La missione nella mente e nel cuore

Nella ricorrenza dell'ordinazione sacerdotale, pubblichiamo un'intervista a don Crescenzio Moretti uscita sul Corriere Cesenate dello scorso 3 ottobre

Nella foto d’archivio: don Dante Moretti, don Crescenzio Moretti, don Derno Giorgetti e don Giorgio Bissoni

Don Crescenzio Moretti è il sacerdote più anziano della diocesi. I ricordi dei tanti anni vissuti in America Latina

La chiesa non può prescindere dalla missione

Classe 1926, don Crescenzio Moretti è il sacerdote diocesano più anziano. Da alcuni anni vive nella residenza dell’opera “Don Baronio”, a Cesena. Ama parlare e ricordare per cercare di fare capire alle nuove generazioni che la Chiesa per sua natura non può prescindere dalla missione. L’ha ricordato anche il vescovo Douglas nell’assemblea degli operatori pastorali tenutasi domenica 15 settembre. Tuttavia, fa presente il don che ha sulle spalle decenni da missionario fidei donum in America Latina, «oggi è cambiato tutto. Occorre prendere sul serio quello che suggerisce papa Francesco: bisogna condividere la vita con la gente», come compagni di viaggio, alla maniera dei discepoli di Emmaus. Non sono più i tempi che si sono vissuti 20-30 anni fa, e forse anche più lontani. Diventa indispensabile, aggiunge don Moretti, «dimenticare quello che si vive qui da noi e cercare di comprendere come si vive nel Paesi del sud del mondo, come ci fa intendere molto spesso Bergoglio», uno che viene dalle periferie geografiche ed esistenziali a lui molto care.

Il ricordo di don Giorgio Bissoni

Don Crescenzio ricorda l’amico fraterno don Giorgio Bissoni. «Non che non sappia che c’era anche don Derno, ma si fa sempre fatica a parlare dei vivi. Da prete rivoluzionario che era, don Giorgio ha compreso l’importanza della preghiera ed è sempre stato vicino ai poveri. Se riuscissi, adesso scriverei un altro libro su di lui, e anche su don Dante Moretti, un altro sacerdote che abbiamo dimenticato. Perché non si perda la loro memoria».

Nonostante l’età, a don Crescenzio arde ancora qualcosa dentro.

«Avevamo la missione nel cuore – racconta -. È incredibile pensare a quello che abbiamo realizzato, in Colombia prima e in Venezuela poi. Siamo partiti per quei Paesi e in quelle realtà ci siamo inseriti. Lo spirito che abbiamo vissuto ci ha sempre spinto ad andare avanti».

Il ricordo di un aneddoto di don Giorgio.

«Stava sempre in piedi, girato verso la porta, per essere pronto a correre dove lo chiamavano». Partire, pensare ai poveri, raccogliere medicine per chi non le aveva e salvare tante vite, nei momenti più difficili. «Don Giorgio ha dato tutta la sua vita per quella gente. Ha messo anche soldi suoi e non ha mai badato a spese, ma mai per se stesso.

Riceveva e donava. La povertà è stata una sua caratteristica». Poi ha una perla per tutti: «L’accoglienza non è dare, ma significa spogliarsi». E più che fare, più che pensare sempre a essere impegnati, chiosa don Crescenzio, «molta importanza va data al Vangelo. Ma non a un Gesù iconografico, quello che magari immaginiamo. Ma il Gesù del Vangelo che si vive adesso, tradotto in due parole che sono un programma di vita: accoglienza e misericordia».

Poveri in mezzo ai poveri

Da poveri in mezzo ai poveri, agli ultimi del mondo. Con centinaia di bambini alla Prima Comunione e i giovani da portare al fiume o al lago.

«Mangiavamo una sola volta al giorno – ricorda don Moretti -. Don Giorgio era esperto nel fare la pasta in casa, con la macchinetta, e anche la piadina. I soldi non sono mai mancati, ma servivano anche per gli altri. Si viveva in cordialità e semplicità», in un rapporto di fraterna amicizia che non faceva sconti, capace di generare germogli di vita nuova e di speranza.