Editoriale
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Ucraina invasa

Un solo grido: pace

Nelle piazze di ogni continente la gente manifesta tutto il dissenso possibile

Un solo grido: pace

«Il dialogo è più forte della guerra». È il messaggio uscito dalle giornate di Firenze con i vescovi e i sindaci delle città del Mediterraneo riuniti mentre si è concretizzata l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Un fatto cui nessuno credeva. Poi abbiamo visto i carri armati e i soldati di Putin in azione sul suolo di una nazione indipendente. Questo è accaduto nel cuore dell’Europa, a due sole ore di volo. Accanto a casa nostra, nei quartieri e nelle case di tanti che abitano nelle nostre città. Nelle strade di donne che hanno deciso di trasferirsi in Italia per motivi di lavoro, come raccontano le testimonianze raccolte in questi giorni (cfr pag. 13 edizione cartacea).

La reazione del mondo intero e dell’opinione pubblica internazionale è stata fortissima, ben oltre le attese della Russia che, nonostante le rassicurazioni di facciata evidenziate fino all’ultimo, si è trasformata in invasore. Forse lo stesso Putin non si aspettava un fronte così compatto che oggi conta tra le sue fila, per la prima volta, anche la Svizzera, da sempre neutrale. Tanti Paesi dell’Ue hanno deciso di sostenere l’Ucraina nella sua resistenza, accettando di vendere armi a una nazione anche se belligerante, ma di certo inferiore all’aggressore. Molte situazioni di questi giorni sembrano ricalcare quanto abbiamo studiato sui libri di storia. Le similitudini con i terribili fatti del 1939, al tempo di Hitler, prima della Seconda guerra mondiale, sono tante e inquietano l’Occidente.

Lo ha ricordato anche il segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin (cfr pagina 4 edizione cartacea), in un’intervista rilasciata ad alcuni quotidiani italiani. Eppure, ha aggiunto il porporato, “non è mai troppo tardi” per trattare e per tenere aperto il dialogo. Sui negoziati che si sono avviati lunedì scorso vengono riposte le ultime speranze. I margini di trattativa sono molto stretti. Lo sanno quanti siedono al tavolo dei colloqui. Lo sappiamo bene anche noi che seguiamo le fasi dell’avanzata russa verso Kiev e abbiamo ascoltato le deliranti minacce nucleari del leader del Cremlino. Pure la pandemia ci appare un evento residuale, quando vediamo donne, anziani e bambini scappare oltre frontiera, i palazzi colpiti dai razzi e le stazioni della metropolitana trasformate in rifugi antiaerei. Solo in quel momento ci rendiamo conto che la guerra rimane un fatto tragico. Nelle piazze di ogni continente la gente manifesta tutto il dissenso possibile e urla a una sola voce in faccia a Putin: pace.

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