a volte nega la sua crisi, a ritrovare entusiasmo, energia, fede. Il Giubileo è la possibilità di ricominciare con una Chiesa che accoglie lo spirito dei giovani e fa loro spazio”, perché “i giovani sono la nostra speranza, con le loro parole spesso dure, ma che manifestano una visione”. Iniziando con il profeta Gioele, Bignardi ha concluso con una citazione di Isaia (43,18): “Ecco faccio una cosa nuova… aprirò anche nel deserto una strada”. Da qui l’invito a “smettere di guardarci i piedi, gettate lo sguardo lontano. È lo sguardo dei sognatori, dei poeti, di donne e uomini audaci che, fra le rovine di un mondo che non c’è più, vedono spuntare germogli di un mondo nuovo che sta nascendo e si danno da fare per prendersene cura”.