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Libano: esplosioni a Beirut. Parla il parroco maronita del video choc: “Ora abbiamo bisogno di voi”

È padre Marwan Moawad, parroco di san Maroun - Bouchrieh, il sacerdote ripreso nel video choc durante le due esplosioni mentre celebrava la Messa. Raggiunto telefonicamente dall'agenzia Sir, lancia un appello all’Italia: “Abbiamo bisogno di voi, del vostro aiuto, della vostra preghiera"

Foto agensir.it

“Tantissima paura, siamo ancora sotto choc”. È padre Marwan Moawad, parroco della chiesa maronita di san Maroun – Bouchrieh, a Beirut, a raccontare all'agenzia Sir cosa è successo in quei 30 secondi che, ripresi in un video e rilanciati sui social, hanno fatto il giro del mondo. Era lui a celebrare la messa nella chiesa maronita al momento delle esplosioni. Le comunicazioni telefoniche nella zona limitrofa al porto sono disturbatissime. Tra una chiamata e l’altra, il sacerdote riesce a parlare. “Il Libano – dice subito – in questo momento è in lockdown e anche la nostra diocesi ha chiesto di chiudere le chiese e di trasmettere le messe attraverso i media. Era dunque martedì 4 agosto e come sempre stavamo celebrando la Messa alle 18. Eravamo solo all’inizio della celebrazione quando abbiamo sentito come un terremoto. La chiesa ha cominciato a tremare. È stato quindi spontaneo guardare in alto nel timore che venisse giù il tetto, convinti che si trattasse di una scossa sismica. Ad un certo punto è andata via anche la luce. A quel punto è arrivata la seconda esplosione, fortissima. Abbiamo visto frantumarsi i vetri e le schegge hanno cominciato a colpirci. L’onda d’urto ha scaraventato verso di noi anche la porta laterale della chiesa, che era chiusa. Abbiamo cominciato a urlare. A quel punto, un’onda d’urto ci ha buttati dall’altra parte e siamo caduti per terra. Abbiamo avuto paura”. C’erano otto persone all’interno della chiesa. Sono quelle che tutti i giorni si occupano della Messa e delle letture, a causa della quarantena. Tre di loro sono rimasti feriti dalle schegge dei vetri ma “grazie a Dio, sono ferite superficiali”, chiarisce padre Marwan.

La chiesa di san Maroun si trova a soli tre chilometri di distanza dalla zona del porto dove due giorni fa sono avvenute le esplosioni. L’onda d’urto qui è stata violentissima. Ha distrutto tutto e causato danni importanti non solo all’interno della chiesa e nei locali della parrocchia ma in tutte le case del quartiere. “È stato terribile, incredibile. I parrocchiani hanno avuto molta paura, siamo tutti scioccati per quello che è successo”, racconta il parroco. E aggiunge: “Quello che stiamo facendo in questi giorni è vedere innanzitutto chi è rimasto ferito e se ha bisogno di qualcosa. Questa è la nostra priorità. E poi stiamo cercando i mezzi per ricostruire ciò che è stato distrutto, a partire dalle vetrate”.

La ricostruzione sarà lunga e difficile, “anche perché – fa subito notare il sacerdote – proprio in questo momento il Libano stava passando un momento molto difficile a causa di una crisi che sta colpendo il Paese a più livelli, economico, sociale, politico. Le persone hanno perso il lavoro e quindi queste esplosioni hanno colpito duramente un popolo già sofferente e povero. Solo la fede ci salva e ci salverà da tutti i mali, come diceva San Paolo, siamo il popolo della Vita, per la grazia di Dio. In mezzo a tutta questa distruzione che vediamo attorno a noi, ciò che è rimasto vivo oggi in Libano è solo la fede”.

“Vorrei poi lanciare un appello”, conclude padre Moawad: “In Libano vivono cristiani, che condividono con voi la stessa fede e la stessa identità della Chiesa universale unita al Papa. Ora abbiamo bisogno di voi, del vostro aiuto, della vostra preghiera. Abbiamo bisogno di tutto il vostro supporto per rimanere in Libano e non lasciare questa terra. Il Medio Oriente non può perdere questa presenza. Abbiamo bisogno del vostro aiuto economico per continuare a vivere la fede qui.Dopo queste due esplosioni, la vita diventerà difficilissima, molto più di quanto non lo fosse prima. Abbiamo bisogno di voi, della solidarietà anche della Chiesa italiana, abbiamo bisogno, ora più che mai, di vivere in unione e nella carità cristiana tra noi”.

Fonte: Sir
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