Editoriale
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Messaggio natalizio del Vescovo Douglas

Natale, il volto di Dio nella storia

Tutti raccontano storie. Anch’io voglio raccontarvene una. Mi ha fatto bene. Spero faccia bene anche a voi.

Natale, il volto di Dio nella storia

Viveva molti anni fa, in una casa piccola e modesta, ai margini del paese anch’esso piccolo e modesto, una donna sulla cinquantina, con un piccolo bambino di cinque anni. Il marito era salito in cielo. Una grave malattia - di quelle che non perdonano - l’aveva portato via nel breve volgere di pochi mesi. I giorni, dopo il lutto dei primi tempi, trascorrevano, tutto sommato, sereni e tranquilli. I due vivevano del loro orticello e con qualche piccolo lavoretto che di volta in volta Sara accoglieva come dono inviato dalla Provvidenza divina che – ne era certa – non l’avrebbe mai abbandonata.

Ma la prova avrebbe bussato di lì a poco ancora una volta alla sua porta. Simone – questo era il nome del piccolo – una sera, mentre la mamma gli rimboccava le lenzuola e gli stampava, come suo solito, un bel bacio sulla guancia, disse di sentire in volto un gran calore. La mamma lo aveva osservato con attenzione, ma niente di anomalo. “Dormi, Simone, domani vedrai sarà tutto passato”, furono le sue parole rassicuranti. Ma al risveglio mattutino il calore non era diminuito e sulla fronte e sotto il mento erano apparse due piccole chiazze rosa che, ora dopo ora, divennero più intense, quasi rosse. A mezzogiorno tutto il corpo di Simone era costellato di chiazze rosse. E un gran prurito.

Il medico, prontamente consultato, non ne aveva fatto un dramma. Ma Simone sì!: “E adesso gli amici mi staranno lontano… mi escluderanno dai loro giochi… sarò costretto a stare solo come un lebbroso (!) in casa per tanti giorni”. E giù lacrime. E in effetti fu così. I giorni per Simone erano diventati tristi, le ore lunghe, le notti insopportabili.

Si era nella stagione fredda. Da qualche giorno la neve aveva coperto di una coltre bianca tutta l’aia davanti alla sua casa. Simone, dalla finestra di cucina, guardava fuori triste e si sentiva solo. Sempre chiuso in casa. Gli amici si erano dileguati. Neanche lo spettacolo della neve caduta abbondante era stato capace di recargli un po’ di gioia. Una sera, mentre era appiccicato ai vetri, là in fondo alla strada, vide spuntare un’ombra, un uomo, poi una donna con due bambini, poi un gruppo di persone e poi altri ancora; insomma quasi una processione. Con le loro lampade a olio nel buio della notte si affrettavano verso un punto ben preciso.

Mamma Sara si informò. Le notizie erano un po’ confuse, imprecise e anche contradditorie, ma tutte parlavano di un evento speciale che non si poteva non andare a vedere. “Andiamo anche noi”, supplicò Simone, nonostante la febbre alta, le chiazze rosse in tutto il corpo e il dolore alle ossa. Mamma Sara non seppe dire di no e, in fretta, avvolti dagli ampi mantelli, con la sciarpa ben avviluppata intorno alla gola e il berretto di lana in testa, guanti e scarponi pesanti, si immisero nella strada ignari di quanto poteva succedere, ma molto, molto curiosi…

Uno dietro l’altro camminavano nel buio con la lampada a olio che schiariva il sentiero pieno di neve. Nell’andare incrociavano alcuni che tornavano. Erano già stati a vedere quell’evento di cui tutti parlavano: “Guarda Tony, mamma, ha il sorriso sulle labbra: non l’ho mai visto così felice!”. “E Marianna, l’anziana nostra vicina di casa, sempre brontolona e scostante, guarda: sorride, anzi canta, canta di gioia…”. "Mamma, hai visto? C’è anche Marco, il mio amico del cuore; mi ha salutato e sorriso; sono giorni e giorni che non lo vedo…”. Incontrarono altri che facevano la strada del ritorno e tutti sembravano cambiati. “Ma cosa hanno visto laggiù?”, si chiedeva Simone, mentre aumentava la curiosità man mano che si avvicinava alla mèta.

Ed ecco: una vecchia stalla, abbandonata, con una gran luce dentro. Si avvicinarono. C’era poca gente; era ormai passata la mezzanotte da un po’. Alcune pecore, un asino e un bue scaldavano con il loro fiato un piccolo bambino deposto sulla paglia, in una mangiatoia. Una grande luce scendeva dal soffitto e illuminava quel bambino simile a un battufolo di lana bianca. Una musica dolce riempiva quel luogo senza vedere da qualche parte musicisti o strumenti musicali; qualcosa di misterioso spingeva a entrare. Simone, abbandonando la mano della mamma, con curiosità si avvicinò in fretta alla mangiatoia; guardando il bambino vide che si voltò verso di lui e allargando le braccine gli fece un gran sorriso. Erano giorni e giorni che Simone non incontrava qualcuno che gli sorrideva.

Non ebbe il tempo di gustare quel momento magico e appagante che la giovane madre – doveva avere poco più di 15-16 anni - con tanta delicatezza prese in braccio il suo bambino, slacciò delicatamente il corpetto della sua veste e dopo essersi un poco scostata dagli sguardi curiosi dei presenti, si mise ad allattare il suo piccolo. Tutti capirono: era il momento di lasciare la stalla e tornare alle proprie case. Una gioia profonda riempì il cuore di Simone e di Sara, quella stessa gioia che avevano visto stampata sul volto dell’arcigno Tony, della brontolona Marianna e dell’amico Marco. Il ritorno fu più veloce.

Simone, tenendo la sua manina in quella della mamma era cambiato; qualcuno, quel bambino gli aveva sorriso e allargato le braccia, appagandolo di tanti giorni di solitudine e di tristezza. Ora aveva incontrato e trovato un amico.

***

Pensavo: quant’è vera la frase di papa Francesco: “La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù”!

Se incontri Gesù, il cuore si riempie di gioia: sempre! Buon Natale!

Douglas, vescovo

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