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Ad Assisi, la sinodalità come stile diaconale

Al 28esimo Convegno nazionale del Diaconato permanente

Da Cesena ad Assisi, due diaconi della diocesi di Cesena-Sarsina, con le mogli

“La Sinodalità come stile diaconale” è stato il tema del 28° convegno Nazionale del Diaconato Permanente che si è svolto ad Assisi dal 3 al 6 agosto. Gli oltre 200 diaconi di 43 diocesi, tanti con le proprie mogli, rappresentativi di 13 regioni, sono giunti nella terra francescana per una riflessione ad ampio respiro su un tema che vuole definire quale contributo possono e devono dare i diaconi nella chiesa perché acquisisca e viva sempre più uno stile sinodale.

Come sempre, il ritrovarsi fra diocesi diverse è stata occasione di tanta ricchezza e soprattutto gratitudine. Nel tempo che ben conosciamo in cui si evidenziano troppo spesso negatività e fatiche, si è messo in risalto la bellezza di una Chiesa che, coi piedi per terra, è sempre più chiamata a leggere i segni dei tempi, senza lasciarsi prendere dall’avvilimento, lo scoraggiamento e cerca la strada per dare nuovo significato al servizio. “Una Chiesa che è ancora organizzata come una carovana - come ha detto monsignor Erio Castellucci, arcivescovo di Modena-Carpi e vicepresidente della Cei - piuttosto che come tanti pellegrini portano con sé un agile zaino...”.

Il servizio diaconale e coniugale sa intercettare gli sguardi e soprattutto sa ascoltare in profondità, elemento fondamentale della sinodalità che è dare parola e camminare insieme. Anche monsignor Luis Marin De San Martin, sottosegretario del sinodo dei vescovi, ha invitato a far germogliare un modo più coerente e autentico di essere Chiesa, che vuol dire suscitare partecipazione, far fiorire corresponsabilità, discernere il tempo, guarire le ferite, intrecciare relazioni, risuscitare dal male, imparare ad amare questo mondo e agire con creatività. Le tante testimonianze hanno portato commozione e un senso di vivo ringraziamento per chi ci ha fatto vedere una chiesa che opera spesso nel nascondimento e nel silenzio, ma bella, attenta alla storia di chi incontra, di chi lancia un “urlo”, di chi è in carcere, di chi grida dignità... quel che serve per far scattare interrogativi e desideri, preghiera e movimento, azioni e contemplazioni: elementi mai da disgiungere.

Anche il saluto e il messaggio online del cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei, ha evidenziato come il diacono debba essere esperto di umanità senza perdersi nel clericalismo, nel carrierismo che immobilizzano un servizio nato per essere dinamico. La coppia diaconale, (perché si parla essenzialmente di diaconi sposati) è chiamata a questa meravigliosa missione con umiltà e fortezza, mai a briglie sciolte, ma in comunione con la realtà parrocchiale in cui opera.

I quattro laboratori hanno scandito un tempo impegnativo, ma affascinante a cui neppure l’inclemente calura estiva ha tolto valore e importanza. E ora il cammino continua nelle nostre Diocesi, con la bellezza di aver condiviso uno squarcio di Chiesa da portare nel cuore e vivere nel mondo.

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