È finita l’era dei social network? Anche online è questione di fiducia

Il 4 febbraio scorso Facebook ha festeggiato il suo ventunesimo compleanno; sarà anche l’ultimo?
La provocazione è certamente esagerata – specialmente ora che abbiamo visto Mark Zuckerberg seduto accanto al neopresidente Trump e agli altri magnati americani della tecnologia – ma è da un po’ che la parabola del capostipite dei social sembra in fase discendente.
Vent’anni sono davvero un’era geologica nell’ecosistema iperaccelerato di oggi. Se poi si aggiunge la recente decisione di Meta, società a cui fa capo il social network, di interrompere il programma di fact-checking, ovvero di verifica delle fake news, non meraviglia che a gennaio si sia registrata un’impennata delle ricerche online su come uscire definitivamente da Facebook e soci, con un aumento di oltre il 5mila per cento rispetto ai mesi precedenti.
«La stagione dei social, per come abbiamo imparato a conoscerli in questi anni, è finita», scriveva l’estate scorsa la nota rivista Wired, dedicando la copertina a un unico grande interrogativo: «Chi ha rotto i social media?».
Fra le cause del disamore crescente si può citare la semplificazione e banalizzazione della discussione online, passata dalla condivisione orizzontale fra gli utenti a una decisa virata in senso commerciale.
In passato, infatti, i contenuti che trovavamo quando aprivamo la piattaforma erano relativi agli “amici” che avevamo deciso di seguire. Ora questo è molto limitato e quello che ci appare è soprattutto ciò che l’algoritmo ha scelto per noi, in base ai nostri gusti e propensioni di consumo.
C’è anche chi ha notato che, mentre il nostro tempo rimane sempre lo stesso, la quantità di “contenuti” digitali raddoppia ogni anno: una progressione che esaspera la competizione per essere visti. Meno di «un post su mille ce la fa». Ecco allora la necessità che siano sempre più capaci di attirare l’attenzione, estremizzando le forme e i messaggi.
Lo ha ben compreso papa Francesco che, nel messaggio per la prossima Giornata mondiale delle comunicazioni sociali, nota come troppe volte i media digitali semplifichino la realtà per suscitare reazioni istintive; usino le parole come lame; si servano di informazioni false o deformate ad arte per lanciare messaggi destinati a eccitare gli animi, a provocare, a ferire.
Tutto il contrario della fiducia che serve per vivere serenamente con gli altri, anche (e soprattutto) online. Per il Pontefice la terapia è più analogica che digitale: «Di fronte alle vertiginose conquiste della tecnica, vi invito ad avere cura del vostro cuore, cioè della vostra vita interiore».