Rotary Club. È intervenuta Elena Joli, fisica teorica e divulgatrice scientifica

 

L’Antartide è un ecosistema grandioso, ma fragile in cui, tra le tante informazioni che vi si possono cogliere, ci sono anche quelle relative alle variazioni del clima sulla terra, che non vanno lette in chiave catastrofica poiché da sempre la terra è sottoposta a modificazioni. 

Sul tema è intervenuta al Rotary Club Cesena, Elena Joli, fisica teorica e divulgatrice scientifica.

La scienziata cesenate, dopo la laurea a Bologna, ha studiato i buchi neri all’École Normale Supérieure di Parigi e ha conseguito un master in Comunicazione della scienza alla scuola internazionale di Trieste. Autrice di numerosi manuali di divulgazione per le scuole, fa parte dell’editorial board di “Sapere”, la più antica e prestigiosa rivista di divulgazione scientifica italiana.

Ma le informazioni più vive e interessanti le ha desunte da una missione in Antartide insieme ad altre 76 donne scienziate invitate come lei da diversi Paesi del globo grazie al progetto australiano Homeward Bound. “Una missione scientifica – ha sintetizzato la stessa Joli – di leadership al femminile, comunicazione e tutela dell’ambiente con lo scopo di promuovere le donne impegnate in ambito scientifico e puntare i riflettori sull’impatto del cambiamento climatico sul globo”. 

“L’Antartide – ha evidenziato la Joli – dove nessun Paese ha giurisdizione e dove si può intervenire solo per motivi di studio, è un luogo eccezionale in senso ampio, ma soprattutto è un indicatore ecologico sensibile alle minime variazioni. Ciò che accade in Antartide è significativo per poter prevedere i modelli climatici su larga scala”.

Fra le immagini suggestive, da lei stessa riprese in Antartide, e mostrate nel corso dell’incontro, ci sono le anomale colorazioni rossastre dei ghiacci di alcune zone, segno della fioritura di alghe stimolata dalle temperature che in alcuni casi hanno sfiorato lo zero.

La Joli si è soffermata anche sul rapporto donne-scienza: “In passato hanno avuto porte sbarrate, ora sono aperte ma restano stereotipi di genere che relegano le donne a discipline umanistiche. È ancora necessario ribadire che le facoltà scientifiche sono spalancate a studenti e studentesse. Ma mancano dei modelli di riferimento declinati al femminile”.