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Dieci anni con papa Francesco. I cambiamenti

Gli interventi di diversi esponenti del territorio

Papa Francesco nel giorno dell'elezione, il 13 marzo 2013. Foto Siciliani-Gennari/SIR

A dieci anni dall'elezione di papa Francesco sul soglio di Pietro, abbiamo raccolto diverse opinioni su quanto è cambiata la Chiesa in questo periodo e quanto la società.

Al tema abbiamo dedicato il Primo piano sull'edizione cartacea in edicola da domani, giovedì 9 marzo.

Di seguito pubblichiamo gli interventi nella loro versione integrale.

Marcello Borghetti, Uil Cesena

A mio giudizio si tratta di un pontificato che ha tentato di inserirsi nei grandi cambiamenti della società sia dentro i paesi più evoluti, sia ovviamente nei paesi più sofferenti del mondo, andando oltre al ruolo ecclesiastico ed insistendo molto sui temi delle diseguaglianze, dei diritti, sui temi del lavoro, anche della sicurezza sul lavoro, e contrastando l’idea di un capitalismo che sfrutta l’ambiente e sfrutta le persone. Lo dico da persona convintamente laica, questo Papa ha interpretato quel mondo di valori della sinistra sociale, che tanta sinistra smarrita non ha saputo interpretare.

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Don Simone Farina, Ufficio missionario diocesano

Viviamo il congresso di Apaecida (2007) momento culmine delle proposte per l'animazione missionaria, come ordinarietà della pastorale della Chiesa, sia ad intra che ad extra. Si è sottolineata in modo considerevole e normativo, l'esigenza di partire dall'ascolto del caso singolo e concreto attraverso il discernimento. Sostegno e ascolto delle chiese più giovani dell'Africa e dell'America latina. Attenzione a non porre dei nunzi come tutori della legge, ma come fratelli maggiori che camminano con una porzione specifica del popolo di Dio. Non un ruolo di merito, ma un servizio di cura alle persone, ai fratelli.

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Ivan Bartoletti Stella, direttore Caritas diocesana

“La Caritas è la carezza di Dio alla sua Chiesa” è la frase che meglio esprime il pensiero di Papa Francesco sulla Caritas. Caritas, carezza di Dio, Chiesa: una sintesi stupenda, alla maniera di Papa Francesco. Il suo magistero fin dalla Evangelii gaudium ha esortato la Chiesa ad ascoltare il grido dei poveri, a riservare loro un posto privilegiato nel popolo di Dio. È un invito che lui per primo ha tradotto in scelte e gesti concreti. In quella Esortazione apostolica, in tutto il suo magistero (Laudato sì, Fratelli tutti) la Caritas trova molti dei temi che la qualificano nel proprio compito educativo dentro la Chiesa: ascolto, accoglienza, dialogo, condivisione, servizio, carità, misericordia, testimonianza, annuncio, missione … E poi la Giornata mondiale dei poveri per ritmare il passo del nostro cammino di Chiesa insieme ai poveri. Non so cosa sia cambiato in concreto nella Caritas con Papa Francesco. Certo ci siamo sentiti spesso spronati, a volte “tirati per la giacchetta” come si suole dire, per uscire da atteggiamenti di abitudinarietà verso i quali si tende sempre a scivolare. Il “come dice Papa Francesco” è risuonato abbondantemente nelle nostre riflessioni, le nostre formazioni, cercando di tradursi anche nel nostro fare. Posso dire che ci ha aiutato e ci sta aiutando a comprendere e a vivere ancora di più quella verità che esprime San Paolo in 1Cor 13,13: “Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità”.

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Marco Castagnoli, direttore Ufficio diocesano Guadium et spes

Il magistero di papa Francesco trova il suo vertice e la sua sintesi nell’Enciclica Fratelli tutti dove troviamo evidenziati, come in una sorta di Compendio, tutti i temi sociali. Quale fosse l’orientamento del suo pensiero sociale il Santo Padre lo aveva dichiarato fin dalla sua prima Esortazione apostolica, Evangelii gaudium, quando aveva scritto che «il kerygma possiede un contenuto ineludibilmente sociale: nel cuore stesso del Vangelo ci sono la vita comunitaria e l’impegno per gli altri». I principi sociali sono quindi una conseguenza dell’annuncio del Vangelo, una sua applicazione perché il cuore del Vangelo è l’esperienza di un amore che non può non avere conseguenze per la vita della persona, della società e del nostro rapporto con il creato. I principi sociali, richiamati spesso da Papa Francesco, sono sempre quelli tradizionali, ma rivisti all’interno da questa impostazione: il principio della dignità della persona, del bene comune, dell’opzione preferenziale per i poveri, della destinazione universale dei beni, della solidarietà e della sussidiarietà, della cura della “casa comune”. In questo senso, la cura del creato e l’impegno a edificare una società solidale in cui siamo “fratelli tutti”, non solo non sono estranei alla nostra fede, ma ne sono una realizzazione concreta. Questo è il fondamento della Dottrina Sociale della Chiesa.

La forza di questa impostazione, ripete spesso il Papa, sta in uno sguardo contemplativo che non è uno sguardo astratto, ma uno sguardo capace di guardare in profondità la realtà, aldilà dell’immediato e scoprire qualcosa di più grande dell’utilità. Contemplare, ci insegna l’Enciclica Laudato si’, serve per curare, per custodire perché non possiamo prenderci cura di ciò che non possiamo ascoltare e ammirare. Questo vale per tutta la realtà, per il creato e quindi anche per le nostre città. Questo sguardo, inoltre, non deve mai essere uno sguardo rassegnato e astratto neanche nelle crisi della nostra epoca. Al contrario, ci deve portare a trovare soluzioni innovative e creative perché la soluzione non è mai tornare come prima. Questo realismo, ci ricordava il Santo Padre, è possibile perché Fede, Speranza e Carità sono doni che «ci guariscono e ci rendono guaritori». Un’immagine guida, perché più volte ricorrente, è quella della parabola del buon samaritano come colui che si fa prossimo, socio, e si assume una responsabilità sociale. È la cultura della cura cioè il saper guardare gli altri, i loro bisogni, avere compassione, entrare in comunione. Rendersi conto del valore della persona umano è la base dell’amicizia sociale, tema innovativo del magistero del Pontefice. Il contrario è l’indifferenza, il guardare se stessi o da un’altra parte, il “balconare”. Il Papa, a questo proposito, ha evidenziato in diverse circostanze come anche le nostre piccole azioni possono fornire un contributo al bene di tutti: le scelte individuali portano ad una responsabilità sociale perché tutto è connesso. Nella Fratelli tutti ci viene indicato che per riformare una comunità è necessario partire da uomini e donne che fanno propria la fragilità degli altri, si fanno prossimi. Apparteniamo ad un’unica comunità e non possiamo immaginare il nostro futuro felice a prescindere dagli altri. Per questo è necessario promuovere la famiglia, ma anche tutte le espressioni aggregative dove l’uomo vive. Rilanciare la sussidiarietà e ciò che la sostiene è la speranza perché il deficit di partecipazione, che oggi constatiamo, è un deficit di speranza.

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Ettore Rossi, direttore dell'Ufficio diocesano Migrantes

Papa Francesco durante il suo pontificato ha mostrato e predicato un Dio di Giustizia e di Misericordia. Ha messo al centro dell’attenzione, oltre al loro diritto di sfuggire dalle guerre, dalle persecuzioni, dalle calamità naturali, dalle pandemie, dalle difficoltà civili e sociali, il problema dei migranti. E lo ha fatto non solo a parole, come ad esempio fece al centro Astalli nel suo discorso rivolto ai profughi nel 2013 “ ..ma ognuno di voi porta soprattutto una ricchezza umana e religiosa , una ricchezza da accogliere, non da temere.”, ma anche con azioni concrete come ad esempio ha fatto nel suo ultimo viaggio nel febbraio 2023 in Congo e nel Sul Sudan incontrando i leader delle comunità e gli sfollati.

I messaggi poi in occasione delle giornate mondiali dei migranti sono una autorevole conferma della vicinanza della Chiesa al problema dei migranti:

2013 “Migranti e rifugiati: verso un mondo migliore”

2014 “Chiesa senza frontiere, Madre di tutti”

2015 “Migranti e rifugiati ci interpellano. La risposta del Vangelo della misericordia”

2016 “Migranti minorenni, vulnerabili e senza voce”

2017 “Accogliere, proteggere, promuovere e integrare i migranti e i rifugiati”

2018 “Migranti e rifugiati: uomini e donne in cerca di pace”

“Durante i miei primi anni di pontificato ho ripetutamente espresso speciale preoccupazione per la triste situazione di tanti migranti e rifugiati che fuggono dalle guerre, dalle persecuzioni, dai disastri naturali e dalla povertà. Si tratta indubbiamente di un “segno dei tempi” che ho cercato di leggere, invocando la luce dello Spirito Santo sin dalla mia visita a Lampedusa l’8 luglio 2013. Nell’istituire il nuovo Dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, ho voluto che una sezione speciale, posta ad tempus sotto la mia diretta guida, esprimesse la sollecitudine della Chiesa verso i migranti, gli sfollati, i rifugiati e le vittime della tratta. “

2019 “Non si tratta solo di migranti”

2020 “Come Gesù Cristo, costretti a fuggire -Accogliere, proteggere, promuovere e integrare gli sfollati interni”

2021 “Verso un noi sempre più grande”

2022 “Costruire il futuro con i migranti e i rifugiati” 

E come non ricordare la terza enciclica di Papa Francesco “Fratelli tutti” scritta nell’ottavo anno del suo pontificato nella quale viene proposta la fraternità e l’amicizia sociale come la via indicata per costruire un mondo migliore, più giusto e pacifico, con l’impegno di tutti: persone, istituzioni, mondo economico, organizzazioni internazionali, società civile.

Questa enciclica focalizza l’attenzione anche sulla cura dell’ambiente naturale e delle persone (migranti compresi), collegandola alla sua precedente seconda enciclica “Laudato si” scritta nel terzo anno di pontificato.

Papa Francesco in un recente discorso (Conferenza Roma Med  Dialogues) tra l’altro  sottolinea che Il mare nostrum deve recuperare quella vocazione di progresso e cultura che recentemente sembra aver smarrito. E’ di questi giorni purtroppo la ennesima e luttuosa tragedia di migranti nelle coste calabre che ha confermato lo smarrimento di questa vocazione, causando dolore e sconforto in tutta la chiesa.

La sua incessante preghiera a Dio Padre affinché l’uomo dimostri di essere figlio di Dio attraverso comportamenti in vita da fratelli in Cristo.

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Rosauro Amadori, presidente diocesano di Azione cattolica

Fra l’Azione cattolica, fin dall’inizio del suo apostolato, e i papi che si sono succeduti, c’è sempre stato un rapporto particolare, avendo la stessa finalità della Chiesa: l’evangelizzazione. In questi anni di pontificato di Papa Francesco sono state tante le occasioni di incontro con l’Azione Cattolica, anche grazie ai diversi appuntamenti che si rinnovano ogni anno;

in modo speciale con la presidenza nazionale e i ragazzi dell’Acr, provenienti dalle diocesi italiane, che in udienza privata, portano gli auguri di Natale al Santo Padre, a nome di tutta l’associazione.

Papa Francesco ha esortato, in più di un’occasione, tutta l’Ac, in linea col suo carisma, a seguire la strada indicata da “Evangelii Gaudium” in particolare nella corresponsabilità laicale, per accompagnare il processo di fede del cristiano di oggi in tutti gli ambienti di vita.

L’invito, come nell’incontro dell’ottobre scorso con i giovani educatori, ad amare e abitare la parrocchia come luogo "essenziale" e "insostituibile" nella Chiesa avendo come motto “mi interessa”.

L’invito ad essere all’altezza del suo passato, con la storia dei tanti santi e beati della porta accanto, che hanno accompagnato l’Ac in questi 155 anni, come eredità da custodire e vocazione da accogliere.

L’invito a guardare al “futuro presente” per costruire una fraternità diffusa e contrastare “la globalizzazione dell’indifferenza” promuovendo una Chiesa di comunione. Con le parole di Paolo VI, “riscoprire di nuovo la passione per l’annuncio del vangelo, unica salvezza possibile in un mondo che altrimenti cadrebbe nella disperazione”.

Il prossimo appuntamento con papa Francesco sarà a Roma il 22 aprile per ricordare la beata Armida Barelli, nel primo anniversario della sua beatificazione insieme all’Istituto Secolare delle Missionarie della Regalità e all’Università Cattolica del Sacro Cuore.

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Giovanni Sintini, per l'equipe diocesana del sinodo

Inserito nel solco dell’insegnamento di Cristo, degli Apostoli e del Magistero, ogni Papa trasmette alla Chiesa caratteristiche peculiari che traspaiono dal suo carattere, temperamento, vissuto e sensibilità. E’ il mistero della Chiesa, nata dal costato di Cristo, rigenerata continuamente dallo Spirito Santo e, resa visibile nel mondo, dai battezzati (ministri e popolo di Dio insieme), con i loro carismi e le loro fragilità. Sin dai primi istanti, Papa Francesco, ha fatto intravedere una modalità un po' diversa di vivere la propria missione. Pensiamo alla preghiera e richiesta di benedizione da parte dei fedeli in Piazza San Pietro, subito dopo la sua elezione. Spesso gesti atteggiamenti, modi di fare sono più eloquenti di tante parole. Tanto si è già scritto su come Papa Francesco sogna la Chiesa. I lineamenti fondamentali li troviamo nell’esortazione apostolica Evangelii guadium.

Ma quanta fatica perché queste indicazioni trovino terreno fertile nelle nostre comunità. Una novità voluta da Papa Francesco è sicuramente il modo di vivere la sinodalità all’interno della Chiesa. Già dal sinodo sulla famiglia, il Papa aveva auspicato un coinvolgimento dal “basso”. Ma in un modo ancora più deciso, nel sinodo in corso, è stata avviata la consultazione del popolo di Dio. Il Papa stesso desidera che questa partecipazione sia la più estesa possibile. Tutti sono chiamati a dare il proprio contributo. In questa occasione poi il modo è del tutto singolare. L’attenzione è posta non sulle criticità, i nodi, le fatiche (che pure ci sono), ma su ciò che lo Spirito Santo suscita nelle nostre comunità, e nei “ cantieri” dove le persone si incontrano (anche oltre i recinti che a volte costruiamo). Quando penso alla Chiesa di Papa Francesco mi si spalanca davanti l’immagine dei discepoli di Emmaus. Mi sembra che la Chiesa che lui sogna sia quella che indica la meta come un faro, traccia il sentiero con segnali leggibili……ma non rimane ferma all’arrivo aspettando i viandanti. Si affianca agli uomini del nostro tempo, delusi, stanchi e sfiduciati dal mondo attuale, dalla società (a volte anche dalla Chiesa stessa), per suscitare domande e mettersi in ascolto, prima di tutto. Poi per annunciare l’Amore che non ci lascia mai soli e che permette al nostro cuore di riaccendersi.

“Non ardeva forse in noi il nostro cuore?” Lc 24, 32

Condivide la mensa e scompare solo dopo che i discepoli hanno la certezza di rimanere in quella Presenza. Camminare insieme, ascoltare, condividere, annunciare, e ripartire con la speranza nel cuore. Questo è cammino sinodale.

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Milena Piraccini, presidente della Società di San Vincenzo de Paoli

Nulla di nuovo sotto il cielo. La verità del Vangelo rimane la verità del Vangelo.

Papa Francesco nel suo magistero ha personalizzato il modo di comunicarlo…molto simile a quello che aveva Gesù: con parole semplici, dirette, senza schermi, mettendo in evidenza l’amore misericordioso che Dio ha per ognuno di noi con una predilezione speciale per chi vive nella sofferenza…qualsiasi essa sia.

Le parole, le esortazioni che ci vengono da papa Francesco arrivano al cuore perché toccano la miseria di ognuno, ma sono anche molto scomode: non lasciano spazio ad alibi, soprattutto per noi battezzati, per esimerci dal vivere concretamente e quotidianamente in quella relazione di amore che Gesù ci chiama e sempre ci attende a vivere con Lui.

Oggi non abbiamo alibi ma solo la giustificazione nelle malattie che ci affliggono: l’indifferenza, l’individualismo e l’egoismo personale. Il Vangelo da vivere nella concretezza quotidiana è qualcosa che ci scomoda troppo; preferiamo non vedere, vogliamo stare bene noi (non è facile portare il peso di altre sofferenze) e vogliamo scandire il nostro tempo secondo ciò che noi decidiamo e secondo le nostre personali visioni.

Non è un Vangelo accolto e vissuto come orientamento, come meta, come riconoscimento di un Amore infinitamente grande e grazie al quale io posso esistere. C’è da riscoprire tutto!!!

C’è bisogno come singoli, ma anche come chiesa, di riscoprire la passione e la gioia di portare l’unico vero bene per l’uomo agli altri, cominciando a riconoscerlo e viverlo nella nostra piccola vita, che è già agli occhi di Dio una “meraviglia stupenda”… ma noi ce ne siamo dimenticati.

Allora bisogna sforzarci di ricordarcelo ogni giorno attingendo alla fonte della Parola di Dio e nell’Eucaristia.

Come vincenziana e in relazione al nostro servizio nella carità di Gesù, con il papato di Bergoglio non è cambiato nulla: per noi il Vangelo (il lieto annuncio) è sempre stato ed è anche oggi il vivere in uscita verso i più bisognosi, andando ad incontrarli nelle loro case, nelle loro “periferie esistenziali” (sempre più complesse e difficili da raggiungere). Nel nostro cuore, però, si manifesta un crescente sentimento di gioia e soddisfazione nel cogliere negli scritti, nelle omelie, nei discorsi di Papa Francesco, quello che è il nostro carisma: vedere Gesù nel povero…ma c’è di più…il Santo Padre ci richiama ad essere nello stesso tempo manifestazione dell’amore di Dio verso gli altri (fede per attrazione): e qui si complica la cosa per ognuno di noi!

Il nostro servizio vincenziano è prima di tutto un voler crescere nell’amore di Gesù personalmente, attraverso la preghiera e poi attraverso la relazione con i poveri (che comunque siamo ognuno di noi).

In rapporto alla chiesa, mi sembra ci sia una particolare attenzione a recepire le nuove direttive amministrative e organizzative generali di questo papato: marginalizzando i bisogni delle persone e del territorio, che sono fatti anche di gesti concreti e tradizioni che parlano di un’identità cristiana propria. Gesti che devono saper sostenere la realtà locale nelle sue fragilità. In questo ci ha richiamato anche il Papa nel suo recente viaggio in Africa.

La Carità non è qualcosa da portare e vivere chissà dove, ma un dono da manifestare prima di tutto a chi ci è più vicino: come ci esorta Papa Francesco, nella famiglia, nel lavoro, nella comunità parrocchiale e civile, nelle amicizie.  Iniziamo a portare quell’amore che ha rigenerato la nostra vita e di cui ogni uomo e tutto il creato ha veramente bisogno. Manifestando la presenza di Dio. 

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Francesco Marinelli, segretario generale Cisl Romagna

In questi dieci anni  di pontificato, la  parola di papa Francesco è un punto di riferimento fondamentale per coloro che nel mondo si battono per la dignità del lavoro, la giustizia sociale, la lotta alle diseguaglianze e il rispetto della persona umana. Lo è certamente anche per la nostra organizzazione ispirata ai valori della dottrina sociale della Chiesa. Più volte in questi anni anni è tornato a indicare la necessità di una rigenerazione del sistema capitalistico nel segno dell’inclusione, della solidarietà, di una più ampia democrazia economica. Il Pontefice ci chiama fortemente a essere attivi per un mondo più giusto e più inclusivo, per un'economia più attenta ai problemi etici, a batterci contro il predominio della finanza speculativa, l’emarginazione dei poveri, la cultura dello scarto, l’indifferenza di fronte al dramma dei migranti, a rinnovare il nostro impegno a favore di un lavoro dignitoso per tutti. La sfida straordinaria che ci indica, e a cui tutti noi siamo chiamati nella realizzazione, è quella di costruire una nuova economia e società, fondata sull’equità e solidarietà, che metta la persona, il lavoro e l’ambiente al centro.

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