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Parlamento Europeo

Aborto, decisione Ue. Una sventura per tutti

Bisogna pensare a quale ingiustizia comporta assumere diritti contro l’uomo e il suo bene

Neanche un mese dopo l’infausta decisione francese, di inserire il diritto all’aborto, come diritto costituzionale, ecco ora il Parlamento europeo che, con 336 voti a favore contro 163, ha approvato una risoluzione che auspica l’inserimento dell’aborto nella Carta dei Diritti, riconoscendolo come “diritto fondamentale” e “valore comune da incentivare”. Pur non avendo la decisione europea valore vincolante per gli Stati membri (sia perché l’aborto non è materia di competenza europea, ma nazionale; sia perché l’effettiva modifica della Carta dei Diritti necessita l’unanimità di consenso da parte dei 27 paesi aderenti), è evidente il suo chiaro intento ideologico non privo di conseguenze concrete (basti pensare al fatto che i finanziamenti europei potrebbero essere condizionati al rispetto dei diritti fondamentali – tra cui l’aborto – da parte degli Stati membri).

L’Unione giuristi cattolici italiani, sezione di Forlì-Cesena, ritiene questa decisione europea una sventura per l’umanità: inserire l’aborto, ossia la soppressione di un bambino nel grembo materno (per la scienza l’embrione e il feto sono esseri umani, con un proprio patrimonio genetico), tra i diritti fondamentali, significa stravolgere pericolosamente l’antropologia umana, fino a non riconoscerne più alcuna dignità.

La teorica dei diritti umani fondamentali rappresenta il più alto livello e la più alta espressione del tentativo umano di perseguire il bene stesso dell’uomo, di tutelare ciò che per lui è essenziale, al punto tale da dover essere riconosciuto e affermato come inviolabile, anche contro i diritti vigenti e scritti dei singoli ordinamenti particolari, presenti o futuri. Detta teorica nasce dopo gli orrori delle due guerre mondiali (in particolare con la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino e con le singole carte costituzionali del Novecento), quando ci si è resi conto che i singoli ordinamenti positivi non erano di per sé garanzia di giustizia, occorrendo affermare, a livello sovranazionale, un numero minimo di diritti fondamentali appartenenti all’uomo in quanto tale, generalmente condivisi e comunque affermati come indispensabili per far sviluppare libertà e giustizia; un nucleo di tutele da perseguirsi indistintamente in tutti i Paesi, anche in quelli ove i medesimi diritti umani siano in vario modo disconosciuti.

Quando si parla di diritti fondamentali, il riferimento è a un diritto superiore che sta oltre il mero diritto stabilito dai singoli Stati a una giustizia che né il diritto attuale, né quello futuro, né il diritto di nessun paese, oggi o domani, potrebbe disconoscere.

Si pensi a quale grado di ingiustizia comporta il fatto di assumere erroneamente, a livello di diritti fondamentali, diritti contro l’uomo e il suo bene. Il massimo tentativo di giustizia per l’uomo si trasforma nella più incredibile esperienza di ingiustizia che l’uomo possa mai conoscere: summus jus, summa iniuria.

L’Ugci di Forlì-Cesena fa proprie le parole di Ratzinger “Dinanzi a queste esigenze etiche fondamentali e irrinunciabili, i credenti devono sapere che è in gioco l'essenza dell'ordine morale, che riguarda il bene integrale della persona. È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all'accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale” e i contenuti della recente dichiarazione Dignitas Infinita di papa Francesco.

*presidente Unione giuristi cattolici sezione Forlì-Cesena

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