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Il cardinale Semeraro su Ratzinger: "Cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati"

L'incontro si è svolto ieri sera in Cattedrale, a Cesena. Nel corso della serata presentato il volume "Ratzinger a Cesena"

Nella foto di Pier Giorgio Marini, il cardinale Marcello Semeraro, al centro, ieri sera in Cattedrale a Cesena

“Un semplice e umile lavoratore nella vigna del Signore” è stato titolo della riflessione su Benedetto XVI guidata dal cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, intervenuto ieri sera, giovedì 22 giugno, in Cattedrale a Cesena. Riflessione sulla figura e sul magistero di Benedetto XVI che ha assunto, a tratti, anche il tono della testimonianza perché occasione per il cardinale di «scavare nel cuore per far emergere momenti di vita». La prima parte dell’incontro ha preso spunto dall’opera “Introduzione al cristianesimo” che rese noto l’allora professore Ratzinger e che maggiormente «esprime il suo pensiero, la sua teologia e il suo sguardo sul mondo», ma anche «la sua figura e il ruolo che ha svolto nella Chiesa».

Nel racconto iniziale del testo, letto dal cardinale, nel clown che supplica gli abitanti del villaggio ad accorrere perché il circo stava bruciando, ma che, proprio perché vestito da pagliaccio, molti applaudivano, ridendo, e non credevano si può intravedere lo stesso Ratzinger. «Siamo un po’ tutti come quegli abitanti del villaggio», ha detto il cardinale «che pensano di trovarsi davanti a una recita e non comprendono che il villaggio brucia». Secondo Ratzinger quello era il tempo che si viveva nel 1968, ma il periodo che viviamo è ancora caratterizzato da «improvvisazione, frammentarietà, buona dose di confusione». Ratzinger diceva spesso nelle sue analisi della situazione, ha ricordato il cardinale, «che noi siamo troppo presi sul factum, su quello che sta avvenendo adesso e abbiamo rotto i ponti con il passato».

Papa Francesco, oggi, quando parla dell’importanza della figura dei nonni lo fa non per sentimentalismo, ma proprio come richiamo a una tradizione che rimanda alle nostre radici. Un altro importante discorso di Ratzinger, ha ricordato il porporato, è stato quello pronunciato a Parigi il 12 settembre 2008 all’incontro con il mondo della cultura. In conclusione il Pontefice diceva: «Per molti, Dio è diventato veramente il grande sconosciuto. Ma come allora dietro le numerose immagini degli dèi era nascosta e presente la domanda circa il Dio ignoto, così anche l’attuale assenza di Dio è tacitamente assillata dalla domanda che riguarda Lui. Cercare Dio e lasciarsi trovare da Lui: questo oggi non è meno necessario che in tempi passati».

E ancora una cultura che considerasse come soggettiva, non scientifica la domanda circa Dio «sarebbe la capitolazione della ragione, la rinuncia alle sue possibilità più alte e quindi un tracollo dell’umanesimo». Ratzinger ha visto i pericoli connessi alla crisi in atto, quella che con un linguaggio più immaginifico papa Francesco ha definito un cambiamento d’epoca e non un’epoca di cambiamenti, e ha spinto per uno scatto capace di andare oltre. La dittatura del relativismo è il pericolo maggiore che Benedetto XVI ha evidenziato per l’occidente che si trova dentro una radicalizzazione del pensiero illuminista e razionalista. L’uomo sempre più al centro ha portato a perdere di vista Dio. La domanda di Pilato “Cos’è la verità?” oggi trova risposta nella maggioranza. Non può esserci una verità vincolante per tutti. Questo Ratzinger lo scriveva in numerosi suoi saggi, ma lo ha ribadito il 18 aprile 2005 nella Messa pro eligendo Romano Pontifice. «Quanti venti di dottrina abbiamo conosciuto in questi ultimi decenni, quante correnti ideologiche, quante mode del pensiero»; «Avere una fede chiara, secondo il Credo della Chiesa, viene spesso etichettato come fondamentalismo. Mentre il relativismo, cioè il lasciarsi portare "qua e là da qualsiasi vento di dottrina", appare come l’unico atteggiamento all’altezza dei tempi odierni. Si va costituendo una dittatura del relativismo che non riconosce nulla come definitivo e che lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie. Noi, invece, abbiamo un’altra misura: il Figlio di Dio, il vero uomo. É lui la misura del vero umanesimo. "Adulta" non è una fede che segue le onde della moda e l’ultima novità; adulta e matura è una fede profondamente radicata nell’amicizia con Cristo».

La seconda parte dell’intervento ha avuto come riferimento la trilogia di Benedetto XVI su Gesù di Nazaret scritta non come Papa, ma «come autore privato». L’opera parte da un principio che noi troviamo in Gaudium et Spes al n.22: «Solo nel mistero di Cristo trova luce il mistero dell’uomo». Le storie evangeliche diventano così domande per l’uomo di oggi. La conclusione del cardinale si rifà invece all’Enciclica Spe salvi n.26: «Non è la scienza che redime l'uomo. L'uomo viene redento mediante l'amore». «Ma ben presto egli si renderà anche conto che l'amore a lui donato non risolve, da solo, il problema della sua vita. È un amore che resta fragile. Può essere distrutto dalla morte. L'essere umano ha bisogno dell'amore incondizionato», dell’amore di Dio che è in Cristo Gesù. Questo ci fa dire con le parole dell’Apostolo: «Vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me» (Gal 2,20)». Ha concluso il cardinale Semeraro: «nel mio lavoro al Dicastero mi sono proprio accorto che tutte le storie di santità cominciano con questa consapevolezza espressa da papa Benedetto XVI».

Al termine dell’intervento del cardinale Semeraro, monsignor Walter Amaducci ha condiviso il ricordo dell’incontro del 4 febbraio 1988 con il cardinal Ratzinger, allora Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede, al teatro “Bonci” e le motivazioni che lo hanno portato a curare il volume “Ratzinger a Cesena”. Il professor Marino Mengozzi ha presentato il volume, possibilità per il lettore «di rivivere, se fu presente, quell’avvenimento o di conoscere, se assente, una pagina significativa della nostra Chiesa e della nostra città».

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