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I 50 anni della Caritas diocesana. Il vescovo Douglas: "Sono tanti i poveri e di diverse povertà"

Il presidente di Caritas italiana, monsignor Redaelli: "Questo anniversario è un'occasione per ringraziare dei doni ricevuti e per quelli donati". Ivan Bartoletti Stella, direttore della Caritas diocesana: "La solidarietà in questo territorio non è mai mancata"

La foto è di Pier Giorgio Marini

"Cinquant'anni di storie e di vite". In queste poche parole pronunciate questa mattina dal direttore della Caritas diocesana, Ivan Bartoletti Stella, in apertura del convegno svoltosi al palazzo del Ridotto a Cesena, si può riassumere quanto realizzato in questo periodo di tempo, dalla fondazione, il 4 febbraio 1973, fino a oggi. Non solo una storia di un'attività che prosegue incessante accanto a chi ha meno o è meno fortunato, ma un farsi prossimo, una condivisione di esperienze, di tratti di strada non sempre facili. "È una Chiesa samaritana - ha aggiunto Bartoletti Stella - quella che ha aperto le porte alle migliaia di persone che negli anni si sono rivolte al Centro di ascolto o nei vari servizi che la nostra Caritas offre".

E poi gli operatori e i volontari, non meno importanti, e tutti coloro che si rendono in qualche modo disponibili. "E anche chi - ha fatto presente il direttore diocesano - ha messo a disposizione risorse e ha manifestato in qualche maniera solidarietà che, in questo territorio, non è mai mancata".

Il vescovo Douglas Regattieri, colpito da un lutto familiare per la morte del fratello (cfr pezzo a fianco) ha ringraziato per la vicinanza dimostrata da tanti. Poi ha aggiunto: "Faccio parte della presidenza di Caritas italiana. Vedo una grande passione. Il mio augurio è che questi due giorni di lavori aiutino tutta la comunità, e vale per tutti, a prendersi cura dei poveri, di tutti i poveri di diverse povertà".

"La Caritas si è ritagliata una funzione difficile da sostituire - ha aggiunto il sindaco di Cesena, Enzo Lattuca, che ha confermato il sostegno nella stessa misura dell'anno appena trascorso -. È una colonna, un'infrastruttura sociale. Svolge una funzione politica, di risposta ai bisogni della collettività, in un sistema pubblico. Della Caritas abbiamo bisogno anche per i prossimi 50 anni".

Sulla stessa lunghezza d'onda il saluto del sindaco di Cesenatico, Matteo Gozzoli: "In questi 50 anni - ha detto il primo cittadino - sono cambiati i bisogni dei meno abbienti. Io sono qui per ringraziare per il lavoro svolto sul territorio. Vi assicuro che non mancherà il nostro supporto. Senza il vostro lavoro non saremmo in grado di arrivare dove voi arrivate".

Tra i saluti istituzionali c'è stato anche quello di Ombretta Sternini della Fondazione della Cassa di risparmio di Cesena, a nome del presidente Roberto Graziani. "Assicuriamo la nostra vicinanza, pur con ridotte risorse, sui temi della povertà - ha detto - come nel caso del pagamento delle bollette per gli aumentati costi dell'energia".

L'arcivescovo di Gorizia, Carlo Roberto Maria Redaelli, presidente di Caritas italiana, ha messo in evidenza che celebrare 50 anni di vita significa avere "un'occasione per ringraziare dei doni ricevuti e per quelli donati". Questa è anche, ha aggiunto, un momento opportuno "per fare un po' di verifica e per tornare alle sorgenti di un impegno, come Chiesa nel suo insieme. La Carità è un elemento fondante per la Chiesa e non può essere delegata".

Per la comunità cristiana, ha proseguito il presule, "l'aiuto ai poveri fa unire la Chiesa, è uno strumento di comunione e riconciliazione, come potrebbe accadere oggi con il terremoto in Turchia e in Siria e come potrebbe anche avvenire con la guerra in Ucraina. La Caritas è un elemento di riconoscibilità per la Chiesa. Da questo vi riconosceranno che siete miei discepoli, si legge nel Vangelo".

Monsignor Redaelli ha ricordato le due vie indicate da papa Francesco alla Caritas italiana in occasione dei 50 anni di fondazione: la via degli ultimi e la creatività. Chi sono e dove sono gli ultimi? Oggi bisogna andare a cercarli e occorre anche una verifica su come vengono gestite le risorse. In merito alla creatività, il vescovo ha parlato di bellezza: "i centri di ascolto devono essere belli, come anche le mense. È un segno di accoglienza. E poi dare spazio ai giovani e lasciate che i giovani si predano il loro spazio".

Partire dalla realtà, perché come indica papa Francesco nell'esortazione apostolica Evangelii guadium (n. 231) la realtà è superiore all'idea. Da questa osservazione è partito il direttore di Caritas italiana, don Marco Pagniello, che ha ricordato: "tra gli ultimi non si sono solo i poveri. Ci sono anche i giovani chiusi in casa, gli anziani soli, le piccole comunità sull'Appennino che si spopolano".

Ha proposto anche un esame di coscienza don Pagniello: "La sfida è quello di guardare il mondo, la società e anche la Chiesa con il cuore degli ultimi, puntando su formazione e spiritualità, su una conversione ecologica integrale, il protagonismo dei giovani, la partecipazione e le periferie locali e globali".

Quindi il direttore della Caritas italiana ha indicato quattro priorità. Primo: ascolto e inclusione delle persone nella comunità. Secondo: realizzare un discernimento comune. No ai profeti solitari. Terzo: aiutare gli ultimi a dire ciò di cui hanno bisogno. Quarto: testimonianza e animazione della comunità.

Siamo davanti a una povertà che uccide, ha proseguito don Pagniello, e a una che libera. "La prima è la miseria che è figlia dell'ingiustizia. La seconda risiede nell'amore vicendevole, nel portare i pesi gli uni degli altri. E nell'incontro che crea relazioni".

In quest'ottica, ha aggiunto il direttore nazionale, molte Caritas diocesane stanno ripensando alle loro mense: luoghi più piccoli dove ci si può conoscere per nome. Al massimo 20-30 persone. Come dice papa Francesco, ha concluso don Pagniello, dobbiamo fare in modo che "gli stessi poveri possano diventare protagonisti del cambiamento. Non siamo chiamati a servire i poveri, ma a costruire relazioni con loro".

Sono seguite, alle relazioni principali, alcune testimonianze di protagonisti di questi 50 anni della Caritas diocesana. Tra i fondatori, don Renato Serra, allora diacono e da poco ex parroco di Sarsina. "Più delle parole - ha detto il sacerdote - sono stati gli avvenimenti che ci hanno educato alla Carità. Il terremoto in Friuli del 1976, quello in Irpinia del 1980. La storia vissuta ci ha preso per mano e ci ha insegnato. Le persone incontrate ci hanno educato. In un povero c'è sempre il volto di Gesù. Quindi, lasciarsi educare dai poveri significa lasciarsi educare da Gesù".

Valeria Gentili, tra i promotori del Centro di ascolto della Caritas, ha ricordato diversi nomi. Tra i tanti quello del direttore diocesano don Aldo Casadei, quello di Teresa Girotti della San Vincenzo de Paoli. Poi da Bruna Buratti e suor Maddalena, Flavia, Claudio...

Alberto Pracucci, avvocato ed ex obiettore di coscienza, ha fatto memoria dell'importanza di "fare con qualcuno e non per qualcuno. Questa esperienza ha condizionato poi la mia vita familiare e anche quella professionale dove ci sono state sempre porte aperte per tutti. Ho anche imparato che la legge non è uguale per tutti". 

Il diacono William Tafani, presidente della Mater caritatis, il braccio operativo della Caritas diocesana, ha letto un testo del primo presidente, il diacono Gino Della Vittoria il quale, nel suo scritto, ha citato diversi protagonisti: don Carlo Meleti, allora presidente della Caritas diocesana, Gaudenzia Molara, Giovanni Maroni, Alfredo Magnani, Anna Fantini e suor Daniela Scarpellini. Una citazione è stata fatta anche per Piero Tappi, presidente dell'associazione volontari Caritas.

Giorgio Pollastri dell'associazione papa Giovanni XXIII fondata da don Oreste Benzi ha ricordato i coniugi Bruna e Consiglio Pistocchi. "Mi ricordo - ha detto Pollastri - quando don Benzi portava di notte da loro un bambino o una donna raccattata per strada. Loro avevano una casa sempre aperta, come poi abbiamo fatto noi, con mia moglie Rosa. Io avevo 23 anni, ero povero di tutto, uno mi ha teso una mano e sono salito su un treno che non so dove mi porterà, ma sono ancora su quel treno. Da un anno siamo nella casa del vescovo Douglas, un fatto molto importante per noi. Da quattro anni, sempre nel vescovado, è aperta una casa di accoglienza notturna per 12 disperati, ogni notte. Con voi della Caritas condividiamo questa vita con gli ultimi. Come la vita di Antony che è qui oggi con noi, 37 anni. Sono loro che ci aiutano a capire i passi da fare. Loro sono i protagonisti".

Antony, etiope, con madre del Ghana, scappò dalla guerra con una sorella. Ha vissuto in Africa per anni in strada, una vita durissima. Due anni li ha trascorsi in Libia, poi su un barcone è arrivato a Lampedusa. "Non è mai andato a scuola - ha precisato Pollastri -. Si è sposato, ha avuto un figlio, ma raccattava tutti quelli che avevano bisogno, come aveva avuto bisogno lui. Il matrimonio con un'italiana non è durato. Ha fatto un po' di galera. Per sei anni ha dormito in strada. Poi un giorno ha detto di sì ai nostri che lo hanno incontrato più volte. E così è iniziata l'avventura".

"Giorgio è come mio padre - ha detto Antony con molta foga -. E sua moglie Rosa è come mia madre. Grazie a tutti". Antony ora ha il permesso di soggiorno e un'identità.

Il sociologo Giancarlo Dallara ha illustrato l'ambulatorio solidale, per stranieri non coperti dal Servizio sanitario nazionale. "È un presidio che integra quelli pubblici - ha precisato -. E anche l'accompagnamento. Vi operano sei medici, tre infermieri professionali e una psicologa e alcuni medici specialisti. È un servizio che la Caritas ha promosso, a beneficio di tutti".

Durante la mattinata sono state proiettate alcune slide con il riassunto dei numerosi servizi offerti dalla Caritas e delle connessioni attive in diverse direzioni. All'interno anche un breve video con le parole dell'operatore Andrea Casadei che si occupa di alcune case di accoglienza. "Prima di iniziare questo servizio avevo anche un po' di timori. Poi ho scoperto che per me è un piacere venire in queste abitazioni e con queste persone. Ho imparato ad ascoltare e a non giudicare". 

Qui di seguito la foto gallery di Pier Giorgio Marini

I 50 anni di Caritas

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