Editoriale
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dopo l'alluvione e le frane

Non lasciateci soli

Una tragedia che per vastità e intensità, come molti hanno già detto, si può paragonare a quella di un forte terremoto

Non lasciateci soli

Un disastro. Quello che si è abbattuto sulla Romagna a partire da martedì della scorsa settimana, 16 maggio, è stato un autentico diluvio. Gli allagamenti che ne sono seguiti hanno invaso la pianura e paralizzato il territorio. I collegamenti sono stati interrotti e quelli ferroviari non sono ancora stati del tutto ripristinati. Rimane l’interruzione tra Forlì e Faenza e diverse tratte verso Ravenna rimarranno interdette a lungo. I lavori di ripristino appaiono lunghissimi.

Lo stesso ragionamento vale per la collina e la montagna. La pioggia battente si è infiltrata nei terreni fessurati dalla siccità. È entrata a tonnellate e ha trascinato a valle, nello stesso momento e in centinaia di luoghi diversi, versanti e boschi interi. Davanti a un evento così violento, le precauzioni adottate negli anni sono apparse del tutto inadeguate. È cambiata la morfologia delle valli e le strade devastate da voragini non si potranno più ricostruire sui medesimi tracciati. In città e nelle campagne, oltre la conta dei morti, sempre dolorosissima, gli allagamenti hanno creato danni incalcolabili alle famiglie e alle aziende. Migliaia di persone hanno perso tutto, dall’auto ai mobili, dai ricordi di una vita al posto in cui abitare.

Si è trattato di una tragedia che per vastità e intensità, come molti hanno già detto, si può paragonare a quella di un forte terremoto. In mezzo a questa devastazione che in poche ore ha fatto il giro del mondo è emerso molto forte il calore della solidarietà di cui noi italiani siamo capaci. Un calore che nonostante la melma maleodorante e il fango che si appiccica ovunque ha saputo fin da subito alleviare le sofferenze di chi ha visto l’ondata travolgere tutto e mettere a rischio la propria vita e quella dei propri cari.

Nello scorso fine settimana migliaia di giovani hanno occupato le nostre città alluvionate per andare ad aiutare quanti dovevano liberare case, garage e cantine. Lo hanno fatto perché hanno avvertito un moto che non li ha tenuti attaccati ai social se non per sapere dove c’era più necessità.

Questi giovani, che sono i nostri figli e i nostri amici, ci hanno stupiti e commossi.

Così come ci hanno stupiti quanti, e sono stati tantissimi, hanno offerto tempo, capacità, soldi, attrezzi, per portare un minimo di sollievo a chi in questo momento sta peggio. L’onda emotiva, come quella dell’acqua, pare passata.

Davanti a un bisogno che è immenso, la richiesta pronunciata da molti è stata “Non lasciateci soli”. Noi la rilanciamo anche da qui.

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