Dalla Chiesa

Papa Francesco ha aperto il Sinodo con un'omelia incentrata su due verbi - sognare e sperare - per "guardare direttamente il volto dei giovani", senza lasciarsi condizionare da "profeti di sventura" o da "errori e peccati" anche di figli della Chiesa. No ad "autopreservazione e autoreferenzialità", sì allo sguardo profetico di Paolo VI e alla sua fiducia nei giovani, che la Chiesa non può lasciare nelle mani dei "tanti mercanti di morte". Nell'ampio discorso di apertura, durato più di mezz'ora e lungamente applaudito, un "grazie" ai giovani e l'invito a dialogare tra le generazioni uscendo da pregiudizi e stereotipi. Perché il risultato del Sinodo non è "solo un documento".

Tanti i volti che, tra pellegrini, soci e volontari, animano il pellegrinaggio nazionale promosso da Unitalsi in occasione del 115° anniversario associativo. Dalle espressioni commosse di chi si immerge nelle piscine ai barellieri che, nonostante il caldo di questo settembre insolitamente estivo tra i Pirenei, non cessano un istante di svolgere la propria attività di volontariato, alla dolcezza delle sorelle che con la loro inconfondibile divisa bianca hanno una parola per tutti.

Al termine dell'udienza di oggi, il Papa ha annunciato un Messaggio indirizzato ai cattolici cinesi e alla Chiesa universale, pubblicato quasi in contemporanea con le sue parole. L'obiettivo: fugare ogni dubbio dopo la pubblicazione dell'Accordo Provvisorio firmato a Pechino.

“Il Papa, sentito il Consiglio di Cardinali, ha convocato una riunione con i presidenti delle Conferenze episcopali di tutto il mondo per parlare della prevenzione di abusi su minori e adulti vulnerabili”. A renderlo noto, leggendo un comunicato del C9, è stata la vicedirettrice della Sala Stampa della Santa Sede, Paloma Garcia Ovejero, nel briefing a conclusione del Consiglio di cardinali, che si è aperto lunedì ed è terminato ieri mattina alla presenza di papa Francesco

Un incendio devastante ha distrutto sabato scorso il palazzo dell’episcopio della Chiesa greco-cattolica nella città di Oradea, in Romania. Si tratta di un edificio-simbolo ricco di storia e di significato, restituito alla Chiesa nel 2005, dopo gli anni di regime e persecuzione. Immediata la solidarietà del sindaco, della Chiesa ortodossa e protestante, degli ebrei. “Tutta la città è provata ma unita nel dolore. Sono state le lacrime a spegnere le fiamme”, racconta il vescovo Bercea