Roma
Visita ad limina, il vescovo Douglas Regattieri presiede la Messa a San Giovanni in Laterano
L'omelia: “Anche nell’indifferenza del mondo, continuare a servire”
La basilica di San Giovanni in Laterano ha accolto, ieri pomeriggio, i fedeli delle diocesi dell’Emilia-Romagna arrivati a Roma per accompagnare i loro vescovi impegnati nella visita ad limina. Dopo l’udienza di ieri mattina (vedi notizie richiamate), i gruppi delle diocesi di Forlì, Bologna, Piacenza e Rimini insieme ad altri fedeli delle diocesi della regione hanno partecipato alla celebrazione eucaristica presieduta dal vescovo di Cesena-Sarsina Douglas Regattieri, il decano della delegazione e concelebrata da tutti i vescovi della Ceer.
“Siamo qui in una delle più antiche ed importanti chiese d’Occidente dedicata al Santissimo Salvatore - ha detto monsignor Regattieri nell’omelia -. In questa chiesa madre per la Chiesa e per il mondo, ci ritroviamo nello spirito della fraternità. Noi, pastori di chiese sorelle siamo venuti per rinnovare la nostra fede ed esprimere la volontà di essere in comunione con Pietro. Il Signore ci conceda di attingere la grazia divina, tornare arricchiti della bellezza dello stare insieme e di rinvigorire il nostro servizio pastorale”.
L’intera omelia si è concentrata sul tema del servizio, declinato dal punto di vista dei vescovi, a partire dal Vangelo del giorno (Matteo 20, 17-28) nel quale Gesù chiede a Giacomo e Giovanni: “Potete bere il calice che io sto per bere?”.
“Siamo stati chiamati - ha proseguito il vescovo - a servire e non a farci servire e nemmeno a servirci degli altri. Noi veniamo dopo la croce, sappiamo cosa significa dare la vita, i contorni di quel calice li conosciamo bene. Ognuno di noi siede su una cattedra che non ha cercato, né voluto ma ha accolto con fede. Servire significa continuare a stare seduti su quella cattedra anche quando c’è avversione, rifiuto, opposizione. Servire significa offrire i tesori della grazia consapevoli che questo è il vero bisogno dell’umanità ma anche scendere da quella cattedra e curare le ferite, ascoltare il grido dei poveri”.
Oggi, ha concluso il presule, questa testimonianza affronta l’indifferenza del mondo. “Non siamo molto considerati nella cultura di oggi, pare che non siamo così necessari. È questa la persecuzione a cui siamo sottoposti: l’indifferenza. Che fare, dunque? Continuiamo a servire. Siamo degli intercessori, pontefici per il nostro popolo, chiamati a parlare a Dio per loro, amare questo nostro popolo, come abbiamo promesso, fino alla morte”.
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