Negli incantamenti di Ilario Fioravanti

Una mostra dell'artista e architetto cesenate resterà aperta ad Asiago fino al febbraio prossimo

Famiglia dei clown. Foto Augusto Pompili
Famiglia dei clown. Foto Augusto Pompili

Diceva Tonino Guerra: “L’artista è qualcuno che consegna a suo modo di vedere una cosa, la sua verità: è un modo di scoprire le cose. L’artista è uno che guarda”

La fede ha mosso l’uomo

È la grande fede nell’uomo che ha mosso tutto il fare dell’architetto-artista Ilario Fioravanti (Cesena 1922-Sogliano al Rubicone 2012) nel corso della sua lunga vita. Attualmente è aperta al pubblico una grande rassegna che lo celebra, congiuntamente a Giovanni Paganin, nel Museo delle Carceri di Asiago. Una mostra già ospitata al Mart di Rovereto – grazie a Vittorio Sgarbi che da sempre ha amato le sue sculture – che resterà aperta al pubblico fino al febbraio del prossimo anno. Un evento da non perdere perché nei corridoi e nelle piccole celle del Museo – allestite dall’architetto Augusto Pompili – possiamo ritrovare l’incantamento e lo stupore di alcune fra le sue più belle opere in terracotta policroma, specchio fertile del suo immaginario, a partire dai nostri progenitori Adamo ed Eva (1989). Voglio sottolineare che in lui tutto aveva urgenza di venire alla luce, per questo «tutto “rampolla” in una incessante gemmazione. All’arte si è votati senza meriti e senza ragioni», come scrive Marisa Zattini curatrice dell’evento.

«La terra è Dio che l’ha creata, è il soffio divino che permette quella rapidità di esecuzione e quella vitalità del risultato che nessun’altra materia consente […]», puntualizzava Ilario Fioravanti.

Davanti a tanta letizia

Allora, come non commuoversi davanti a tanta letiziaRitratti singolari, figure composte e assorte, donne dagli occhi stupiti e dilatati, terrecotte dai colori incipriati, quasi riemergessero dal passato. Cappelli e collane poste a decorare i colli e i volti arrotondati delle figure femminili ritratte. La raffinatezza degli ingobbi incisi a fresco. Le maschere giocose e i personaggi circensi di rara bellezza, come la Contorsionista cinese (1990), il Clown a testa all’ingiù (1990-91), La Bigliettaia di felliniana memoria e ancora la Coppia di saltimbanchi innamorati (1989) e la Famiglia dei clown con cappelli bianchi a punta (1989). Incomparabile anche la sua inventiva nell’esecuzione di queste grandi opere fatte “con la tecnica dei vasi”. Sculture progettate “per pezzi” fatti al tornio dall’artigiano, in laboratorio (dunque vuoti al loro interno) e poi rifiniti e completati dall’artista.

Il circo ti mette una grande malinconia

«I pagliacci non sono altro che clown, sono sempre i clown, c’è sempre nel pagliaccio questa ambiguità tra l’essere e il sembrare. E sono diversi e ultimamente faccio le coppie dei pagliacci poiché la loro tristezza se la risolvono appoggiandosi l’uno all’altro. Il circo ti mette una grande malinconia, ma la gente vede queste figure che sembrano allegre e le apprezza. Inseguo il circo perché è una fonte di tantissime idee e insegna proprio la fatica di vivere… la fatica di vivere […]» Ilario Fioravanti).

Una visita al museo di Asiago

Oltre a suggerire una visita al Museo dell’altopiano di Asiago, ricordiamoci che Ilario Fioravanti è artista cesenate apprezzato a livello nazionale ed europeo del quale abbiamo l’opportunità di ammirare tante opere in permanenza nel nostro territorio e visitare (su prenotazione) sia la sua casa-studio dell’Upupa, a Sorrivoli, che lo Studio d’Architettura (Via Uberti 71, a Cesena). Va ricordato che tutti i disegni architettonici, schizzi, fotografie d’epoca, copie eliografiche sono qui conservati e sottoposti a vincolo dal 2001.

Partiamo da piazza Almerici

Cominciamo la passeggiata emotiva partendo dalla gioiosa scultura collocata in piazza Almerici, di fronte a quello che può essere definito il “palazzo-emblema” (1960) di Fioravanti progettista-architetto. Un’opera, questa, che rientra nel progetto di riqualificazione urbana delle tre piazze. Siamo nel cuore del centro storico, a poche decine di metri dalla biblioteca Malatestiana – unico monumento Unesco – e, questa gioiosa opera in bronzo, I musicanti di Brema (1996), ci riporta al gioco e all’infanzia. Un’opera che, nell’indugiare contemplativo dello sguardo, trasmette stupore e bellezza nella sua perfetta semplicità. L’artista, prendendo spunto dalla celebre fiaba dei Fratelli Grimm, rende omaggio ai quattro animali: l’asino, il cane, il gatto e il gallo. Una dinamica composizione dove i quattro protagonisti si ergono fieri l’uno sull’altro.

La mostra “Umanamente”

Vorrei ricordare che, attualmente, in via Zefferino Re, al n.33, a Cesena è in corso la mostra “Umanamente”, nell’ambito del progetto “Fuochi d’amore 2025” ideato da Andrea Pompili per l’Associazione Euritmie, mostra che resterà allestita fino all’ottobre prossimo. Si tratta di un’esposizione un po’speciale, visitabile di sera, dalle 19 in poi, in occasione degli incontri “A viva Voce”, previsti per il 12, 18, 19 e 20 settembre prossimi. Si tratta di tre grandi sculture protagoniste dello spazio espositivo progettato per il negozio Candoli nel lontano 1957, e perfettamente conservato nei suoi arredi grazie all’amore e alla passione del suo proprietario. Qui possiamo ammirare La Zuaria – Ragazza Rom (2005), L’uomo con la perla (2004), La Laguna (1999).

Il principio di invenzione

«Sappiamo che il ‘principio di invenzione’ che è proprio dell’immaginazione ci aiuta a interpretare il mondo e ci rende “più umani”. Esso si coniuga al desiderio di conoscenza e si apre al sentire ancor prima che al capire. Le terrecotte di Ilario Fioravanti sono piene di umanità e di stupore. Sono piene di innesti e di suggestioni: sono opere tutte dense di sogno e di visionarietà», scrive la curatrice Andrea Pompili. Ceramiche, disegni a sanguigna, acquerelli e altre piccole sculture completano la proposta espositiva.

Le parole dell’amico Tonino Guerra

Mi piace chiudere con le parole di Tonino Guerra, poeta e sceneggiatore, amico di Ilario Fioravanti, per sottolineare che “l’arte è dono”.

«L’artista è qualcuno che consegna a suo modo di vedere una cosa, la sua verità: è un modo di scoprire le cose. L’artista è uno che guarda, che ha un suo modo di cambiare la realtà e di regalare un mistero tutto suo, di regalare una sua sofferenza, di regalare un suo credo, di regalare e regalare […]» (dalla conversazione di Tonino Guerra e Ilario Fioravanti, a cura di Marisa Zattini).