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Papa da Alessano

Papa ad Alessano: “capire i poveri” era per don Tonino Bello “una vera ricchezza”. “Non accodarci dietro ai potenti di turno”

Il primo discorso della visita di papa Francesco nei luoghi di don Tonino Bello ad Alessano in provincia di Lecce e a Molfetta in provincia di Bari, in occasione dei 25 anni dalla morte del sacerdote pugliese avvenuta il 20 aprile del 1993

Papa in preghiera sulla tomba di don Tonino Bello

“Sono giunto pellegrino in questa terra che ha dato i natali al Servo di Dio Tonino Bello. Ho appena pregato sulla sua tomba, che non si innalza monumentale verso l’alto, ma è tutta piantata nella terra: Don Tonino, seminato nella sua terra, sembra volerci dire quanto ha amato questo territorio”. Ha cominciato così il suo primo discorso in Salento papa Francesco. Poco dopo aver pregato dieci minuti in silenzio, da solo, accanto al vescovo Angiuli, sulla sua tomba, sulla quale ha deposto un mazzo di fiori, e aver goduto del primo bagno di folla durante il giro sulla jeep bianca scoperta nel piazzale antistante il cimitero, salutato da una folla di 20mila persone, Francesco ha citato alcune parole di “gratitudine” di don Tonino Bello verso la sua terra natale: “Grazie, terra mia, piccola e povera, che mi hai fatto nascere povero come te ma che, proprio per questo, mi hai dato la ricchezza incomparabile di capire i poveri e di potermi oggi disporre a servirli”. “Capire i poveri era per lui vera ricchezza”, ha commentato il Papa: “Aveva ragione, perché i poveri sono realmente ricchezza della Chiesa”. “Ricordacelo ancora, don Tonino, di fronte alla tentazione ricorrente di accodarci dietro ai potenti di turno, di ricercare privilegi, di adagiarci in una vita comoda”, la speciale supplica di Francesco: “Il Vangelo – eri solito ricordarlo a Natale e a Pasqua – chiama a una vita spesso scomoda, perché chi segue Gesù ama i poveri e gli umili. Così ha fatto il Maestro, così ha proclamato sua Madre, lodando Dio perché ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili”. “Una Chiesa che ha a cuore i poveri – ha ammonito il Papa – rimane sempre sintonizzata sul canale di Dio, non perde mai la frequenza del Vangelo e sente di dover tornare all’essenziale per professare con coerenza che il Signore è l’unico vero bene”.

Don Tonino ci richiama a non teorizzare la vicinanza ai poveri, ma a stare loro vicino, come ha fatto Gesù, che per noi, da ricco che era, si è fatto povero”. È il ritratto di don Tonino bello, tracciato dal Papa nel suo paese natale, Alessano, prima tappa del suo viaggio in Salento. “Don Tonino sentiva il bisogno di imitarlo, coinvolgendosi in prima persona, fino a spossessarsi di sé”, ha proseguito Francesco: “Non lo disturbavano le richieste, lo feriva l’indifferenza. Non temeva la mancanza di denaro, ma si preoccupava per l’incertezza del lavoro, problema oggi ancora tanto attuale. Non perdeva occasione per affermare che al primo posto sta il lavoratore con la sua dignità, non il profitto con la sua avidità”. “Non stava con le mani in mano”, ha fatto notare il Papa: “Agiva localmente per seminare pace globalmente, nella convinzione che il miglior modo per prevenire la violenza e ogni genere di guerre è prendersi cura dei bisognosi e promuovere la giustizia”. “Se la guerra genera povertà, anche la povertà genera guerra”, il monito di Francesco, secondo il quale “la pace si costruisce a cominciare dalle case, dalle strade, dalle botteghe, là dove artigianalmente si plasma la comunione”. È quello che diceva, “speranzoso”, don Tonino: “Dall’officina, come un giorno dalla bottega di Nazareth, uscirà il verbo di pace che instraderà l’umanità, assetata di giustizia, per nuovi destini”.

Da questa sua amata terra che cosa don Tonino ci potrebbe ancora dire?”. A chiederselo è stato il Papa, nella parte finale del suo primo discorso nel Salento. “Questo credente con i piedi per terra e gli occhi al Cielo, e soprattutto con un cuore che collegava Cielo e terra, ha coniato, tra le tante, una parola originale, che tramanda a ciascuno di noi una grande missione”, ha ricordato Francesco ad Alessano: “Gli piaceva dire che noi cristiani ‘dobbiamo essere dei contempl-attivi, con due t, cioè della gente che parte dalla contemplazione e poi lascia sfociare il suo dinamismo, il suo impegno nell’azione’, della gente che non separa mai preghiera e azione”. “Caro don Tonino – ha poi proseguito il Papa dando del “tu” al vescovo di Molfetta, come ha fatto a più riprese nel suo discorso – ci hai messo in guardia dall’immergerci nel vortice delle faccende senza piantarci davanti al tabernacolo, per non illuderci di lavorare invano per il Regno. E noi ci potremmo chiedere se partiamo dal tabernacolo o da noi stessi. Potresti domandarci anche se, una volta partiti, camminiamo; se, come Maria, Donna del cammino, ci alziamo per raggiungere e servire l’uomo, ogni uomo”. “Se ce lo chiedessi, dovremmo provare vergogna per i nostri immobilismi e per le nostre continue giustificazioni”, il mea culpa di Francesco: “Ridestaci allora alla nostra alta vocazione; aiutaci ad essere sempre più una Chiesa contempl-attiva, innamorata di Dio e appassionata dell’uomo!”.

Fonte: Sir
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