Editoriale
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Il lavoro che vogliamo

Una Settimana sociale, quella che domenica 29 ottobre si è conclusa a Cagliari, all’insegna di un umanesimo della concretezza. Un umanesimo che si prende cura dell’uomo in tutte le sue dimensioni: cognitiva, emotiva, manuale, sociale.
Al centro di tutto il senso del lavoro.

Il lavoro che vogliamo

Una Settimana sociale, quella che domenica 29 ottobre si è conclusa a Cagliari, all’insegna di un umanesimo della concretezza. Un umanesimo che si prende cura dell’uomo in tutte le sue dimensioni: cognitiva, emotiva, manuale, sociale.

Al centro di tutto il senso del lavoro. “La dignità del lavoro è la condizione per creare lavoro buono: bisogna perciò difenderla e promuoverla”, ha ricordato nel videomessaggio iniziale papa Francesco. Non tutti i lavori, però, sono degni perché sotto gli occhi abbiamo situazioni lavorative che offendono e umiliano la dignità della persona.

Abbiamo ascoltato commossi la testimonianza di Stefano Arcuri, marito di Paola Clemente morta al ritorno da una giornata di sfruttamento come operaia nei campi e ricordata, come tutte le altre vittime del lavoro, con un caloroso applauso nella preghiera finale dell’assemblea.

“Il lavoro è per la vita non per la morte” ha ammonito monsignor Santoro. Non ci può essere crescita se non ci si prende cura dei giovani e delle persone più fragili. L’istruzione del futuro non può essere solo rivolta alla professione e neanche a sviluppare abilità trasversali, ma occorre aggiungere anche una dimensione etica che formi il carattere. Occorre anche riscoprire il valore della dottrina sociale della Chiesa da riprendere in maniera sistematica.

La Settimana Sociale non è stata solo un confronto teorico. Sono emerse quattro proposte concrete consegnate al presidente del Consiglio Paolo Gentiloni e al presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani che vale la pena ricordare: rimettere il lavoro al centro dei processi formativi; canalizzare i risparmi dei Piani individuali di risparmio; accentuare il cambio di paradigma del Codice dei contratti pubblici con criteri di sostenibilità ambientale, parametri di responsabilità sociale; rimodulare le aliquote Iva per le imprese.

Il nostro ruolo non è quello dell’agenzia di collocamento sociale, ha ricordato il presidente della Cei cardinale Gualtiero Bassetti, ma è anche vero che la vita delle nostre comunità non può limitarsi alla catechesi, liturgia, processioni e benedizioni, ha sottolineato monsignor Santoro.

Ci siamo salutati con la consapevolezza di una conversione culturale da realizzare a cominciare dalle nostre comunità parrocchiali, dalle diverse aggregazioni laicali, dagli istituti religiosi. “Non possiamo chiedere la novità alla politica se prima non la viviamo noi”.

Tuttavia siamo anche consci che tutto ciò potrà accadere solo in forza di qualcosa che viene prima dell’economia e della politica: l’obbedienza allo Spirito. “Prima di ogni azione sociale o politica c’è uno spessore ecclesiale da vivere come luogo in cui la vita è rigenerata nell’appartenenza al mistero di Cristo e della Chiesa”.

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