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Cesena città per la pace premia "Forgotten child of war"

Domani, mercoledì 31 gennaio, la cerimonia nell'aula magna della Biblioteca Malatestiana 

Cesena città per la pace premia "Forgotten child of war"

Il premio Cesena città per la pace 2023 sarà conferito all’associazione “Forgotten children of war”, la prima – e attualmente unica – realtà al mondo i cui fondatori e membri sono bambini nati dalla guerra. L’associazione opera per restituire dignità alle madri di questi bambini, perché la guerra è stata combattuta anche e direttamente sui loro corpi. Il corpo delle donne è diventato un terreno di guerra e loro hanno vissuto un dolore impressionante ma sono state anche capaci, poi, di interrompere la catena di odio.

Pertanto, con l’obiettivo di sostenere l’impegno di questi figli, e di queste donne, che ogni giorno si battono in difesa dei diritti umani e per la promozione della pace, l’Amministrazione comunale di Cesena e il Centro pace domani, mercoledì 31 gennaio, consegneranno il riconoscimento cittadino ai rappresentanti dell’associazione bosniaca. La cerimonia, a ingresso libero, si terrà alle 17 nell’aula magna della Biblioteca Malatestiana alla presenza dell’Amministrazione comunale, dei referenti del Centro pace Cesena, di Senedin Hrnjica di “Forgotten children of war”.  

La guerra in Bosnia-Erzegovina (1991-1995) ha provocato circa 100 mila morti, un genocidio, e prodotto nuove categorie di crimini contro l’umanità, come la pulizia etnica e lo stupro etnico. Si parla spesso delle conseguenze della guerra, ma molto raramente di una delle categorie più vulnerabili: i cosiddetti Zaboravljena Djeca Rata, i figli dimenticati della guerra. Con questa espressione ci si riferisce a bambini i cui padri erano: soldati-membri dell’esercito avversario, ovvero membri di altri gruppi etnici rispetto al gruppo a cui apparteneva la madre (genitori appartenenti a partiti precedentemente in guerra, cosiddetti nemici); membri delle forze stazionarie/di mantenimento della pace (Unprofor, Ifor, Sfor); dipendenti di missioni umanitarie straniere, mentre le madri erano donne locali. Ricerche sul fenomeno, rapporti di agenzie internazionali e reportage giornalistici evidenziano come i “bambini nati dalla guerra” vengano spesso non riconosciuti e rifiutati dai padri, e lasciati alle cure delle madri e/o della comunità in cui sono nati, crescano privati di molti diritti dell’infanzia e con potenziali problematiche di identità, stigma, discriminazione, emarginazione e/o isolamento. 

Nel 2019 queste ragazze e questi ragazzi hanno deciso di uscire dall’invisibilità e affrontare a viso scoperto le proprie comunità con un progetto fotografico che ha cristallizzato le loro storie e i loro volti. Per raccontarsi in pubblico, senza vergogna, come figli e come madri. Gli scatti, raccolti nel percorso espositivo “Breaking free” e realizzati insieme al fotografo franco-siriano Sakher Almonem, sono stati esposti a Serajevo, a Tuzla, Srebrenica e Vienna, fino ad approdare in Italia e a Cesena. “Raccontiamo di battaglie combattute in silenzio in una società intrisa di stigma e discriminazione per andare al di là dell’invisibilità legale e sociale. Perché i nostri diritti sono rimasti ignorati e negati”, spiegano.

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