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Ultimatum di Israele. Capi delle Chiese di Gerusalemme: “Civili innocenti ricevano cure e aiuti. C’è ancora tempo per fermare l’odio”

Sono proseguiti nella notte a Gaza raid aerei e incursioni via terra delle Forze armate israeliane mentre continuano gli appelli delle organizzazioni umanitarie ad Israele perché revochi l'ordine di evacuazione dei palestinesi che abitano nel nord della Striscia

Foto Afp/SIR

Sono proseguiti nella notte a Gaza raid aerei e incursioni via terra delle Forze armate israeliane mentre continuano gli appelli delle organizzazioni umanitarie ad Israele perché revochi l’ordine di evacuazione dei palestinesi che abitano nel nord della Striscia.

Una richiesta in tal senso è stata inoltrata ad Israele da 12 ong internazionali, tra cui Oxfam, attive nella Striscia: “il trasferimento della popolazione, in tempi così brevi, mette a rischio la vita di coloro che sono costretti a fuggire. Al sud non ci sono strutture adeguate ad ospitare in sicurezza i residenti del nord di Gaza e la loro incolumità rimane a rischio, dato che gli attacchi aerei israeliani continuano a colpire il centro e il sud di Gaza”. L’ultimo appello in ordine di tempo è quello di stamattina dell’Unicef: il direttore generale Catherine Russell chiede “una pausa umanitaria” e parla di “situazione catastrofica, con bombardamenti incessanti e un aumento massiccio degli sfollati, bambini e famiglie. Non ci sono luoghi sicuri. Un cessate il fuoco immediato e l’accesso umanitario sono le priorità assolute per consentire ai bambini e alle famiglie di Gaza di ricevere gli aiuti tanto necessari”. Per Martin Griffiths, responsabile dell’Onu per il coordinamento degli aiuti umanitari “costringere civili spaventati e traumatizzati, tra loro donne e bambini, a spostarsi da un’area densamente popolata ad un’altra, senza nemmeno una pausa nei combattimenti e senza sostegno umanitario, è pericoloso e oltraggioso”.

La risposta di Israele. Le Forze di difesa israeliane hanno risposto informando la popolazione palestinese residente nel nord di Gaza, con un post su X del suo portavoce, Avichay Adraee, che ci saranno due corridoi umanitari, due direzioni lungo cui muoversi “senza alcun danno”, verso sud tra le 10 e le 16 di oggi ora locale. “I civili palestinesi a Gaza non sono nostri nemici e non li prendiamo di mira come tali” ha ribadito poi un portavoce dell’esercito israeliano. “Stiamo cercando di fare la cosa giusta, stiamo cercando di evacuare i civili per ridurre al minimo il rischio per loro”. Secondo fonti Onu 423.000 persone sono già state sfollate a causa della distruzione delle loro le case. Dall’inizio delle ostilità, sono dati del ministero della Sanità di Hamas, i morti a Gaza per gli attacchi israeliani sono stati 1.900. Solo ieri sono stati 256 i morti (compresi 20 minori) e 1.788 i feriti.

La voce delle Chiese. A far sentire la propria voce anche i Patriarchi e i Capi delle Chiese di Gerusalemme. In un comunicato diffuso nella serata di ieri si legge: “Chiedere a 1,1 milioni di persone, compresi tutti i membri delle nostre comunità cristiane locali di trasferirsi nel sud entro 24 ore non farà altro che aggravare una catastrofe umanitaria già disastrosa. L’intera popolazione di Gaza è priva di elettricità, acqua, carburante, cibo e medicine”. “Molti civili a Gaza – affermano i leader religiosi – ci hanno detto che non esistono modi realistici per farlo.

Chiediamo allo Stato di Israele, con il sostegno della comunità internazionale, di consentire forniture umanitarie di entrare a Gaza in modo che migliaia di civili innocenti possano ricevere cure mediche e beni di prima necessità.

Invitiamo tutte le parti a ridurre l’escalation di questa guerra per salvare vite innocenti continuando a servire la causa della giustizia”. “Stiamo testimoniando – rimarcano i capi religiosi – un nuovo ciclo di violenza con un attacco ingiustificabile contro tutti i civili. Le tensioni continuano a crescere e sempre più persone innocenti e vulnerabili stanno pagando il prezzo più alto. Il livello drammatico di morte e distruzione a Gaza lo dimostra chiaramente”. Tuttavia, concludono,

“c’è ancora tempo per fermare l’odio”.

“Per questo invitiamo le persone delle nostre congregazioni e tutti quelli di buona volontà nel mondo a osservare una Giornata di preghiera e digiuno martedì 17 ottobre”.

Fonte: Sir
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