Cesenatico
Processo “Radici”, riconosciuti i danni al Comune di Cesenatico
Riconosciute le infiltrazioni mafiose tramite la gestione di svariate attività commerciali. Arrivano le condanne
Nella giornata di oggi presso il Tribunale di Ravenna, presieduto dal giudice Cecilia Calandra, è stato letto il dispositivo della sentenza di primo grado riguardante il processo “Radici”.
Infiltrazioni mafiose in riviera
La sentenza ha confermato l’impianto accusatorio dimostrando la sussistenza della gran parte dei reati (21 condanne su 22 richieste), compresa l’aggravante del metodo mafioso per alcuni degli imputati. Al Comune di Cesenatico sono stati riconosciuti i danni connessi ai reati commessi. L’Amministrazione comunale, in una nota, sottolinea che, per la prima volta nella storia, un tribunale ha riconosciuto che nel territorio di Cesenatico si sono consumati dei reati utilizzando metodi mafiosi. Dal processo è emerso un quadro che sottolinea un progetto di infiltrazione, avvenuto tra il 2018 e il 2022, tramite la gestione di svariate attività commerciali in riviera, riconducibile alla n’drangheta, nello specifico con affiliazione ai clan dei Piromalli.
Gozzoli: “Scoperchiata una situazione molto grave”
«Ringrazio tutte le forze dell’ordine coinvolte nelle indagini – commenta il sindaco Matteo Gozzoli – soprattutto la tenenza della Guardia di finanza di Cesenatico, e il Comando di Polizia di Cesena insieme a tutti quanti si sono impegnati in questa operazione così importante. È stata scoperchiata una situazione molto grave, anche grazie all’impegno enorme del pubblico ministero Marco Forte. Per tutti i reati commessi a Cesenatico sono state emesse condanne, comprese le relative aggravanti per il metodo mafioso. La sentenza ci dà coraggio perché ribadisce ancora una volta che grazie alla reattività del territorio, al lavoro delle forze dell’ordine e della magistratura, i territori si possono ancora difendere dalle infiltrazioni».
La Cgil: “Emerso un grave sfruttamento lavorativo”
Cgil Emilia-Romagna e Camera del Lavoro di Forlì-Cesena, presenti al processo come parti civili, in una nota, esprimono soddisfazione per la sentenza. Per il sindacato, “il dibattimento ha dimostrato come il grave sfruttamento lavorativo e il caporalato siano realtà presenti nel nostro territorio anche in settori come quello del turismo, della ricezione alberghiera, dell’artigianato dolciario”. La Cgil sottolinea che “dove non c’è legalità, il sindacato è leso nel suo ruolo costitutivo di rappresentanza e di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori”. Per questo assicura un confermato “impegno per contrastare i fenomeni degenerativi che sottraggono libertà e dignità delle persone”.