Editoriale
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Tempo ordinario

Passate le feste natalizie, ci siamo rituffati nel pieno delle abituali attività. Non è mai semplice tornare alla quotidianità, ai consueti ritmi che scandiscono le giornate. Rendere pieno il quotidiano è il cammino di chi, dopo il Natale appena accaduto, sa che ora tutto è diverso. Santificato

Tempo ordinario

Passate le feste natalizie, ci siamo rituffati nel pieno delle abituali attività. Non è mai semplice tornare alla quotidianità, ai consueti ritmi che scandiscono le giornate.

L'abbuffata collettiva di fine anno segna una sosta, si tratta quasi di una tregua (non per tutti, ovviamente) lungo i mesi, che consente di staccare per un po', ma che porta inevitabilmente anche con sé la fatica e le difficoltà della ripresa.

Queste le impressioni dei più, l'umore che si coglie in giro, nei dialoghi tra amici, nelle chiacchiere da bar, nell'ininterrotto parlare di radio e tv cui oggi si aggiunge il gran frastuono dei social, attivi più che mai, e non solo tra i più giovani.

Perché torno su questo argomento, qualcuno si potrà chiedere. Perché la Chiesa, con domenica prossima, riprende il tempo liturgico definito Ordinario. Non mi metto di certo qui a disquisire di liturgia e non penso neppure di addentrami in una materia che non mi compete e conosco poco. Mi piace invece mettere in evidenza come la comunità cristiana, e la Chiesa in particolare, sappia affiancare lo scorrere dei giorni. Come sia in grado di intercettare il sentire degli uomini del proprio tempo e ne sappia leggere i segni, le attese, le speranze e anche le paure.

Un tempo ordinario come se fosse qualcosa di meno rispetto a quanto appena vissuto?

Oppure sempre una grazia che ci è data per santificare quello spazio che ci è offerto da vivere? Questi pensieri mi sono sorti ascoltando domenica scorsa la spiegazione del Vangelo durante la quale il sacerdote ha ricordato il termine del tempo di Natale.

Appunto, dopo il Natale, l'evento per eccellenza, arriva la quotidianità, quella a cui tutti siamo richiamati dopo le feste.

Ho pensato subito a papa Giovanni Paolo II e ai suoi due successori, Benedetto XVI e Francesco. Tutti e tre ci hanno sollecitato infinite volte alla santità del quotidiano. Non quella straordinaria da calendario, da santini da portare nel portafogli e da invocare alla bisogna. Ma quella a cui ognuno di noi è chiamato. Quella esperienza meravigliosa intrisa di ordinaria straordinarietà che si può incontrare alla sequela di Cristo. Lui che è venuto in mezzo agli uomini per condividere la nostra condizione e farsi uno di noi, ci accompagna nel nostro cammino. Ci segue, ci sostiene, ci conforta e non ci fa mancare nulla. Anzi, dà ragione al nostro ordinario, alle faccende di ogni giorno, al nostro affannarci senza sosta.

Senza questa consapevolezza, senza questo senso, rischiamo di girare a vuoto, fino a una inesorabile resa dei conti. Rendere pieno il quotidiano è il cammino di chi, dopo il Natale appena accaduto, sa che ora tutto è diverso.

Santificato.

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