Efrem Satanassi. Il ricordo di don Daniele Bosi

In ricordo di Efrem Satanassi deceduto ieri (cfr notizia a fianco), don Daniele Bosi, originario di Sarsina e parroco a Villachiaviche e a Gattolino, ha inviato poco fa in redazione una sua testimonianza, a nome della parrocchia di Quarto, che di seguito pubblichiamo.

Ecco il testo.

Un vero amico, Efrem. Nato a Sarsina centro novanta anni fa, qui aveva respirato l’aria paesana-cittadina, con tutti i pregi e difetti.

Ma, basta spostarsi una manciata di chilometri da Sarsina e qui tutto è diverso. Mi raccontava sempre l’esperienza di quando è sfollato, durante la seconda guerra mondiale, alla Goiba (parrocchia di Musella ma più vicina a Tezzo). È stata quella l’esperienza che l’ha cambiato profondamente, facendogli sperimentare e innamorare di uno stile di vita semplice, di campagna, e della meraviglia della natura. Tornando in paese, studia come autodidatta per diventare maestro e nel frattempo partecipa alla vita parrocchiale e Diocesana (le attività come Azione Cattolica avevano sede in Sarsina).

Talmente presente nella chiesa del tempo, che a sposarlo, nel 1962, è proprio lo stesso vescovo Bandini.
Poi, il sogno legato all’esperienza che fece da bambino sfollato: acquista un podere a Quarto di Sarsina, privo di ogni confort, tanto che il padre glielo ripeteva: “Hanno abbandonato quel posto i contadini e ci vuoi andare tu?”.

E intanto porta avanti l’insegnamento a scuola, con un cuore di fanciullo che ha mantenuto anche nell’età avanzata, nella vecchiaia che non l’ha mai scalfito.
Una persona forte, ferma, coraggiosa, appassionata per ogni cosa, curiosa. Un maestro che era anche guida nel cammino della vita.
Come non ricordare i volumi prodotti da lui? C’era dentro tutto il suo estro.

Il primo volume, "Le stagioni del bronco" (1982), che racconta in romanzo l’esperienza del periodo della Goiba, è qualcosa di straordinario. Mi raccontava che il vescovo Bandini andò a trovarlo a casa, a Quarto, facendogli i complimenti per il lavoro… Ebbe da fare un appunto solo per una pagina un po’ troppo piccante.
Amante della Chiesa, sapeva reagire quando qualche suo ministro non era sempre perfetto.

Seguono due testi su Sarsina e l’incredibile (1990 e 1998) e altri lavori: “odore di Sangue e di Rosa”, “il Sogno di Doro”, “Maestro in campagna”, “L’altro Mussolini”, “Sogno di Campione”, “Altri tempi altri amori. La Romagna del Novecento in 17 racconti”, “Va dove ti porta il polo”, e l’ultimo lavoro, di una densità spirituale profonda: “Mistico dolore”. Mi raccontò di averlo scritto in qualche giorno, tutto d’un fiato.

E le commedie? A decine, dagli anni ’80, nel ha messe in piedi, sia a Quarto sia a Sarsina. Cercava di valorizzare tutti, tirare fuori dalle persone del luogo, anche dalle più semplici, quello che avrebbero potuto dare.
E i film? Come non ricordare: “Tonino e i fiumi di Romagna” e “i giorni del grano”: anche questi realizzati mettendo in scena amici, paesani, parenti.
E la corale? Attivissimo nel coro di Quarto, insieme ai figli, fino a poche domeniche fa, con la sua voce che si distingueva.
E la sua bicicletta? Ha percorso migliaia di chilometri nella sua Romagna fino alla fine.

Io, ragazzino quindicenne, gli scrissi su pentagramma una decina di canzoni, per uno spettacolo “Plauto Rumagnol”, canzoni che lui aveva mentalmente composto e, mentre le canticchiava, io avevo il compito di creargli lo spartito. Mi piacque particolarmente: “Me campsant ad Arsel” (Al cimitero di Ruscello).
Ricordiamo anche come, 25 anni fa, ha assistito e accompagnato la moglie Carla nella sua malattia.

Ora i figli continuano, nella sua casa, l’attività di “Remedia” con lo spirito, sanguigno, trasmesso da Efrem che, dal cielo, li accompagnerà sempre.

don Daniele Bosi