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Il vescovo Douglas ospite del Rotary club: "È sempre più il momento dei laici. La pandemia ci ha fatto interrogare su Dio e sull'uomo"

Interclub online ieri sera con Cesena, Cesena-Valle del Savio e il Rotaract cittadino. "In questi miei dieci anni in Diocesi - ha detto monsignor Regattieri - ho sepolto 58 preti e ne ho ordinati 10. Con questi numeri verranno sempre di più convolti i laici"

Il vescovo Douglas ospite del Rotary club: "È sempre più il momento dei laici. La pandemia ci ha fatto interrogare su Dio e sull'uomo"

“La pandemia va presa sul serio. Credo che questo sia il primo punto”. Lo ha detto ieri sera il vescovo Douglas Regattieri, durante la conviviale del Rotary club svoltasi ancora una volta in modalità online. Assieme al sodalizio cesenate hanno sostenuto l’incontro anche quello Cesena-Valle del Savio (recentissimo il cambio del nome) e il Rotaract cittadino. “Comunità cristiana e pandemia” l’argomento messo a fuoco dal presule che poi ha dialogato a lungo con i soci presenti.

“Ci si è chiesti, durante questa grave crisi – ha aggiunto monsignor Regattieri – chi è Dio? E chi è questo nostro Dio? Ci si è anche interrogati sull’esistenza del male e soprattutto perché viene permesso tutto questo, se esiste Dio?”. Nonostante tutto, “c’è sempre un male buono”, come si legge nella Bibbia. Nel vecchio testamento è emblematica la storia di Giuseppe, nella Genesi. Nel nuovo testamento, nella lettera ai Romani san Paolo dice che “tutto concorre al bene per coloro che amano Dio”. Il vescovo ha poi citato anche il libro di Giobbe e l’episodio del cieco nato. “Siamo chiamati a resistere al male, ma anche ad affidarci a Dio, nella fede”, ha aggiunto il presule che ha precisato: “Cristo è morto in croce e il suo sacrificio è la nostra salvezza” e poi in argomento ha invitato a leggere il discorso di papa Benedetto XVI ad Auschwitz.

Anche i credenti si sono posti tante domande, durante questo lungo anno e mezzo di chiusure. Ed è lecito che si così, ha precisato il vescovo. “Ancora ci si è domandati chi è l’uomo? Chi siamo noi? Certamente la pandemia ha mostrato tutta la nostra fragilità. È bastato un niente per distruggere le nostre certezze. Pensavamo di poter possedere tutto, invece… Si è anche innescata una crisi antropologica. Questa pandemia, come ricorda spesso papa Francesco, ci deve cambiare. Guai se ci lascia come eravamo prima”.

Anche la comunità cristiana in quanto tale ha subito dei contraccolpi da questa crisi sanitaria. “Abbiamo subito le chiusure e le limitazioni alle libertà individuali – ha detto ancora il vescovo -. Molti non sono stati d’accordo e hanno provato sconcerto per certe misure prese, per la sospensione delle Messe. Alcuni si sono anche ribellati. Le gerarchie hanno condiviso queste scelte per il bene di tutti, un bene superiore. Abbiamo vissuto disagi, ma la Chiesa ha avuto rispetto delle norme dello Stato”.

Infine quello che ha unito. “La crisi dovuta alla pandemia ha fatto scoprire il lato buono dei mezzi della comunicazione sociale, anche di quelli online. Questi mezzi hanno permesso di rimanere uniti e collegati, sia per le Messe che per la catechesi, e anche per tanti incontri. Si è capito davvero l’importanza della tecnologia, anche se non ci nascondiamo i rischi di pervasività di questi strumenti, in particolare nei confronti dei giovani”.

Anche la visita pastorale è stata interrotta a motivo del lockdown. “Incontro una comunità cristiana in sofferenza – ha ammesso il presule -. Abbiamo assistito a un calo pauroso della frequenza alla Messa domenicale. Molti hanno avuto paura per il possibile contagio. In particolare gli anziani o i figli degli anziani. Anche l’attività di catechesi con i bambini ha subito uno stop. Tante celebrazioni sono saltate. Ho proseguito la visita pastorale, anche se limitata alla sola Messa e sempre entro i limiti posti dalle norme in vigore. Ho mantenuto fede alla visita agli anziani nelle case, previo accordo con il parroco che si informava presso le diverse famiglie. Adesso noto un grande desiderio di riprendere le diverse attività”.

I preti come hanno vissuto questo anno lontani dalle loro comunità? “Si sono attivati con tutti i mezzi a disposizione, come dicevo prima. La Chiesa è presente, è stato il messaggio che si è voluto far giungere a tutti i fedeli. Molti sono andati lungo le strade, anche portando in processione statue della Madonna. Altri sono andati lungo le vie per le benedizioni alle famiglie. Abbiamo avuto dei sacerdoti molto creativi”.

Il Papa pochi giorni fa ha istituito il ministero del catechista. “Ci aspettavamo questa decisione – ha detto monsignor Regattieri -. Si tratta di un servizio sempre più cruciale, nell’ottica della valorizzazione dei laici e delle donne. Era già un ministero di fatto, adesso anche di diritto, assieme al lettorato e all’accolitato. Prima era evidente che c’era una contraddizione: molte donne leggevano e non potevano accedere al ministero istituito. Ora è stato aperto anche alle donne. Personalmente sono molto contento. Ora si deve pensare anche al percorso di formazione”.

Sulla carenza di sacerdoti e sulle nuove vocazioni, il vescovo Douglas ha detto che “su questi temi ci interroghiamo da sempre. Ci sono diversi tentativi di pastorale vocazionale, con proposte diverse, ma oggi è molto difficile intercettare i giovani. Durante tutto questo periodo i preti sono stati costretti, loro malgrado, a molte limitazioni, cappellani degli ospedali compresi. Ho sentito molti di loro rammaricarsi per non poter stare accanto agli ammalati nei momenti di maggiore sofferenza”.

E poi c’è il tema dei preti stranieri. “Nella Diocesi – ha proseguito monsignor Regattieri – abbiamo una novantina di preti incardinati. Di questi, sette sono nati in Paesi stranieri. Ad alcuni vengono affidate parrocchie, ma anche ad altri che sono qui temporaneamente, magari per studiare a Roma o perché inviati dai loro vescovi. Sono i preti fidei donum. Don Jude ora entrerà a San Mauro in Valle, mentre a Macerone c’è un sacerdote originario del Cameroun che ancora sta studiando Ecumenismo a Roma. Per noi sono un aiuto e una ricchezza. Non tutto è sempre semplice. Questi preti vengono da Paesi con culture e tradizioni diverse dalle nostre. Ci vogliono accoglienza e integrazione”.

Per le vocazioni si svolge una volta al mese un pellegrinaggio a piedi, dalla Cattedrale al Monte. “La preghiera è la prima attività vocazionale – ha detto ancora il vescovo – ma non è l’unica. In questi miei dieci anni qui in diocesi (il vescovo fece il suo ingresso a Cesena il 12 dicembre 2010, ndr) ho sepolto 58 preti e ne ho ordinati dieci. Con questi dati alla mano, occorre rivedere tutta la pastorale. Verranno coinvolti sempre meno preti e sempre più laici”.

Il linguaggio usato con i giovani spesso appare inadeguato… “Su questo tema lavoriamo sodo. Non è una questione di facile soluzione – ha proseguito monsignor Regattieri -. Abbiamo tanti sacerdoti anziani che faticano non poco con le nuove generazioni. Lo dico anche per me. Se avessimo tanti sacerdoti giovani, potremmo avere anche un linguaggio nuovo, più fresco. Abbiamo anche perso la presenza dei preti nelle scuole, un altro punto importante di contatto con i giovani. Con la ristrutturazione delle parrocchie che abbiamo in animo di realizzare si lavorerà più insieme, tra vicini, in un arricchimento vicendevole. Oggi è necessario lavorare assieme”.

Infine il significato di essere comunità cristiana oggi, il tema dei prossimi due anni di cammino pastorale in Diocesi. “Dopo un anno di sosta dedicato a come discernere il tempo che stiamo vivendo, riprenderemo sul significato di essere comunità cristiana oggi. Di fatto molti vivono l’atteggiamento del Cristo sì, Chiesa no. Invece la Chiesa è formata dal popolo di Dio. Torna così di nuovo emergente il tema dei laici che si devono porre in ascolto e in dialogo con il mondo”.

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