Cesena
La lezione di Alessandro Barbero: 1914, ieri e oggi
A Cesena il festival Agorà è cominciato con un intervento da tutto esaurito
Al Teatro “Bonci”, nel pomeriggio di venerdì 24 ottobre, è iniziato il festival “Agorà”, prima edizione di una rassegna culturale organizzata dall’editore Laterza con il Comune di Cesena.
I saluti istituzionali hanno visto la partecipazione del sindaco di Cesena, Enzo Lattuca, dell’assessore alla cultura, Camillo Acerbi, del presidente della Regione, Michele De Pascale, dell’assessora alla cultura regionale Gessica Allegni e dell’editore Giuseppe Laterza.
I partecipanti hanno sottolineato l’impegno per organizzare i tre giorni di incontri e conferenze: è dal luglio 2024 che Comune e Laterza stanno lavorando al riguardo. L’aspettativa, come ha ripetuto l’editore, è che questa sia la prima edizione di una rassegna destinata a lunga vita: il dialogo come tentativo di rimediare alla crisi, politica e sociale, del mondo che ci circonda.
Alessandro Barbero: 1914
Che uno scrittore abbia successo si vede dall’effetto della sua presenza. L’arrivo in platea di Barbero è accolto da una ovazione, con un affetto che raramente si può incontrare per uno studioso.
La riflessione dello storico riguarda il 1914, anno dello scoppio della Grande guerra. Barbero, però, spinge a guardare prima, in quella Belle Époque che anticipò l’immane carneficina.
Gli Stati europei, in realtà, fin dagli anni Settanta del XIX secolo, si preparano allo scontro: addirittura ha un grande successo editoriale una serie di volumi che descrivono l’invasione di uno Stato da parte di quelli confinanti. Per cinquant’anni le crisi politiche e militari si susseguono senza sosta. Tutti hanno paura di tutti: ognuno teme che il confinante voglia occupare e distruggere la propria nazione. Il concetto comune è che il nemico non vuole semplicemente dominare un altro Stato, ma distruggerlo definitivamente, cancellando la sua identità.
In questo contesto, la guerra di Libia del 1911 rappresenta un tassello importante della crisi mondiale: la guerra italiana contro l’Impero ottomano destabilizza l’area balcanica, fra le più complesse, e non è un caso che proprio lì, a Sarajevo, sia partita la scintilla fatale.
Le decisioni politiche eccitano l’opinione pubblica, perciò si crea una spirale perversa per cui quando le crisi politiche finiscono, si vivono come una sconfitta: i militari spingono a colpire per primi, per approfittare del momento di crisi. I politici appaiono più incerti, prigionieri dell’opinione pubblica, aizzata dalla stampa (si poteva leggere: «siamo diventati una razza di donne, comandati dagli interessi di qualche mercante ebreo», secondo il comandante germanico dopo la fine dell’ennesima crisi): si affidavano alla vecchia massima, “se vuoi la pace prepara la guerra”.
Nel 1910 Norman Angell pubblicò il volume “La grande illusione”: l’illusione che la forza possa risolvere i problemi del mondo. L’autore richiamava l’attenzione alla pericolosità della situazione: il mondo stava prendendo una china pericolosa. E infatti, appena quattro anni dopo, il mondo come si conosceva, finì. Nessuno, quindi, fu preso alla sprovvista: la guerra non arriva all’improvviso, ma viene lungamente preparata. Una riflessione valida per la Grande guerra e, temiamo, anche per noi.
Di seguito, la fotogallery a cura di Sandra e Urbano fotografi (Cesena).
