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Dieci anni dopo, il ricordo di Maria Nanni

A Meldola l'incontro interdiocesano del Centro volontari della sofferenza

Dieci anni dopo, il ricordo di Maria Nanni

Sabato 22 luglio, a Meldola, nella casa intitolata a Maria Nanni, si è tenuto il consueto incontro interdiocesano del Centro volontari della sofferenza, in ricordo, appunto di Maria Nanni, che per prima diffuse in Romagna la spiritualità del Cvs e anche nel decennale di beatificazione di monsignor Luigi Novarese, avvenuta a Roma l’11 maggio 2013. 

Dopo il Rosario, sorella Eleonora Cocca, consacrata nei Silenziosi operai della croce, che visse con Maria nel periodo della sua formazione, ha reso una toccante testimonianza. 

Maria Nanni (1920-1997), nata a Voltre, tra Meldola e Santa Sofia, colpita a tre anni dalla poliomielite con conseguente perdita dell’uso delle gambe, visse fino a 18 anni in una condizione di angoscia e di buio spirituale. Invitata ad andare in pellegrinaggio a Lourdes, manifestò l’intenzione di suicidarsi se non fosse guarita. Poi, quando il babbo andò a prenderla a Bologna, se la vide davanti tutta sorridente, benchè le sue condizioni non fossero cambiate. Come lei stessa raccontò “La bianca Signora dei Pirenei mi ha fatto capire che la mia vita non è inutile”. 

Più avanti, l’incontro con monsignor Novarese le diede la conferma di quanto aveva scoperto e la rafforzò nella vocazione apostolica, anche come catechista ai bambini della parrocchia. 

Maria (fedele discepola del beato Luigi Novarese) non amava la sofferenza, cosa che sarebbe stato segno di squilibrio mentale e tanto meno la cercava. La valorizzava, offrendola al Signore come sostegno all’azione dei sacerdoti e del papa, per la conversione di quanti rifiutano Dio e per la riparazione del male presente nel mondo. Amava non il dolore in sé, ma la possibilità di dargli un significato. 

Anche il gesto di baciare il busto che indossava al mattino è da leggere come atto di amore al Signore, perché voleva appartenere interamente a Lui, vedendolo anche nei minimi dettagli. Non era un’eroina impassibile: con profonda umiltà, riconosceva di essere fragile, parlava della sua paura della morte e, nello stesso tempo, ammirava le bellezze della natura ed amava il canto degli uccelli, che, a loro modo, lodavano Dio anche loro. La sua, dunque, è stata una vita piena e ricca. 

Terminata la testimonianza di sorella Eleonora, il vescovo di Forlì, monsignor Livio Corazza, ha presieduto la concelebrazione eucaristica. Ricordando il decennale di beatificazione di Luigi Novarese, il vescovo ha sottolineato il suo carisma di apostolo dei malati (come lo chiamò san Giovanni Paolo II), di prete esemplare (papa Francesco), che ha aperto una nuova via pastorale (i malati soggetti di azione e non più solo oggetti di carità), che, però, ha avuto un forte influsso anche sulla società civile, non stancandosi di mettere in risalto la dignità del malato, cardine della riforma sanitaria promossa dalla legge 833. 

In questo spirito, è risultata opportuna e significativa la presenza del vicesindaco di Meldola. un seme di cooperazione tra Chiesa e società civile, in modo che tutti - come diceva il beato - possano dare il loro contributo, divenendo instancabili, anche nell’invincibile forza della debolezza.

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