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A due anni dall’inizio dell’invasione russa dell'Ucraina il rischio e l'assuefazione

Intervista a monsignor Mariano Crociata, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea

Monsignor Crociata - foto Comece

L’insidia più grave in questa fase, e sempre più pericolosa con il passare del tempo, è l’assuefazione, la stanchezza, l’abitudine a una guerra che molti sperano rimanga circoscritta alle regioni in cui si sta svolgendo nell’illusione di poter continuare a stare tranquillo. Questo è il pericolo più immediato, perché quando la sensazione di pericolo si dissolve e finisce l’allarme, allora diventa reale il rischio di non accorgersi di ciò che può capitare”. È quanto mette in guardia monsignor Mariano Crociata, presidente della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (Comece), in un’intervista al Sir, a due anni dall’inizio dell’invasione russa di vasta scala in Ucraina.

“L’Unione europea – osserva Crociata – fin dall’inizio si è mossa compatta, anche se strada facendo, la compattezza ha mostrato delle crepe. Dobbiamo auspicare che l’iniziativa diplomatica si dispieghi in tutte le direzioni e con tutta l’ampiezza di cui può disporre. Fare la pace, quando non è l’immota pace di morti, richiede una forza maggiore di quella che ci vuole per fare la guerra. Ci vuole una grande determinazione nel perseguire una iniziativa diplomatica per la pace. E la determinazione è proporzionata alla compattezza e all’unità del soggetto che la esprime. Questa guerra è una prova per l’Unione europea almeno per due ragioni: per la prova di unità che le chiede e per la minaccia che non molto oscuramente lascia balenare all’orizzonte”.

Il presidente dei vescovi Ue sottolinea come la guerra “pur nell’intreccio di molteplici cause”, “è il risultato della decisione di qualcuno, è una scelta”. Da qui una speranza: “Dobbiamo confidare che tutti gli attori sulla scena, sia quelli che appaiono alla ribalta sia quelli che stanno dietro le quinte o anche sono distanti da essa, siano raggiunti e toccati da argomenti, ragioni, esigenze, inviti che inducano a porre fine alla guerra. Quale volto debba avere una pace giusta lo abbiamo già detto in tanti, perché non può esserci pace giusta senza rispetto dell’integrità di un Paese sovrano e del diritto internazionale. Come essa si debba costruire è questione di tutt’altra portata e difficoltà, che va lasciata ai molti che hanno potere e influenza nei rapporti nazionali e internazionali”. 

Fonte: Sir
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