Editoriale
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Giustizia in primis

Restano le ferite. Sono tante e sono da ricucire, prima possibile

Giustizia in primis

Le allerta si susseguono, una dietro l’altra. Lunedì scorso è stata un’altra giornata difficile, in Romagna. A Ravenna si sono registrati allagamenti anche in centro città. A Faenza, dove è tornato il fango, la gente ha paura e il rientro alla normalità sembra ancora lontano. Domenica sera a Cesena in via precauzionale è stato chiuso un sottopasso in zona universitaria. Il territorio collinare è un colabrodo per le centinaia di frane che si sono aperte nella notte fra il 16 e il 17 maggio. I collegamenti sono messi a dura prova e migliaia di altre micro frane minacciano la stabilità di vallate, borghi e paesi del medio Appennino romagnolo. Restano le ferite. Sono tante e sono da ricucire, prima possibile. Le campagne sono in parte ricoperte di uno strato di melma trasformatasi quasi in cemento.

Molte colture saranno a rischio per i prossimi anni. Le piogge battenti delle ultime settimane hanno pregiudicato i raccolti. Numerose persone hanno perso tutto, dagli arredi, all’auto, ai ricordi di una vita. Altre hanno visto compromesse le loro attività professionali. Su tutto questo disastro si è innescato un movimento di solidarietà che pochi si potevano aspettare. Lo segnaliamo come un germe positivo nato da un evento distruttivo. Ancora una volta si è ripetuta la dinamica descritta dalla parabola evangelica del seme che caduto in terra muore e poi produce frutto. Parabola che rimane dura da comprendere dal punto di vista umano. Da un altro tema non si può sfuggire. È tornato a parlarne papa Francesco ( cfr pag. 4  edizione cartacea) ricevendo in udienza i promotori del “Green and blue festival”, in occasione della Giornata mondiale dell’ambiente.

Una «società sempre più globalizzata – ha ricordato il Pontefice – ci rende vicini, ma non ci rende fratelli». Poi ha notato che le azioni messe in atto oggi avranno riflessi per migliaia di anni. E, ha aggiunto, «si è ampliata la nostra conoscenza». Questo fatto «ha accresciuto il nostro senso di responsabilità davanti a Dio, davanti al prossimo e alle future generazioni». Le ferite portate dal cambiamento climatico, ha notato il Pontefice, «sono paragonabili a quelle di un conflitto globale, dove il vero nemico è il comportamento irresponsabile» di alcuni a danno di tutti. Ecco perché metterci mano «è dapprima una questione di giustizia e poi di solidarietà». L’alluvione che ha colpito la Romagna è un’ennesima chiamata in causa. Nessuno può più sottrarsi a questa responsabilità globale e locale, collettiva e individuale.

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