Diocesi
Il vescovo don Pino di ritorno dal Giubileo dei giovani: “Mi gusto il fiorire di una nuova primavera”
"Il loro entusiasmo, la loro schiettezza, le loro fragilità e le loro ricchezze hanno bisogno di essere intercettati attraverso l’ascolto, lo stare accanto condividendo il tratto di strada da fare insieme", ha aggiunto monsignor Caiazzo
Anticipazioni dell’intervista con l’arcivescovo Caiazzo dopo l’intensa esperienza a Tor Vergata (Roma) con i giovani da tutto il mondo
L’arcivescovo Antonio Giuseppe si è rimesso subito al lavoro. Come è nel suo stile, non ha perso un solo momento, di ritorno dal Giubileo dei giovani cui ha preso parte da venerdì primo agosto a domenica 3 assieme ai 200 partecipanti dalla nostra Diocesi (cfr pezzo al link qui sotto). Con la mente e nel cuore i tanti momenti vissuti con emozione ed entusiasmo a Tor Vergata con oltre un milione di persone da tutto il mondo e con Leone XIV, a monsignor Caiazzo abbiamo posto diverse domande.
L’intervista all’arcivescovo
Di seguito pubblichiamo un’anticipazione dell’intervista che troverà posto nella sua versione integrale sull’edizione cartacea del giornale che tornerà in edicola e nelle case degli abbonati giovedì 21 agosto.
Eccellenza, quale impatto ha avuto appena è arrivato a Roma, davanti a tanta gente entusiasta provenienti dai diversi continenti, nonostante le fatiche di giornate anche pesanti?
Ogni incontro è speciale perché unico, capace di arricchire ognuna delle persone che s’incontra. Per me lo è in modo particolare quando incontro i giovani. Il loro entusiasmo, la loro schiettezza, le loro fragilità e le loro ricchezze hanno bisogno di essere intercettati attraverso l’ascolto, lo stare accanto condividendo il tratto di strada da fare insieme. È stato emozionante incontrare nella Basilica di San Paolo fuori le Mura tutti i giovani dell’Emilia Romagna. Noi vescovi presenti e una quarantina di sacerdoti ci siamo collocati in mezzo a loro per ascoltare le confessioni vivendo il momento giubilare della riconciliazione. Era da tempo che non confessavo tanti giovani. Leali, sinceri, con dubbi e interrogativi, spesso con dolori interiori bagnati da lacrime, desiderosi di verità e di speranza da riaccendere. Per questo motivo la sera ho deciso di scendere in auto a Ostia e raggiungerli nella parrocchia dei padri Pallottini e da lì, con i nostri ragazzi di Cesena-Sarsina, abbiamo camminato insieme per qualche chilometro fino a raggiungere il luogo del lido dove altri giovani nel frattempo stavano confluendo: un migliaio in totale. Davanti a Gesù Eucaristia esposto sull’altare posto sulla spiaggia, ho sentito un silenzio meraviglioso: tutti in ginocchio ad adorare il Santissimo Sacramento. Mi convinco sempre di più che con i giovani dobbiamo avere il coraggio di osare di più.
Lei ha vissuto anche la Gmg di Roma dell’anno 2000. La folla dei giovani entusiasti di quest’anno cosa le ha trasmesso?
Nel 2000 ero molto giovane. Con il sacco a pelo e la stuoia sulle spalle ero in cammino con i giovani della mia Diocesi di origine, Crotone-San Severina. Avevo la responsabilità di guidarli, sgridarli, incoraggiarli, giocare, cantare e pregare con loro dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina. Eravamo un fiume in piena che scorreva lentamente ed entusiasta nel letto delle strade di Roma e da Roma verso Tor Vergata. Adesso guardavo da sopra il palco quell’immensa distesa di giovani cogliendo l’opera di Dio nel tempo che attraversiamo che è sempre la stessa: riaccendere la speranza nel cuore dei giovani, capaci di riportare nel mondo la fraternità, la giustizia, la pace. Cambiano le generazioni, ma Cristo rimane sempre lo stesso: ieri, oggi e sempre. Il suo messaggio che libera dalla tante schiavitù vecchie e nuove non cambia, siamo noi che dobbiamo cambiare.
Cosa si porta a casa di quell’esperienza?
Sono rientrato da solo in auto e ho avuto modo, tra un’Ave Maria e un Padre nostro (pregando il Rosario) di ripensare ai diversi momenti che, in un crescendo di emozioni e di ricchezza di contenuti, hanno segnato queste giornate. Come vescovo mi sono sentito ancora una volta confermato nella fede da Leone XIV per quanto ci ha insegnato sia nella veglia, rispondendo alle domande dei giovani, sia nella Messa con la bella e ricca omelia che richiamava alla speranza e all’impegno che ognuno deve metterci per non rimanere spettatori di una storia che rischia di travolgerci tutti se diventiamo schiavi della mentalità suadente e ingannevole dell’avere, del possedere. Il tripudio e la gioia dei giovani d’oggi, animati dalla potenza e dalla ricchezza dello Spirito Santo, mi fa già gustare il fiorire di una nuova primavera nella Chiesa già in atto.