La suggestiva passeggiata teatrale al cimitero di Cesena

La recensione: "Non uno spettacolo. L'emozione più forte è la commozione"

Cimitero di Cesena (foto Fz)

Nelle scorse settimane ci sono state tante polemiche, tante discussioni, circa la collocazione di questo evento, e alla fine quello che hanno vissuto le venti persone che hanno preso parte al primo appuntamento del festival “Fu.Me.”, martedì 2 settembre (repliche oggi e domani), è stata un’esperienza di grande suggestione: poetica, intima, intensa e in molti tratti commovente.

Dalla morte alla vita

Si è trattato di “Nephesh. Proteggere l’ombra”, primo appuntamento del festival “Fu.Me” che quest’anno ha come sottotitolo “Città viva”. Potrebbe sembrare paradossale, partire da un cimitero per un festival che vuole parlare di una città viva, eppure la scelta ha un senso. Alessandro Renda e Albe/Ravenna teatro hanno fatto una scommessa, che possiamo definire, in buona sostanza, vinta.

La grande rimozione

La parola ebraica che dà titolo all’evento, che solo con una certa forzatura possiamo definire “spettacolo”, è un misto tra “anima” e “vita”. Lo sappiamo, la morte è la grande realtà rimossa della società moderna, che esclude dalla sua quotidianità, quasi allo stesso modo, il momento della nascita e quello del decesso: si nasce e si muore lontano dagli altri, negli ospedali, avulsi dalla società come mai non era successo nei secoli e nei millenni della storia umana. Proprio da questa rimozione, da questa volontà di cancellare la più universale delle esperienze umane, che accomuna ricchi e poveri, popolani e potenti, santi e peccatori, parte il cammino nel cimitero monumentale di Cesena.

(foto Fz)

Il racconto dell’esperienza

All’ingresso, all’ora del tramonto, si ricevono delle cuffie, e un attore invita ad indossarle. Da quel momento, i venti viandanti non saranno più in “questo” mondo, ma sospesi in un’altra dimensione. La presenza di un attore-guida serve per dare il passo, per indicare con sicurezza la strada, per fare sì che il gruppo di persone sia un’unica entità. Intanto, nelle cuffie, varie voci propongono riflessioni sull’evento che ci riguarda tutti, la morte. Il tono non è né troppo drammatico né troppo leggero: a volte un sorriso sorge sul volto, quando le voci che ci guidano ci fanno riflettere sulle convenzioni della società, convenzioni da cui i morti sono definitivamente esentati. L’emozione più forte, però, è la commozione. Ad esempio, quando si riceve in cuffia la richiesta di raccogliere una boccetta appoggiata a terra, annusarne il profumo, e le voci ci chiedono se ricordiamo gli odori di una persona amata. Quale aroma la contraddistingueva? Quale aroma è rimasto nel nostro ricordo? All’ingresso ogni visitatore ha ricevuto un fiore: durante la camminata i fiori vengono deposti, liberamente: c’è chi lascia il fiore sulla tomba di un amico, di un parente, di un personaggio noto. Se il fiore è stato già deposto, allora è un rapido segno di croce quando si incontra la tomba di chi conoscevamo – o dovremmo dire, di chi conosciamo, dato che il nostro ricordo di loro è ancora vivo -. Si scende anche nella cripta dei caduti in guerra, e, disposti su più file, si ascoltano voci feroci, voci di aguzzini del secolo passato, inneggianti allo sterminio, e le voci che accompagnano i viandanti invitano a riflettere su quanti stermini ancora oggi, attorno a noi, avvengono con fin troppa facilità. Si cammina nei sotterranei, appena illuminati dalle fioche luci dei lumini, e dai loculi occhieggiano volti di persone che furono vive, ma che sono vive nelle immagini che le eternano, e che, complice la penombra, sembra vogliano dialogare con noi.

Un percorso iniziatico di due ore

Abbiamo detto che solo con una forzatura si può dire che questo sia uno spettacolo: intanto, non ci sono spettatori. Le venti persone che compiono il cammino sono parte in causa: annusano aromi da boccette di vetro, prelevano biglietti che ricordano illustri defunti, si illuminano la via con lunghi fiammiferi, addirittura ruotano su se stessi come dervisci. Non sono spettatori, ma parte in causa. E questa passeggiata, di ben due ore, quasi senza sosta, è un vero e proprio percorso iniziatico. Dalla luce del tramonto al bagliore della luna: quando si esce dal cancello del cimitero non si è più esattamente come prima. O meglio, si è come prima, ma, forse, con una consapevolezza maggiore.