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il santo di oggi

Il giorno di Maria Addolorata

Quante mamme, spose, figlie, sorelle sono state rese a te simili dai conflitti, le guerre, gli incidenti stradali, sul lavoro, dalla droga o dall’alcol, nella violenza negli stadi, nei disastri ambientali e nelle catastrofi di cui noi siamo i primi colpevoli, e le vittime del bullismo, i suicidi, la disperazione

Il giorno di Maria Addolorata

“Stabat Mater doloròsa, iuxta crucem lacrimòsa, dum pendebat Filius..”

(dallo “Stabat Mater” di Jacopone da Todi)

(Proemio)

La devozione alla Beata Vergine Maria Addolorata, prese piede a partire dalla fine del XI secolo e fu anticipo di quella futura che sfocia nella festa di oggi. Andava consolidandosi un forte sentimento nei confronti della Vergine Addolorata, creando diverse opere: “Liber de passione Christi et dolore et planctu Matris eius” o “il Pianto della Vergine” o il famosissimo “Stabat Mater” in latino, attribuito a Jacopone da Todi, che oltre venne a comporre più tardi, in lingua volgare, le famose “Laudi”.. da questa pia devozione ebbe origine la festa dei “Sette dolori di Maria SS.ma”. Sorsero Ordini e Confraternite laicali votate alla Passione della Vergine. Ad esempio, i più famosi sono i Servi di Maria. Nel 1233, nacque a Firenze per ispirazione dalla Vergine Maria, l’Ordine dei frati “Servi di Maria”, fondato dai “Sette Santi”. L’Ordine che già nel nome si qualificava per la devozione alla Madre di Dio, si distinse nei secoli per l’intensa venerazione e la diffusione del culto dell’Addolorata, scelta come patrona dell’Ordine; il 18 agosto 1714 la Sacra Congregazione dei Riti approvò la messa votiva a Maria dei Sette Dolori di Maria. Il 18 settembre 1814 papa Pio VII estese la festa liturgica alla terza domenica di settembre e a tutta la Chiesa, con inserimento nel calendario romano. Pio X fissò la data definitiva: il 15 settembre, subito dopo la celebrazione dell’Esaltazione della Croce, con memoria non più dei “Sette Dolori”, ma con il titolo che oggi celebriamo: Beatissima Vergine Maria Addolorata.

“Guardate se c’è un dolore simile al mio!” (Lam 1,12)

Questa “profezia”, presa dal libro delle Lamentazioni, scritto da Bàruc scriba per il profeta Geremia, possiamo accostarla a Maria Addolorata. Uno status che “calza a pennello” e ci aiuta ad entrare nel mistero della sofferenza (redentrice?) di Maria. Come ho già scritto altre volte non c’è sofferenza più grande di una madre assistere la morte del proprio figlio. Qui, ancora di più. Una madre presente allo scempio del corpo del figlio, che è uomo, ma è pure Dio. Un uomo chiamato a farsi carico della Redenzione salvifica dell’umanità. Maria è lì, sotto la croce. All’istante mentre contempla il figlio appeso al patibolo, straziato, insultato, contestato, flagellato.. crolla a terra moralmente. E’ quello che più la affligge, è vedere Gesù trattato in quella maniera. Il suo figlio che per ben tre anni ha percorso in lungo e in largo la Palestina facendo del bene, miracoli, grazie, guarigioni. E quelli che avevano elargito il bene da Gesù sono coloro che lo rifiutano. Ogni tanto Maria alza il viso da terra verso il volto del suo bambino, quel bellissimo volto tante volte accarezzato, coccolato e baciato, adesso è lurido di polvere, sputi, sangue, sudore. Quel volto emaciato, spento, smorto. Dalla bocca con un filo di voce: ”Donna, ecco tuo figlio”. Anche nell’attimo più doloroso, colei che è sua madre, deve accettare quest’ultimo schiaffo morale. E ora, nemmeno in quell’ultimo istante si sente chiamare dal figlio, “mamma”. No, non c’è soddisfazione per te Madre di Dio. C’è un destino di dolore da accettare e da compiere. Madre chi ti consola? Chi ti asciuga il volto irrigato dalle lacrime? Chi ti offre il braccio per sorreggerti? E’ vero Maria, tu sei la Derelitta. Il tuo cuore immacolato è colmo di tristezza. Maria è in piedi, diritta come una colonna, silente, davanti al tuo Gesù trafitto dalla lancia.. Ecco la spada promessa da Simeone. Si compie la profezia. (Lc 22,35) Quella spada penetra il tuo cuore squarciandolo. Quella pugnalata ti attraversa il cuore e l’anima. Per te non c’è consolazione, ristoro, pace. No, anche tu devi bere il calice dell’obbedienza. (Lc 39,42) Ecco madre, te lo pongono in grembo. Da quant’è che non lo prendevi in braccio il tuo bambino? Un fremito, un sussulto, il cuore sta per esplodere in un grido di dolore lancinante verso il cielo plumbeo: “Perché? Perché? Perché? La risposta arriva direttamente lì nel tuo cuore oramai allo spasimo. L’amore. L’amore è la risposta. L’amore chiede tutto, senza riserve, senza risparmi, senza domande. l’amore o madre mia addoloratissima lo sai bene è l’altra faccia della moneta che nessuno vuole, nessuno cerca, nessuno chiede e tutto distrugge: il dolore. Chi ama veramente ama perché sa soffrire; non esiste sofferenza senza amore. Allora o madre, ti prego, oggi, in modo speciale, di aiutare tutte quelle madri che sono al capezzale di un figlio o di una figlia o di una persona cara e faticano nell’assistenza. Sii tu la speranza là dove non si spera più. Sii tu il conforto, la consolazione. Compatisci quelle anime, che su di un letto di ospedale o a casa, da tempo gemono. Dona un po’ di sollievo e sostieni il loro spirito provato. Quante mamme, spose, figlie, sorelle sono state rese a te simili dai conflitti, le guerre, gli incidenti stradali, sul lavoro, dalla droga o dall’alcol, nella violenza negli stadi, nei disastri ambientali e nelle catastrofi di cui noi siamo i primi colpevoli, e le vittime del bullismo, i suicidi, la disperazione. Quante madri ancora piangono? C’è bisogno di te Maria, tu, tu sai, perché sei con Lui, tu puoi, perché a te non dice di no, allora madre santa, tu vedi e provvedi.

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