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Giornalisti a convegno a Faenza. Alluvione, guerra, intelligenza artificiale, la sfida si vince solo insieme

Un centinaio i giornalisti presenti al convegno organizzato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna (Ceer) e dall’arcidiocesi di Bologna, in collaborazione con Ordine regionale dei giornalisti, Fisc, Ucsi, Acec, altre realtà, diocesi di Faenza-Modigliana e dal nostro settimanale, in particolare come l’edizione faentina de “il Piccolo”

Nella foto Zampaglione, un momento del convegno per giornalisti tenutosi a Faenza venerdì 26 gennaio scorso

È questione di cuore, anzi, della sapienza del cuore. Lo dice papa Francesco nel messaggio per la Giornata delle Comunicazioni sociali 2024. È quello che fa la differenza tra noi e le macchine nel dare le notizie, la differenza tra giornalismo e giornalismo a servizio del bene comune. Un concetto risuonato più volte venerdì pomeriggio all’incontro regionale dei giornalisti dell’Emilia-Romagna che si è svolto al Seminario Pio XII di Faenza sul tema “Alluvione, guerra, intelligenza artificiale: nelle sfide del nostro tempo la deontologia e l’informazione con la sapienza del cuore”.

Un centinaio i giornalisti presenti al convegno organizzato dall’Ufficio per le comunicazioni sociali della Conferenza episcopale dell’Emilia Romagna (Ceer) e dall’arcidiocesi di Bologna, in collaborazione con Ordine regionale dei giornalisti, Fisc, Ucsi, Acec, altre realtà, diocesi di Faenza-Modigliana e dal nostro settimanale, in particolare come l’edizione faentina de “il Piccolo”. Storicamente, l’incontro formativo regionale che da 19 anni si organizza in occasione di san Francesco di Sales, patrono dei giornalisti, è tra i più partecipati di quelli patrocinati dall’Ordine, come ha spiegato nel suo intervento Silvestro Ramunno, presidente dell’Ordine dei giornalisti dell’Emilia-Romagna

“I media in questa alluvione non hanno avuto solo il compito di informare, hanno anche salvato vite – ha sottolineato in apertura il sindaco di Faenza, Massimo Isola -. È un lavoro che abbiamo fatto insieme, senza il quale avremmo avuto centinaia di morta in questa alluvione”.

“Alluvione, guerra, intelligenza artificiale: la parola che tiene insieme questi grandi temi è il cuore umano – ha aggiunto nel suo saluto monsignor Giovanni Mosciatti, vescovo di Imola e delegato per le Comunicazioni sociali della Ceer -. È quello che ci permette di stare davanti all’alluvione con ponti di bene e anche i percorsi di pace sono fattibili solo a partire dal cuore, un cuore umano. Non possiamo pensare a un cuore artificiale”.

“L’intelligenza artificiale è un dono di Dio – ha detto nel suo intervento il vescovo di Faenza-Modigliana, monsignor Mario Toso -. Il problema è sempre l’uso che si fa di questi nuovi strumenti. C’è competizione tra i Paesi per l’innovazione in questo campo: una gara a chi arriva prima nell’acquisizione di questi sistemi di intelligenza artificiale. L’Italia potrebbe dare il suo apporto, per la sua grande tradizione umanistica. Come ha detto padre Paolo Benanti, presidente della commissione per l’Ia della presidenza del Consiglio dei ministri – nell’intelligenza artificiale occorre inserire dei ‘guardrail etici’”.

Sono tre gli ambiti nei quali avrà un impatto l’intelligenza artificiale, secondo il vescovo di Faenza-Modigliana: sulla ricerca sociale, sull’occupazione e sullo spazio pubblico, in particolare sulla formazione dell’opinione pubblica. Su questo, sottolinea il presule, “occorre crescere in umanità, anche nel campo delle comunicazioni sociali”. Il richiamo finale, che nasce dalla passione e competenza per la Dottrina sociale della Chiesa: “Occorre insistere sull’essere cattolici impegnati in politica per promuovere democrazia partecipativa. Da questo punto di vista mi pare siamo abbastanza addormentati”.

Il presidente dell’Ordine, Silvestro Ramunno nel suo intervento è partito dal “cambiamento del paradigma che si osserva in questo tempo nei media: “Non è più rilevante sapere se una notizia è vera o no, ma se attrae l’attenzione o meno”. Questo mette in gioco la libertà e la responsabilità dei giornalisti, ma produce anche delle conseguenze: secondo i dati citati, l’indice di fiducia nei media degli italiani si è ridotto al 34 per cento. Da notare che nella classifica delle fonti d’informazione più affidabile al primo posto viene citata l’Ansa, al secondo il Sole 24 Ore e poi ci sono i giornali locali. Impietosi i dati di vendita degli ultimi anni. Da quattro milioni di copie vendute a livello nazionale dai quotidiani italiani si è arrivati a un milione, quel che prima vendeva da solo il Corsera. In questo contesto però, sottolinea Ramunno, “ci sarà sempre più bisogno di informazione di qualità e la deontologia farà la differenza”. Questa è la ragione per la quale l’Odg punta sulla formazione, con oltre 1300 corsi formativi proposti negli ultimi otto anni. 

Il cuore del convegno si è concentrato sulle esperienze concrete e i racconti di come l’alluvione è stata raccontata in Romagna, a partire dalle edizioni del nostro giornale.  “Un segno di speranza”, così il direttore, Francesco Zanotti, ha definito l’esperienza di raccontare insieme, come Corriere Cesenate nelle sue edizioni, anche eventi drammatici come l’alluvione, “con quella libertà che nessuno deve portarci via. Questa è la passione che cerchiamo di vivere e con cui mettere in pagina la realtà in cui siamo immersi”. Samuele Marchi, responsabile de “il Piccolo” ha spiegato con immagini e video il lavoro svolto nei giorni drammatici di maggio da “giornale di comunità”: “Abbiamo cercato di essere popolari, di usare tutti i mezzi che abbiamo a disposizione – ha detto -. Un giornale con un volto con l’obiettivo principale, in quei giorni, di non lasciare solo nessuno”. Daniela Verlicchi, che coordina Risveglio, edizione ravennate del Corriere Cesenate ha aggiunto: “Durante l’alluvione era impossibile lasciare fuori il cuore: il dramma che tutti stavamo vivendo ci ha messo quasi fisicamente nella “stessa barca” di cui parlava papa Francesco il 27 marzo del 2020. Me l’ha detto esplicitamente una direttrice didattica di una scuola di Ravenna che per vari mesi ha ospitato, tra le difficoltà, i bambini e il personale di un’altra scuola alluvionata: ‘Il Covid ci ha diviso. Ora invece sentiamo la necessità di unirci, di stare tutti insieme’.  È la forza della comunità. Lo abbiamo fatto anche nella nostra esperienza di giornali diocesani che, nelle difficoltà di questi tempi, hanno fatto comunità. E si lavora meglio. Nella complessa situazione dei media e dell’informazione oggi, pochi hanno le risposte ma porsi le domande insieme fa già una bella differenza”.

Negli interventi successivi hanno portato la loro testimonianza anche Andrea Ferri, direttore del Nuovo Diario Messaggero di Imola, Luigi Lamma, delegato regionale Fisc e direttore di Notizie di Carpi e Martina Pacini, responsabile del Risveglio di Fidenza.

La posta in gioco, ha concluso il direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Cei Vincenzo Corrado, sta nel “come orientare al bene il cambiamento culturale che è in atto: la comunicazione avviene solo quando si instaurano rapporti di relazione, la comunicazione è dono”.

“Pe affrontare le nuove sfide – ha scandito – bisogna essere insieme. La costruzione di un mondo più fraterno anche dal punto di vista comunicativo chiama in causa tutti, non è appannaggio di un’élite, o solo dei credenti. L’evoluzione tecnologica ci ha messo in crisi, invece dobbiamo essere protagonisti di questo cambiamento”. Insieme.

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