Dall'Italia
“Elisa”, un film che parla di punizione e recupero
Al cinema l'ultima fatica di Leonardo Di Costanzo con una Barbara Ronchi in splendida forma. La recensione
“Elisa” di Leonardo Di Costanzo è un film profondo e potente, dove un semplice fatto di cronaca permette di indagare con forza l’ambiguità umana con le sue contraddizioni.
Domande seducenti
Le domande che la pellicola (presentata in anteprima il 4 settembre scorso all’82esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia e distribuito nelle sale italiane dal giorno dopo) si pone sono certamente seducenti: se abbia senso, e quanto, indagare la mente di chi ha ucciso a sangue freddo un proprio familiare stretto. E dove ricercare le motivazioni.
La trama
Elisa, una donna attorno ai quarant’anni, sta scontando da dieci anni una condanna per avere ucciso la sorella dando poi fuoco al cadavere. Le analisi psicologiche a cui è stata sottoposta hanno certificato in lei un’amnesia totale del delitto compiuto. Ora accetta di incontrare il professor Alaoui il quale ritiene che si debba scavare nelle reali condizioni che hanno portato a un reato. Non per giustificarlo ma per comprendere a fondo la personalità del colpevole al fine di aiutarlo a compiere un processo di recupero.
Barbara Ronchi protagonista assoluta
Va detto subito che il film vive della brillante recitazione di una Barbara Ronchi in splendida forma, portando sulle spalle il peso di almeno la metà del successo della pellicola. La sua Elisa è una giovane donna che la camera di Di Costanzo segue per gran parte del tempo indagandone i gesti misurati, le ritrosie, i desideri che trasformano la sua gestualità e la sua andatura. Solo il padre l’ha, se non perdonata, almeno sostenuta nel percorso di recupero che la vede dietro il bancone del bar dell’Istituto di pena. Si è trattato di un supporto al futuro reintegro nella società ma il professor Alaoui vorrebbe poterle parlare. Elisa accetta di incontrarlo secondo date fissate ma ottenendo la massima libertà nel raccontarsi. Ottimo anche il cameo di Laura, interpretata da Valeria Golino, schierata dalla parte delle vittime e rifiutandosi di accettare la posizione del professore rifiutando la minima possibilità di ricerca di motivazioni da parte di chi ha commesso il delitto. La domanda a questo punto si fa più profonda: se sia lecito superare o meno il concetto di punizione in favore di un possibile recupero che passi attraverso la presa di coscienza di quanto commesso da parte del colpevole ma anche della comprensione, da parte di chi vi è preposto, delle cause. Al pubblico, e alla sua coscienza, la sentenza.