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il punto del direttore

Partiti commissariati. Mattarella si affida a Draghi

Troppa la distanza tra chi siede in Parlamento e chi abita città e periferie. Il presidente della Repubblica ha giocato l'ultima carta, prima di decidere di passare alle urne, una scelta che il Paese non capirebbe

Foto d'archivio

Alla fine si è tornati all'inizio. Dopo i giorni del teatrino della politica più bassa e più incomprensibile, è toccato al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, scendere in campo. L'inquilino del Quirinale lo ha fatto apparendo in televisione e descrivendo due soli scenari possibili. Visto il flop del tentativo esperito da parte del presidente della Camera Roberto Fico, con gli attori in scena che hanno mostrato di essere irresponsabli nonostante i tanti appelli loro rivolti, adesso ci si trova davanti a due soluzioni. O un governo di alto profilo, del Presidente potremmo dire, o si va alle elezioni.

Di fronte a questa possibilità, il presidente ha voluto spiegare ciò che potrebbe accadere. Siamo in mezzo a una crisi sanitaria, economica e sociale e nel pieno di una grande operazione vaccinale. Non ci potremmo permettere una campagna elettorale sfibrante e sfiancante, con assembramenti e con tempi lunghi. Per il primo governo Conte, ha ricordato Mattarella agli smemorati (che saremmo tutti noi), ci sono voluti cinque mesi. Possiamo aspettare così tanto tempo quando abbiamo le risorse provenienti dall'Europa che attendono di essere investite?

Allora adesso tocca a tutti noi. Tocca al Parlamento, e ai partiti che vi hanno rappresentanza, prendersi la dovute responsabilità. La crisi è anche di sistema. Ce lo diciamo da tempo, ma ora è ancora più evidente. L'esecutivo viene di continuo bloccato da chi, se vuole, lo può tenere in scacco. Basta un pugno di parlamentari. Questo potrebbe accadere anche a Mario Draghi, la persona che più di tutti è attesa. La più autorevole in Italia e all'estero. Il meglio, in questo momento, che possiamo dare. Ma avrà voglia, l'ex presidente della Bce, uno dal profilo da statista oltre che da economista di razza, di farsi tirare la giacca da Renzi, Di Maio, Salvini, Zingaretti e non so più chi altro, tante ormai sono le nuove formazioni che si stanno creando nei vari circoli romani? Avrà tutta questa pazienza di mettersi a mercanteggiare per un ministero o l'altro? O avrà la forza di chiedere un ampio mandato per cercare di instradare quei necessari progetti in grado, come lui stesso ha indicato, di mettere l'intero Paese al riparo da future sorprese? I miliardi del recovery plan saranno da investire in attività capaci di rendere in termini di Pil e non solo, altrimenti i debiti accumulati schiacceranno le future generazioni. E questo non possiamo permettercelo.

Ma saranno in grado i partiti di ora, ormai lontani anni luce dalla gente da cui hanno perso ogni contatto, autoreferenziali e chiusi nelle segreterie in cerca di un incarico di governo, di capire che siamo al termine di un giochetto che rischia di fare soffocare il Paese? Lo hanno compreso da quel che ha detto ieri sera Mattarella, oppure sono ancora lì a pensare di essere più furbi del nemico di ieri, del probabile alleato di oggi e forse dell'antagonista di domani mattina? Avrenno inteso questa lezione? I dubbi sull'attuale classe politica ci sono ancora tutti, anche se forse qualche breccia si intravede.

È il tempo dei costruttori, scrive oggi sulla Stampa Massimo Giannini. Noi lo speriamo. "L'opinione pubblica ha chiaro - aggiunge il direttore Marco Tarquinio in prima pagina su Avvenire di questa mattina - prima il Paese, prima l'interesse generale". Da qua, dalla periferia lo diciamo spesso, lo scriviamo, lo ripetiamo e lo comprendiamo molto bene. Basta mettersi in ascolto della gente. Allora, basterebbe uscire dai palazzi e mettersi in strada. In un sistema bloccato, ormai al capolinea, a Draghi, l'uomo dell'Europa, tocca un compito difficilissimo. Intuiamo abbia già un ampio consenso tra i cittadini. Saprà trovarlo anche nelle aule parlamentari? In questo momento è quello che ci tocca sperare.

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