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Coronavirus. Storia di una morte per Covid-19

La testimonianza della giornalista Deborah Dirani, che nei giorni scorsi ha perso il padre 78enne: "Chiedo chiarezza"

 Alberto Dirani che, da quando era in pensione, spesso si prestava per delle parti da attore per la tv. Qui, nel 2012, per la fiction Rai "Il commissario De Luca", con Alessandro Preziosi

Una storia narrata giorno dopo giorno su Facebook, a colpi di post da mille like e oltre. A raccontarla, fino al doloroso epilogo di sabato scorso, Deborah Dirani, giornalista free lance piuttosto nota tra gli addetti ai lavori perché si è occupata della comunicazione di diverse aziende del territorio (Cils, Orogel, Pubblisole per citarne alcune). Il mostro Covid-19 ha avuto la meglio sul padre Alberto, 78enne, ricoverato all’ospedale Morgani di Forlì, prima alla medicina post acuti e, alla fine, giocoforza, nel reparto infettivi. Un caso che sembrerebbe di cattiva sanità, spiega Dirani, che chiede a gran voce chiarimenti “non per avere risarcimenti, che non mi interessano, ma per ottenere giustizia”.

L’anziano Dirani da gennaio era entrato e uscito dal Morgagni. Affetto da diverse patologie gravi, a causa di una manovra errata del catetere ricevuta in assistenza domiciliare il 12 marzo era stato portato d’urgenza in ospedale perché il germe sentinella (“contratto nel precedente ricovero, come spesso purtroppo succede in ospedale”) era andato in circolo provocandogli una grave sepsi. Aveva fatto sei tamponi, sempre negativi. L’ultimo ricovero, ricostruisce la donna, è stato il 1° aprile. “La mia mamma poteva stargli vicino due ore al giorno. Per la particolare fragilità in cui si trovava, allettato, disabile, aveva bisogno di un contatto con una persona vicina, non era in grado neppure di tenere in mano il telefono. In quei giorni si è verificato un focolaio nel reparto che però non ha infettato i miei genitori fino a quando non è stato affiancato a mio padre, in stanza, un signore che tossiva continuamente. Sputava l’anima. Era evidente che stava male e che avrebbe dovuto essere ricoverato in isolamento. In una stanza da tre, questo signore era nel letto centrale, vicino a mio padre che, con comorbidità di vario tipo, avrebbe dovuto essere super protetto e tutelato da quella stessa azienda che fissa regole tassative per la salute di noi tutti. Ma non avrebbe tutelato una persona che aveva tutte le caratteristiche per richiedere maggiori attenzioni. L’ultimo tampone, il settimo, del 29 aprile, ci ha comunicato che mio padre e mia madre avevano preso il Covid. La mamma è asintomatica. Il babbo, il giovedì successivo, ha iniziato a stare male. Sabato scorso è avvenuto il decesso”.

“Mio padre non sarebbe comunque vissuto a lungo, lo so - prosegue la donna -. Ma se non avesse preso il Covid-19 per quella che definisco una leggerezza, una superficialità di trattamento, in un momento tra l’altro in cui stavamo per entrare in fase-2, quindi l’ospedale non soffriva di una particolare congestione, mio padre non sarebbe morto così, da solo, avvolto in un lenzuolo e chiuso in una bara senza che né io né mamma potessimo salutarlo. È infinitamente difficile farsi una ragione senza poter vedere il corpo della persona che ami e che hai perso”.

“Sto cercando di capire come muovermi - spiega -. Non chiedo soldi, non mi interessano, ma chiarezza. Non sono stati fatti errori in malafede, non credo affatto che gli anziani non vengano curati perché, appunto, anziani. Credo che ci sia stato un errore, e chi fa un errore si deve prendere le sue responsabilità. Per mio padre, ma soprattutto per me, mia madre, mio marito, che se vogliamo pregare sulla sua cassa, dobbiamo stare in piedi in uno stanzino in cui possiamo entrare solo in due perché i morti di Covid non hanno diritto nemmeno a una camera ardente e neanche a un’autopsia per capire cosa sia successo”.

Deborah non vedeva il padre dal 5 marzo. Lo ha salutato in video chat “ma aveva già gli occhi chiusi”. Il funerale si svolgerà giovedì 14 maggio nella chiesa di San Paolo a Forlì.

Tutte le offerte raccolte in ricordo di Alberto verranno donate all’Associazione Enea-Eroi in ricerca onlus che finanzia la ricerca scientifica sulla Polimicrogiria presso la Clinica Giannina Gaslini di Genova. Per tutte le informazioni sull’associazione e sui passi avanti della ricerca potete visitare il sito www.eneaonlus.org e la pagina Facebook. “Il mio grazie a tutti coloro che doneranno usando l’iban IT 87 D 03069096061 00 00 00 74845 intestato ad Associazione Enea-Eroi in Ricerca Onlus con la causale ‘in ricordo di Alberto Dirani’”.

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