Cesena
“Clima, alluvioni e territorio”, la consapevolezza nell’incontro con i professionisti
Il meteorologo Pierluigi Randi e il geologo Paride Antolini sono intervenuti ieri sera all'incontro promosso dalla Sezione Cai di Cesena. Una riflessione tra storia, statistiche e previsioni

Clima, alluvioni e territorio. E Cai. Perché la sezione di Club Alpino ha promosso e aperto alla città l’approfondimento di ieri sera nella sala “Spazio Cesuola” a Ponte Abbadesse di Cesena, lo ha definito in apertura del partecipato incontro il neo presidente del Comitato scientifico del Cai di Cesena, Claudio Biondi.
Clima e territorio. Chiarezza e consapevolezza
“A due anni dall’alluvione – le parole di Biondi – riportiamo l’articolo 1 dello Statuto del Cai dove è specificata la difesa dell’ambiente e del territorio tra gli obiettivi del sodalizio. Un territorio ora così interessato da fenomeni meteorologici intensi. L’incontro come questo vuole essere un invito alla consapevolezza, per fare chiarezza sulla moltitudine di informazioni, non meno le fakes che generano confusione e prese di posizione”. “Clima, alluvioni e territorio. La crisi climatica tra fake news e scienza” il titolo dell’appuntamento.
Eventi meteorologici estremi e cambiamento climatico: il legame
“Eventi meteorologici estremi e cambiamento climatico: il legame è sempre più evidente”, le parole di Pierluigi Randi, meteorologo di Bagnacavallo di Ravenna. Il clima nel mondo è sempre più caldo, le anomalie sono a livello mondiale. “Dal 1970, l’andamento è in aumento, con punte estreme nel 2023 e nel 2024. Lo scorso anno si è registrato un +1,5 gradi dall’era preindustriale. In Italia, in particolare, l’andamento è accentuato per la vicinanza del mar Mediterraneo. Il problema è la velocità con cui il riscaldamento globale procede. Le scale di previsioni vedono +3 gradi nel 2060. Che, comunque – prosegue Randi – il pianeta sopravvive anche con 8 gradi in più. Il problema è dell’uomo, per il quale la soglia di adattamento possibile è prevista in +2 gradi”.
Se fa più caldo, il ciclo dell’acqua è più veloce. Aumenta l’intensità della pioggia
A fronte di un clima sempre più caldo, c’è una diminuzione di piovosità: rispetto al 1800, piove il 15 per cento in meno. Ma ad aumentare è l’intensità delle piogge. “Questi due dati sono legati: con l’aumento delle temperature, l’atmosfera trattiene più acqua. E quando arriva il temporale, c’è un +7 per cento di acqua da far cadere per ogni grado in più di temperatura dell’atmosfera”. Il rapporto è presto fatto: “Se l’atmosfera è più calda, il mare è più caldo, e piove di più. Il ciclo dell’acqua è più veloce, se fa più caldo”, prosegue. E a livello locale? “Dal 1970 i dati riportano +21 per cento di pioggia in primavera e in autunno, di cui +16 per cento negli ultimi 30 anni. E 30 anni, climatologicamente parlando, sono davvero pochi”, sottolinea Randi. A proposito di quanto avvenuto il 16 e 17 maggio 2023, “la stazione climatologica di Rullato (Sarsina) ha indicato 350 millimetri di pioggia in 30-36 ore, a fronte di una media mensile di 80 millimetri circa. Con persistenza. Lo stesso è successo a settembre 2024”. Le precipitazioni estreme, anche di 200 millimetri in poche ore, “sono un problema. Con un focus alla situazione del suolo, che erano saturi il 16 e 17 maggio in quanto nelle settimane precedenti era caduta tanta pioggia, successiva a un periodo di forte siccità. Sono gli estremismi a creare problemi”. Solo due giorni prima, la sera del 20 maggio, il comprensorio forlivese è stato interessato da una nuova forte pioggia: “Sono caduti 70 millimetri in una sola ora: un evento estremo secondo le statistiche”.
Colpa del cambiamento climatico? “Dipende – prosegue il meteorologo – per attribuire gli eventi al cambiamento climatico occorre che l’evento sia esteso e duraturo nel tempo. Occorrono delle statistiche. Le alluvioni non sono state provocate dal cambiamento climatico, ma sono state amplificate dal clima. Il nostro Paese è ad alto rischio alluvioni, che è un fenomeno naturale. Grave. Nel territorio due anni fa esondarono 23 fiumi, provocando la catastrofe”.
Qualche previsione futura…
Lo sguardo futuro? “Lo scenario peggiore dice di un aumento delle temperature di 4 gradi. Quello migliore, la stabilizzazione a 1,5 – le parole di Randi -. L’alternanza tra lunga siccità e giorni estremamente piovosi, potrebbe aumentare. Pioverà di meno, ma più intensamente, con la proiezione per il 2036-2065 di +8 giorni di forti piogge”.
Resilienza, mitigazione e adattamento sono nuove parole che entrano nel vocabolario del climatologo. Cosa si può migliorare? “Possiamo accentuare il monitoraggio con l’installazione di nuove piccole stazioni meteo, che pur in Regione sono numerose. Possiamo pensare a rafforzare interventi per creare delle ‘città spugna’ che riducano la quantità di acqua scolante, ad esempio aumentando gli alberi e il verde, che rallenta il deflusso dell’acqua. Possiamo raccogliere l’acqua piovana, affinché non tutta finisca nel sistema scolante”.
Tra il sorriso e consolazione, la conclusione di Randi: “I meteorologi non ci prenderanno mai”.
Il geologo Antolini: “Quando abbiamo bisogno di spazio, lo prendiamo dal fiume”
È seguito l’intervento del geologo cesenate Paride Antolini. La sua introduzione ha messo a confronto cartine storiche del comprensorio cesenate, capaci di dare una ‘fotografia’ dell’urbanizzazione della città. “Quando abbiamo bisogno di spazio, lo andiamo a prendere dal fiume. Un tempo gli appezzamenti erano numerosi e piccoli, con numerosi fossi. Ora un’azienda agricola, per poter vivere di agricoltura, ha necessità di appezzamenti grandi, e i fossi sono diminuiti”. Nel nostro Appennino, ha sottolineato Antolini, “fino a qualche decennio fa i terreni, anche i più piccoli, venivano modificati dall’uomo e livellati pur di potervi realizzare qualcosa. E se poi questi terreni vengono abbandonati, franano. Spariscono i fossi e la montagna si riprende il suo spazio. Ecco, allora, che nel maggio 2023 sono franati i boschi, segnando qualcosa come 80mila frane nel nostro Appennino. Occorrono almeno 4-5 anni affinché gli alberi ricrescano in modo naturale”.
Alberi e fiumi: indispensabili, ma regolamentati
Alberi vicino agli argini del fiume, sì o no? “Certo che sì, quando stabilizzano un versante – sottolinea Antolini -. A monte della via Emilia, sono indispensabili per rallentare e trattenere l’acqua in piena. Più naturali sono, e più rallentano le piene. Dal 1850 ad oggi il bosco è aumentato di molto, e per fortuna l’alluvione è arrivata nel 2023; prima, sarebbe stato peggio. A Bagno di Romagna quindi il fiume va lasciato così. Più si scende a valle, e più la vegetazione va gestita. Il troppo e il nulla non vanno bene”. Tornando ai dati storici, “nel 1870 in Regione vi erano 141mila ettari paludosi; ora sono 16mila grazie all’utilizzo di idrovore che mantengono asciutto il territorio. Ma è in atto un fenomeno di subsidenza naturale che abbassa il terreno di 2 millimetri all’anno; e l’acqua si alza di 4 millimetri. In 10 anni, il gap sarà di 6 centimetri: tantissimo. La Riviera avrà necessità sempre più grande di ripascere il litorale. E le idrovore dovranno essere sempre più potenti”.
E sempre a proposito di alberi sulle rive del fiume, “Ora siamo in un momento in cui la progettazione è difficile. Si corre in nome della sicurezza – ha sottolineato Antolini -. Manca una professionalità nella gestione del verde. Quando un albero diventa alto 20 metri e più, vecchio, diventa pericoloso e va tagliato. Va fatta una selezione di vegetazione, la più idonea e sana. Occorre pianificare una gestione continua, mantenendo una vegetazione bassa, con alberi in salute che si possono piegare con la piena. Non siamo soli al mondo: la nostra vita ha senso se si riesce a vivere insieme agli altri esseri viventi”.

