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Un cuore di pastore che non chiude mai la porta

La Dichiarazione che apre alla possibilità di semplici benedizioni alle coppie irregolari, l’atteggiamento di Gesù e il magistero di Francesco

Un cuore di pastore che non chiude mai la porta

"Nemo venit nisi tractus", nessuno si avvicina a Gesù se non è attratto, scriveva sant’Agostino parafrasando le parole del Nazareno: «Nessuno viene a me se non lo attira il Padre mio». All’origine dell’attrattiva verso Gesù – quell’attrazione di cui parlava Benedetto XVI ricordando il modo con cui la fede si diffonde – c’è sempre l’azione della grazia. Dio sempre ci precede, ci chiama, ci attira, ci fa muovere un passo verso di Lui o almeno accende in noi il desiderio di fare quel passo anche se ancora ci sembra di non averne la forza e ci sentiamo paralizzati.

Il cuore di un pastore non può restare indifferente di fronte alle persone che si avvicinano a lui chiedendo umilmente di essere benedette, qualunque sia la loro condizione, la loro storia, il loro percorso di vita. Il cuore del pastore non spegne il lumicino fumigante di chi avverte la propria incompletezza sapendo di essere bisognoso di misericordia e aiuto dall’alto. Il cuore del pastore intravede in quella richiesta di benedizione una crepa nel muro, un minuscolo spiraglio attraverso il quale la grazia potrebbe essere già all’opera. E dunque la sua prima preoccupazione è di non chiudere la piccola crepa, accogliendo e implorando benedizione e misericordia affinché le persone che ha di fronte possano iniziare a comprendere il disegno di Dio sulla loro vita.

Questa consapevolezza di fondo traspare in Fiducia supplicans, la Dichiarazione del dicastero per la dottrina della fede sul senso delle benedizioni , che apre alla possibilità di benedire coppie irregolari, anche dello stesso sesso, chiarendo con nettezza che benedire in questo caso non significa approvare le loro scelte di vita, e ribadendo pure la necessità di evitare qualsiasi ritualizzazione o altri elementi che possano imitare anche lontanamente un matrimonio. È un documento che approfondisce la dottrina sulle benedizioni, distinguendo tra quelle rituali e liturgiche, e quelle spontanee che si caratterizzano piuttosto come atti di devozione legati alla pietà popolare. È un testo che rende concrete, dieci anni dopo, le parole scritte da papa Francesco in “Evangelii gaudium”: «La Chiesa non è una dogana, è la casa paterna dove c’è posto per ciascuno con la sua vita faticosa».

L’origine della Dichiarazione è evangelica. Quasi in ogni pagina del Vangelo Gesù infrange tradizioni e prescrizioni religiose, perbenismo, convenzioni sociali. E compie gesti che scandalizzano i benpensanti, i sedicenti “puri”, coloro che si fanno scudo di norme e regole per allontanare, respingere, chiudere porte. Quasi in ogni pagina del Vangelo vediamo i dottori della legge cercare di mettere in difficoltà il Maestro con domande tendenziose per poi mormorare indignati di fronte alla sua libertà traboccante di misericordia: «Costui accoglie i peccatori e mangia con loro!».

Gesù era pronto a correre verso la casa del centurione di Cafarnao per guarirgli il servo amato, senza la preoccupazione di contaminarsi entrando nell’abitazione di un pagano. Ha permesso alla peccatrice di lavargli i piedi di fronte agli sguardi giudicanti e sprezzanti dei convitati, incapaci di comprendere perché non l’allontanasse. Ha guardato e chiamato il pubblicano Zaccheo mentre se ne stava abbarbicato sui rami del sicomoro, senza pretendere che prima di ricevere quello sguardo di misericordia lui si convertisse e cambiasse vita. Non ha condannato l’adultera che pure secondo la legge era passibile di lapidazione, ma ha disarmato le mani dei suoi carnefici ricordando loro che anch’essi – come tutti – erano peccatori. Ha detto di essere venuto per i malati e non per i sani, ha paragonato sé stesso alla singolare figura di un pastore disposto a lasciare incustodite 99 pecore per andare a cercare l’unica che si è smarrita. Ha toccato il lebbroso guarendolo dalla malattia e dallo stigma di “intoccabile” reietto. Questi “scartati” hanno incrociato il suo sguardo e si sono sentiti amati, destinatari di un abbraccio di misericordia donato loro senza alcuna precondizione. Scoprendosi amati e perdonati si sono resi conto di ciò che erano: poveri peccatori come tutti, bisognosi di conversione, mendicanti di tutto.

Ha detto papa Francesco ai nuovi cardinali nel febbraio 2015: «Per Gesù ciò che conta, soprattutto, è raggiungere e salvare i lontani, curare le ferite dei malati, reintegrare tutti nella famiglia di Dio. E questo scandalizza qualcuno! E Gesù non ha paura di questo tipo di scandalo! Egli non pensa alle persone chiuse che si scandalizzano addirittura per una guarigione, che si scandalizzano di fronte a qualsiasi apertura, a qualsiasi passo che non entri nei loro schemi mentali e spirituali, a qualsiasi carezza o tenerezza che non corrisponda alle loro abitudini di pensiero e alla loro purità ritualistica».

La «perenne dottrina cattolica sul matrimonio», puntualizza la Dichiarazione, non cambia: solo nel contesto del matrimonio fra un uomo e una donna «i rapporti sessuali trovano il loro senso naturale, adeguato e pienamente umano». Bisogna dunque evitare di riconoscere come matrimonio «ciò che non lo è». Ma in una prospettiva pastorale e missionaria, ora non si chiude la porta a una coppia “irregolare” che viene a chiedere una semplice benedizione, magari in occasione di una visita a un santuario o durante un pellegrinaggio. Lo studioso ebraico Claude Montefiore ha identificato la peculiarità del cristianesimo proprio in questo: «Mentre le altre religioni descrivono l’uomo alla ricerca di Dio, il cristianesimo annuncia un Dio che cerca l’uomo... Gesù ha insegnato che Dio non aspetta il pentimento del peccatore, va a cercarlo per chiamarlo a sé». La porta aperta di una preghiera e di una piccola benedizione può essere un inizio, un’opportunità, un aiuto.

Fonte: Vatican News
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