Dalla Chiesa
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ANNIVERSARIO

Dieci anni senza il cardinal Tonini. Resa pubblica una pagina dei suoi diari: "In casa ho imparato a vedermi come mi vedeva il Signore"

Pubblichiamo il primo testo di questo patrimonio di pensieri intimi, ancora inediti

Monsignor Ghizzone celebra Messa in ricordo del cardinale Tonini

“Ha lasciato un’impronta”, da sacerdote e vescovo ma anche con un altro “ministero”, fatto di incontri e relazioni e caratterizzato da un linguaggio ricco e profondo capace di trasmettere i valori del Vangelo. Lo ha detto questa mattina l’arcivescovo di Ravenna-Cervia, monsignor Lorenzo Ghizzoni alla Messa in ricordo del cardinal Ersilio Tonini nel decimo anniversario della morte. Ma tanti di coloro che erano seduti nei banchi della chiesa superiore di Santa Teresa possono testimoniarlo con episodi più o meno personali o conosciuti di incontri con “il cardinale”.

“Riconoscenza” è infatti la parola che è risuonata di più nella chiesa di Santa Teresa, dai sacerdoti che sono stati ordinati da lui o lo hanno conosciuto che hanno concelebrato con l’arcivescovo, agli amministratori locali, ai rappresentanti di associazioni e movimenti ai ravennati. “Noi di Santa Teresa ci sentiamo fortunati – ha detto nell’omelia il direttore dell’Opera don Alberto Graziani – . Siamo consapevoli di essere stati scelti come luogo significativo della carità, nel quale l’amore circola in mezzo al dolore, luogo di raccoglimento per lui che richiama ai valori del dono e della pienezza di vita, e soprattutto come residenza e casa”.

“Da lui abbiamo ricevuto lo stimolo a ricercare quello che è più grande – ha proseguito don Graziani -. E da qui nasce l’esigenza di dare il proprio contributo, impegnandoci con regolarità tra il locale e il mondo. Ci ha insegnato la gioia di essere costruttori di bene e ricercatori di valori universali. Lo seguivamo volentieri perché lui ci precedeva in quello che insegnava”.

Infine la parola è passata a lui, al cardinal Tonini. Al termine della Messa, l’arcivescovo ha letto uno dei suoi pensieri tratti da uno dei diari che sono stati raccolti e trascritti, dopo la sua morte, dalla sua storica segretaria, suor Paola Pasini e da Giovanna Pinna. Si tratta di pagine spirituali e intime e quella letto stamattina è la prima pagina resa pubblica di questo patrimonio di pensieri, ancora inediti. Un testo nel quale si coglie forse l’origine spirituale di quello stupore e riconoscenza che in tanti hanno visto nelle sue parole e nel suo stile di pastore. Lo pubblichiamo di seguito.

***

Logico, in questo contesto il ricomparire affollato di ricordi di mia madre e del clima di fede che accanto a lei ho respirato. Ho scritto clima ma avrei dovuto dire “paesaggio”, voci, colori, gesti, sentimenti, in una parola l’intera realtà di cui ho vissuto: quel dispiegare di corpo e anima nella più felice delle libertà; quella del pesce nel suo mare o dell’occhio entro la luce o ancor più dei polmoni nell’ampia pianura dei miei campi di Quattro Cascine.

Ed è di qui che da questo stato d’animo ha fatto irruzione nella mente un’ondata di pensieri inconsueti, e registrarli mi giova, per quanto ne rimane traccia.

Lì in quella casa , entro quel paesaggio – me ne accorgo oggi – le cose esistevano per davvero “solo come viste da te, Signore”. E l’animo mio le ha viste e gustate così; e capisco ora che fu grazia squisitissima. Fu lì che le tante cose – campi, prati, alberi, stagioni – si offersero alla mente mia, felici di consegnarsi dopo lunga attesa, consegnarsi al loro destinatario e lì riposare.

Più che tutto, è me che ho imparato a vedermi come visto dal Signore: vedermi esistente dentro gli occhi di lui, come gli occhi della mia Sorgente: così perché insegnamenti di mia madre. E non solo per gli insegnamenti ma anche e più ancora per quel suo modo di guardarmi e di seguirmi che si capiva bene, sapevano anch’essi dell’estimazione della sorgente.

E furono gli stessi occhi, segnati dallo stupore della nascita, mirarmi a lungo per ore, prima di chiudersi per sempre, là nell’ospedale di Fiorenzuola, dopo avermi affidato i suoi figli.

È poi accaduto che in quella casa – povera ma serena – anche gli avvenimenti e le azioni, le fortune, i beni e i mali si valutavano sempre  come “esistono davanti a Dio”: anzitutto svegliarsi al mattino, visto come accogliere la vita direttamente dalle mani del Signore, a mo’ di nascita e la preghiera a mo’ di primizia che rinnovava l’atto di accoglienza e di stupore della madre; la preghiera della sera in famiglia, intesa come riconsegna del dono ricevuto al mattino.

E che cos’erano poi, le grandi norme sapienziali attorno ai veri beni della coscienza se non  un valutare ogni scelta non dalle apparenze, non dai comportamenti degli altri ma soltanto come “bene o male dentro lo sguardo di Dio?”

Che fortuna, o mio Signore, aver scoperto, già dai primi anni, la differenza enorme – anzi il contrasto radicale – tra i beni veri e quelli appariscenti o beni duraturi e quelli provvisori, tra la voce degli istinti e quella della coscienza, tra l’ammirazione della gente e la compiacenza di Dio.

E che grazia aver trovato in mio padre l’uomo sereno, quasi orgoglioso di una povertà onesta, arricchita dalla benevolenza verso tutti e – quel che più importava – dalla coscienza netta. “Tenetelo bene in mente, ragazzi: un pezzo di pane, volersi bene e la coscienza netta”.

Ci ha poi pensato il seminario ad approfondire, sviluppare e fortificare la vita interiore nello scambio del tu per tu con il Maestro intimo, nostro Signore Gesù Cristo e nel contempo dilatare i desideri, anzi l’appassionarsi per la “salvezza delle anime”, come s’usava dire allora. E anche questo – me ne rendo conto ora – era un “Guardare gli uomini come esistono davanti a Dio”. Perché è soprattutto degli uomini che si può dire “che essi esistono soltanto come visti da te, solo come visti da te noi uomini esistiamo, Signore.

***

Subito dopo la Messa, l’arcivescovo Lorenzo e il direttore di Santa Teresa, don Alberto Graziani, si sono recati in Duomo per una preghiera e un omaggio sulla tomba del cardinale Tonini.

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