Commento al Vangelo
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IL GIORNO DEL SIGNORE

Domenica 21 aprile - Quarta domenica Tempo di Pasqua - Anno B

GESÙ È IL BUON PASTORE CHE DÀ LA VITA LIBERAMENTE

At 4,8-12; Salmo 117; 1Gv 3,1-2; Gv 10,11-18

C’è chi ha trovato il “Maestro!” e chi, dopo tante reticenze, il “mio Signore e mio Dio”. Anche noi, aiutati da tanti fratelli e sorelle, siamo arrivati alla fede nel Cristo Risorto. Questo Gesù apparso alle donne, a Pietro, ai due di Emmaus, ai dieci, agli undici, ai cinquecento, e per ultimo a Paolo, è il buon pastore. Solo con lui possiamo superare ogni spiritualità individualistica. Il nostro problema consiste nel crescere e nel diventare santi insieme, aiutandoci nelle nostre reciproche responsabilità.

Nel brano di domenica 21 aprile (Gv 10,11-13) Cristo si identifica con il pastore buono, cioè perfetto: un vero modello. Ma perché, se lui non ha lasciato scritto nessun libro? In realtà egli ha inciso sulla storia con la sua totale obbedienza al Padre. Gesù - ‘colui che hanno trafitto’ - ha consegnato la propria vita a nostro favore, affinché nessuno si perda. Egli è il pastore ideale per tutti coloro che prima e dopo di lui svolgono la funzione di guida. Gesù è il contrario del mercenario, il vero pastore che ha amato i suoi e che li ha amati sino alla fine.

Il testo parla anche di lupi e pensiamo ai falsi profeti: anche oggi sono tanti coloro che si oppongono al Vangelo, alla Chiesa. E non sempre noi battezzati siamo senza peccato. Attenzione, prima di puntare il dito contro gli altri devo battermi il petto e chiedermi: so vivere la comunione fraterna? So vedere nell’altro una persona e il volto

di Cristo? «Io sono il buon pastore»: egli ci conosce sul serio. È unito a noi con la stessa corrente di amore che esiste nella sua relazione con il Padre. «E ho altre pecore che non provengono da questo recinto: anche quelle io devo guidare. Ascolteranno la mia voce e diventeranno un solo gregge, un solo pastore». Gesù parla di altre pecore, che sono ugualmente le sue, le quali non sono nel solito recinto. Eppure anche di queste si deve prendere cura. Cristo è pastore non solo di Israele, ma di tutti. Quando trarrà a sé le altre pecore si compirà la promessa dei profeti: «Un solo gregge e un solo pastore».

Rispetto all’Antico Testamento questa è la novità: Gesù è il buon pastore che dà la vita liberamente. Con Cristo risorto si aggiungono all’unico gregge anche le pecore errabonde, «quelle che non provengono da questo recinto», i «figli di Dio che erano dispersi». Le altre pecore procedono da tutte le genti, con tutte le loro ricchezze culturali.

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