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Educazione digitale, il primo passo tocca agli adulti

Niente schermi sotto i 18 mesi. Tra i 2 e i 6 anni, non più di un’ora al giorno di “scoperta digitale”, preferibilmente frazionata in periodi di 20-30 minuti l’uno. A pranzo, meglio chiacchierare. Sono alcuni dei punti del decalogo per la salute digitale di bambini e ragazzi elaborato dagli specialisti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù 

Foto da Pixabay

Niente schermi sotto i 18 mesi. Tra i 2 e i 6 anni, non più di un’ora al giorno di “scoperta digitale”, preferibilmente frazionata in periodi di 20-30 minuti l’uno. A pranzo, meglio chiacchierare. Sono alcuni dei punti del decalogo per la salute digitale di bambini e ragazzi elaborato dagli specialisti dell’Ospedale pediatrico Bambino Gesù nell’ambito del progetto “A scuola di… digitale”, realizzato in collaborazione con i professionisti di Almaviva, gruppo italiano leader nell’innovazione tecnologica.

I suggerimenti, indirizzati soprattutto ai genitori, sono stati presentati nello scorso mese di luglio con l’obiettivo di promuovere una migliore consapevolezza delle possibilità offerte dagli strumenti elettronici e contribuire a ridurre i rischi che possono derivare da un uso eccessivo e senza filtri.

Qualche settimana prima era arrivato in libreria l’ultimo saggio di Matteo Lancini, psicologo e psicoterapeuta, presidente della fondazione “Il Minotauro” di Milano, tra i più importanti centri per la cura degli adolescenti. Nel testo, intitolato “Sii te stesso a modo mio” e pubblicato da Raffaello Cortina Editore, l’autore è molto netto: non ci si può limitare alle “solite operazioni” di condanna dei social; occorrono almeno altre due azioni: comprendere perché attraggono così tanto i nostri figli e assumere, noi adulti per primi, comportamenti coerenti con quello che chiediamo loro. “Ogni agire dell’adulto, oggi più che mai – spiega Lancini – richiede che dietro all’azione educativa ci sia un pensiero, un ragionamento non solo razionale ma anche affettivo”.

Dunque, non si può risolvere la questione a colpi di divieti, quando poi il modello di vita che si trasmette è quello dell’individualismo, della competitività, del successo legato alla visibilità. Un eccesso di allarmi, sostiene Lancini, non solo non funziona, ma rischia di alimentare la percezione nelle nuove generazioni di un’adultità inconsistente, sempre meno significativa e autorevole. Da qui l’invito dello psicologo: “Offriamo ai nostri ragazzi esempi di coerenza, promuoviamo un utilizzo ragionevole del digitale per costruire cultura e conoscenza e spieghiamo ai ragazzi che quella è una strada premiante, non quella delle trasgressioni inventate per il gusto di racimolare follower”.

Tra le tante proposte possibili, Lancini lancia anche diverse provocazioni, fra cui quella di eliminare i gruppi scolastici di whattsapp tra genitori: “Ma è possibile – scrive l’esperto – che il rapporto con la scuola sia ‘governato’ da queste procedure?”.

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