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Lampedusa, oggi come 10 anni fa

L'isola celebra l'anniversario di uno dei peggiori naufragi, ne parliamo con un isolano, Giacomo Sferlazzo

Migranti in fila per il pasto della sera, 14 settembre 2023. Foto Croce Rossa Italiana

Oggi sarà un giorno particolare a Lampedusa, che ricorderà l’anniversario di una delle catastrofi più gravi che si siano verificate nel mar Mediterraneo.  A causa di un’avaria che provocò il naufragio di un peschereccio stracolmo di migranti, Il 3 ottobre 2013 368 persone trovarono la morte in mare, i superstiti furono 155. 

Ricordiamo quella data insieme a Giacomo Sferlazzo, lampedusano, attivista, che negli ultimi tempi si è fatto portavoce di molti abitanti dell’isola dove vivono 6000 persone ormai da anni sotto pressione per l’impatto, non solo fisico ma anche emotivo, degli sbarchi.

Signor Sferlazzo, come vivete l’anniversario di oggi?

Abbiamo le commemorazioni ufficiali promosse dal Comitato 3 ottobre insieme ai Ministeri e altri enti e i Comuni. In queste occasioni si porta avanti un racconto dei fatti che non è quello della realtà, a partire dalla ricostruzione degli eventi…. Attraverso le testimonianze dei sopravvissuti siamo in grado di dire che ci furono gravi responsabilità della Guardia di Finanza e della Guardia Costiera… Noi domani faremo un ragionamento sulle dinamiche di quei giorni e sulle conseguenze che ne sono scaturite, a partire dall’approvazione dell’ultimo decreto governativo, e faremo un parallelismo con la strage di Cutro. Molti elementi mostrano analogie. Si parla di emergenza, ma ormai ciò che avviene non è più qualcosa che capita come un’eccezione, ma il risultato di un modo di governare le cose. Faremo anche il punto della situazione di oggi e continueremo con la nostra raccolta firme.

I racconti che giungono dai media mostrano lampedusani accoglienti…

Quello che è accaduto una decina di giorni fa quando c’erano 7mila immigrati in giro per l’isola è stato molto bello, perché la popolazione ha risposto in maniera solidale e naturale. La gente ha chiuso la propria attività per dare da mangiare a queste persone, però questa cosa se la fai due giorni si può fare, se diventa una costante, è difficile. Si può fare, ma non possiamo vivere costantemente così.

Com’è Lampedusa?

L’isola ha mostrato una grande solidarietà, ma siamo una comunità di 6mila abitanti, ci sono diverse posizioni. Quella di Lampedusa è una comunità complessa, ma la maggior parte ha risposto con generosità quando c’è stato bisogno.

La vita quotidiana impatta con la presenza delle persone accolte nell’hotspot?

La gestione dell’accoglienza è militare, quindi si è creato un compartimento stagno. Le operazioni vengono gestite a livello militare con il supporto di varie organizzazioni. In questo momento c’è la Croce Rossa e la gestione è separata dalla vita della comunità locale.

Quindi non c’è un contatto tra le persone che sbarcano e la popolazione?

Sono 30 anni che abbiamo un’isola militarizzata, che viviamo emergenze continue, naufragi, pressione mediatica e politica enorme, che subiamo danni di vario tipo. Vivere costantemente con una pressione del genere non è semplice, assistere a tragedie e naufragi. Tutto questo va ad aggiungersi a ciò che manca, e mi riferisco alla garanzia dei diritti di base. Non abbiamo una sanità adeguata, edifici scolastici adeguati, collegamenti adeguati, subiamo un costo di carburanti ed energia elettrica tra i più cari d’Europa. Queste questioni nell’insieme costruiscono un quadro generale pesante. Naturalmente a Lampedusa ci sono tantissime cose positive.  

Cosa si dovrebbe affrontare con maggiore urgenza, secondo lei e secondo la popolazione?

Io non mi sento di essere rappresentante della popolazione. Ho la fiducia di alcuni e in questi giorni mi viene affidato un ruolo più grande delle mie possibilità. Capiamo le cause per cui le persone vengono qua e dobbiamo concentrarci su questo, le cause. Dobbiamo vedere le responsabilità storiche che però sono ancora in atto: lo sfruttamento dei lavoratori, la schiavitù, l’inquinamento, il ladrocinio di materie prime che continua da parte dei paesi occidentali ai danni dell’Africa. Le migrazioni sono una conseguenza di questo atteggiamento coloniale e imperialista. Purtroppo i rappresentanti politici sono spesso rappresentanti di altri interessi, aziende che hanno la forza di condizionare le politiche europee e hanno interesse a che le cose rimangano in costante emergenza. Il lavoro va fatto lì. L’altra questione riguarda i canali di ingresso regolare. Perché a fronte di miliardi spesi per militarizzare, fare i centri di accoglienza e altro, non si è investito su canali per ingressi regolari e asilo politico garantito? In Libia ci sono diverse persone che hanno asilo politico riconosciuto, ma rimangono intrappolate nelle carceri, peraltro finanziate dall’Unione Europea. Queste persone andrebbero prese con navi e arei di linea per essere distribuite in Europa con un piano in modo da garantire asilo politico.

Invece?

Invece si sposta l’attenzione su questioni che sì, sono epocali, come l’accoglienza, che però è una questione secondaria perché noi dobbiamo dare a tutti la possibilità di rimanere nel proprio Paese e sviluppare la propria comunità e la propria vita secondo l’indole e la cultura di appartenenza, senza dover subire l’atteggiamento paternalista di nessuno. Non dobbiamo alimentare i centri per migranti che sono fabbriche dove si verifica di nuovo ciò che è stata la tratta delle persone.

Mentre parliamo lei si trova lontano da Lampedusa. Sa dirci però com’è oggi la situazione? (L’intervista è stata fatta ieri).

Manco da due giorni ma ho saputo che anche ieri (domenica 1 ottobre, ndr) è stato ritrovato un cadavere. L’isola è piena di persone venute da fuori per le celebrazioni del 3 ottobre, che sono diventate una passerella sui cui transitano anche personaggi che si vedono in questi cinque, sei giorni e poi spariscono, che vengono a insegnare come si fa e come è giusto comportarsi. Io sono molto stanco di questo atteggiamento che viene da una parte ben precisa, associazioni umanitarie, alcuni politici. È fastidioso sentirsi dire alcune cose da queste persone. Per il resto, in questo momento non ci sono molte persone nell’hotspot. Ci si aspetta un'altra ondata massiccia.

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