Valle Savio
Sant’Alberico, Giornalisti dell’Emilia-Romagna in dialogo con l’eremita Giambattista Ferro: “Io sono la manifestazione della misericordia di Dio”
Tra testimonianza e preghiera, una giornata a Capanne di Verghereto all’insegna di fraternità e spiritualità. Don Giambattista: “Se Dio ha messo a posto me, mette a posto tutti”
Un gruppo di giornalisti ieri ha partecipato al primo pellegrinaggio promosso dall’Ucsi Emilia-Romagna all’eremo di Sant’Alberico, incontrando l’eremita GiamBattista Ferro
“Per l’intercessione di Sant’Alberico, siate immensamente felici”
“Per l’intercessione di Sant’Alberico, siate immensamente felici”. Lo dice a parole ma soprattutto lo dimostra con la vita GiamBattista Ferro, eremita di Sant’Alberico. L’eremo che ha rimesso a nuovo da quando abita qui, a pochi chilometri dalle Balze di Verghereto, è stato meta, ieri, del primo pellegrinaggio “Giornalisti all’eremo” organizzato dall’Ucsi Emilia-Romagna. 15 colleghi provenienti da tutta la regione si sono ritrovati qui, accompagnati dal presidente regionale, Francesco Zanotti, per una giornata di dialogo, spiritualità e fraternità.
“Se Dio ha messo a posto me, mette a posto tutti”
È durato più di un’ora e mezza il dialogo con l’eremita, che ha raccontato la sua esperienza e la missione che svolge. “Io sono la concreta manifestazione della misericordia di Dio. Se ha messo a posto me mette a posto tutti”, dice, parlando della sua conversione, dopo “50 anni nei quali il mio credo erano ‘donne, soldi e macchine’. I miei hanno dato la vita per me, devono aver pregato tantissimo, ma non mi hanno mai detto niente”.
“Pensiamo di essere noi a gestire la nostra vita”
Qual può essere il motore di un cambiamento così radicale? “Che a un certo punto ti trovi con il sedere per terra – racconta –. Pensiamo di essere noi a gestire la nostra vita, invece non è così. È la grazia: tutto è grazia. Ma Dio non può fare tutto da solo: bisogna riconoscere il proprio peccato. La misericordia di Dio fa il resto”.
Poste supersoniche e prima visita all’eremo
Giambattista spiega com’è capitato a lui. “Avevo perso mia madre e mio padre. Ero già in ricerca, e ho visto, per caso, che qui cercavano qualcuno che stesse in quest’eremo. Ho imbucato la lettera per candidarmi alle 8,30 del mattino. Ed è chiaro che Dio ci ha messo la sua mano perché la sera alle 19 mi chiama il parroco, don Edero, per chiedermi se volevo venire a vedere Sant’Alberico. Un giorno solo, capite? Quando mai, in Italia, una lettera arriva in un giorno?”.
Sacerdote “per consacrare e assolvere”
Da allora Giambattista ha fatto strada, fino alla decisione, accompagnata dal vescovo emerito di Cesena-Sarsina, monsignor Douglas Regattieri, di diventare sacerdote, nel 2023, “per consacrare e assolvere”. A partire da ciò che ha scoperto come essenziale: “Spesso – racconta – amiamo solo per riempire dei vuoti, succede anche in Caritas. Mentre l’importante è svuotarsi di sé: solo così puoi essere dono per gli altri. Perché ti riempie Dio. Tutto diventa Grazia, quando ti accorgi che ti ama così tanto da morire in croce per te”.
“Questo non è un rifugio”
È questo il passaggio, per nulla scontato, che tentano di fare le persone che passano dall’eremo di Sant’Alberico, nato nel 1300 e cresciuto attraverso figure come quella di Quintino Sicuro, l’eremita che lo ricostruì negli anni ’50. “Questo non è un rifugio – scandisce –. Lo dico a tutti quelli che vengono, ma un centro di spiritualità. Per iniziare un percorso servono almeno tre giorni, ma si può rimanere anche dei mesi”.
Vibrare insieme
L’obiettivo, ribadisce, è “abbassare il tuo io per ascoltare l’altro e la Grazia. Spesso siamo noi che ci creiamo dei problemi, impostando la vita su altri criteri. Pensate a quante persone oggi prendono pasticche perché hanno una serie di problemi psicofisici. È il rapporto con Dio che fa la differenza, insieme all’equilibrio dentro di sé: dentro e fuori. Comincia a trovare te stesso, a vibrare per il tuo Dio. Da lì nasce l’amore per gli altri: è un vibrare insieme”.
