Andrea Jin Chen, un cantante lirico cesenate “per caso” al teatro dell’Opera di Roma

Le confidenze dell'artista, sportivo e smanettone: "Mi sono fidato e ho lasciato che le cose accadessero"

Andrea Jin Chen all'Opera di Roma

Quante volte ci siamo sentiti dire «non scegliere la via più facile»? Quante volte ci incastriamo nei nostri progetti, nei nostri programmi e, “puntando all’obiettivo”, andiamo avanti come se indossassimo un paraocchi?

Il fortunato Ping della Turandot

Eppure le cose possono prendere una piega inaspettata, come è successo all’artista, sportivo e smanettone Andrea Jin Chen: «Sono entrato al teatro dell’Opera di Roma a maggio 2024. È accaduto tutto un po’ per caso – dice Andrea, classe 1995, nato a Forlì e cresciuto a Cesena -. Cantavo come solista, impersonavo Ping della Turandot, con una produzione molto bella per le scuole. Una mia collega, che lavorava al teatro dell’Opera di Roma, mi ha raccontato un po’ la sua vita in quel contesto e mi ha detto di provare, di presentarmi qualora avessero pubblicato il bando». Così è accaduto. Approfittando del forte turn over del momento e attratto dai lauti compensi, Andrea si è lanciato. Pochissimo tempo per prepararsi, ma già delle arie pronte. «L’organizzazione non è il mio forte – confessa -. Così, per provare, senza pretesa, dopo aver fatto Cenerentola a Bologna, ho viaggiato di notte, pit stop al Mc Donald, nell’attesa che arrivassero le 9, ora fatale, presso il teatro dell’Opera. Mi chiedo ancora come mai abbiano scelto proprio me».

Nei cori e in Cattedrale

Questo non è stato l’unico passo «un po’ a caso », come racconta il giovane baritono, già studente dell’Istituto tecnico tecnologico “Pascal” indirizzo informatica e di flauto traverso al Conservatorio di Cesena. Ma a essere galeotta è stata una materia complementare, che molto musicisti odiano: il coro. «La mia insegnante di esercitazioni corali mi ha proposto di studiare canto». Poi, dice, «c’è stato l’invito al coro polifonico del mio insegnante di solfeggio». Anche in questo caso Andrea si è fidato ed è andato a vedere e a cantare, anche se per poco. «Per un adolescente sedicenne non era un’attività molto appassionante», ride. Trascorso un po’ di tempo, è al coro lirico “L’araba fenice”, un gruppo di cesenati non professionisti. Infine «il coro della Cattedrale per le liturgie del vescovo», prosegue. Si trattava di «un passatempo serale» cresciuto nel tempo tanto che, al terzo anno di flauto traverso, Andrea ha fatto l’esame di ammissione per canto lirico. «Era un fatto per me molto naturale. Ho scelto la via più semplice», dice da studioso dilettante quale si definisce. «Non sono mai stato troppo diligente e il piano e il flauto traverso richiedono tantissima applicazione ». Insomma «è stata una questione di comfort». Così ha ricominciato tutto da zero, o quasi, data la convalida di molti esami già sostenuti. «La mia curiosità – prosegue – e la mia tenacia sono stati fattori fondamentali nel percorso, ma sono stati gli altri che mi hanno spinto a intraprenderlo. Mi sono fatto trasportare, mi sono fidato e ho lasciato che le cose accadessero».

La laurea in canto lirico

Dopo essersi laureato in canto lirico nel 2020, lavora come tecnico informatico per il Conservatorio, e nel frattempo, grazie alla riapertura post pandemia dei teatri, continua a fare concerti come solista e con il coro polifonico Enchiriadis, fondato con amici. Poi, un’amica si rivela un contatto fortunato: prima la collaborazione di un oratorio sacro su San Francesco e poi la produzione del Don Giovanni per il Ravenna Festival. Proprio a Ravenna conosce l’insegnante Antonio Greco, grazie al quale partecipa al concerto di Riccardo Muti “Le vie dell’amicizia”.

Valleripa nel cuore

Se i due insegnanti del conservatorio lo hanno indirizzato al canto lirico, Andrea ha invece costruito la sua base musicale suonando la liturgia a Valleripa, presso la comunità religiosa frequentata dalla sua “famiglia italiana”. «Mi sono formato musicalmente in quel contesto, guidato dal direttore del coro Francesco Gualtieri, che mi ha un po’ instradato, dandomi stimoli per non sbagliare e aiutandomi ad acquisire elasticità mentale, pronto a tutto».

Canto, ma non solo

«Quando canto sono felice – dice -. Qualunque personaggio stia recitando, sono felice e mi godo quello che sto facendo». Andrea, però, non vive solo per la lirica. Di certo si definisce un artista, un creativo, un fantasioso, non amante delle mode e del main stream. Ama invece lo sport: «Non riesco a stare fermo. Mi piace occupare il tempo con qualcosa che mi fa bene ». Ama andare in bici e arrampicare, outdoor e indoor, è diventato anche istruttore. Ama la natura. Ama mettere le mani in pasta, anche a livello informatico, risolvere i problemi. È lui stesso a definirsi “smanettone”. Sono tessere un po’ casuali che si riordinano, combaciano, tornano a formare il mosaico di chi, passo dopo passo, scopre se stesso.