Editoriale
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Il balletto dei colori

Appare inutile e pretestuoso invocare, da parte delle Regioni, il cambio di colore dopo pochi giorni. Serve solo a scaricare responsabilità, in un rimpallo poco decoroso

Il balletto dei colori

Regioni e Governo, prosegue la disputa. Ora la battaglia si è spostata sui colori. Nessuno vuole diventare rosso e se rosso è già stato dichiarato desidera subito passare almeno all’arancione. Chi invece da giallo, come noi dell’Emilia-Romagna, è salito all’arancione non vede l’ora di tornare al livello più basso per avere maggiore libertà di movimento e di commercio.

Sto parlando dei livelli di guardia da adottare per il contenimento della pandemia. “Un micidiale intreccio” tra Covid e Regioni che rischia di mettere un freno al nostro Paese, come ha scritto qualche giorno fa un noto commentatore. Un miscuglio in cui il cittadino, noi tutti presi uno a uno, spesso fatica nel cercare la normativa cui attenersi.

Ma perché mai dovremmo fare tutte queste rinunce, molti ancora si chiedono, nonostante l’esplodere dei contagi e i morti quotidiani tornati ai livelli della primavera scorsa. Perché deve toccare proprio a noi, se anche chi ha maggiori responsabilità cerca di scaricarle su altri per non essere coinvolto in decisioni oggi molto impopolari? Quali i motivi di tanto accanimento?

Nel balletto dei colori tutti rischiamo di perderci. Prima di tutto perché il virus va contenuto. E oggi l’unico modo per contrastarlo è quello del distanziamento e del rispetto delle norme di prevenzione che ci siamo dati da una decina di mesi: stare ad almeno un metro, indossare la mascherina, igienizzarsi spesso le mani. È difficile? Sì, è faticoso stare lontani, in particolare per noi italiani. A me e a noi mancano gli abbracci, le strette di mano, i ritrovi con amici, le feste in famiglia, le sagre di paese, il cinema, il teatro… Ci viene chiesto un sacrificio. In questo periodo abbiamo imparato che per vedere gli effetti di alcuni comportamenti virtuosi non basta un giorno e non ne bastano neppure due. Ci vogliono le settimane.

Appare inutile e pretestuoso invocare, da parte delle Regioni, il cambio di colore dopo pochi giorni. Serve solo a scaricare responsabilità, in un rimpallo poco decoroso. Il dietrofront del presidente del Friuli, con il ritiro dell’ordinanza concordata solo il giorno prima con Veneto ed Emilia-Romagna, dopo che la sua Regione è stata inserita tra quelle arancioni, si inserisce in questa scia.

La realtà oggi è cambiata. Non prenderne atto può risultare un atteggiamento infantile, come fanno i bambini quando si coprono gli occhi per non vedere una cosa che non gradiscono. Anche in questo caso, il principio di precauzione impone prudenza, per sé e per gli altri. Da questo virus, ricorda con insistenza papa Francesco, dobbiamo imparare. Inutile fingere di non sentire. Il messaggio è chiaro.

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