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Chiesa con le braccia aperte, capace di accogliere tutti

Risuona ancora l’invito di papa Francesco alla Gmg di Lisbona «Todos, todos, todos». Cosa rimane di quei giorni faticosi e intensi

Riecheggiano forti ancora oggi le parole di papa Francesco pronunciate al Campo Tejo durante la Giornata Mondiale dei Giovani di Lisbona ( cfr pag. 4). E risuonano non solo per il tono di voce, ma soprattutto perché, come un padre, il Papa ha voluto spronare l’oltre milione e mezzo di giovani a prendere in mano la loro vita e farne un capolavoro, alzandosi in fretta come Maria nel suo andare da Elisabetta.

Parole che sono state ascoltate anche dalle centinaia di giovani delle nostre diocesi, molti di loro alla prima Gmg, e accompagnati da diversi sacerdoti ed educatori.

Se chiedete cosa rimane, oltre alla stanchezza, delle giornate portoghesi, le risposte sono diverse.

La prima cosa che vi dicono, d’impatto, è l’aspetto dei disagi: dal cibo che non era proprio realizzato da uno chef stellato, alle docce serali con acqua fredda. Per non parlare del lungo viaggio in pullman. Qualcuno non osa definirlo martirio: certamente sono state giornate fisicamente estenuanti e dove ciascuno deve mettere in conto un po’ di sacrificio e di spirito di adattamento: anche negli spostamenti da una parte all’altra della città.

Ma se si dà tempo ai giovani per riflettere e rielaborare le giornate e gli incontri vissuti in quei giorni, sono proprio loro i primi ad accorgersi di aver vissuto un’esperienza unica al mondo che non è sempre accessibile a tutti: ad esempio la prossima sarà fra quattro anni a Seul in Corea del Sud... Così subito dopo l’inevitabile commento “Bella”, i giovani si soffermano su alcune parole che li hanno segnati. Prima di tutto l’esperienza della diversità come ricchezza e opportunità attraverso semplici gesti o momenti che si incidono nell’anima: dal cantare nella metropolitana insieme ai francesi le canzoni italiane (memorabile il Sarà perché ti amo), allo scambio delle bandiere e dei gadget nazionali. E se il parlare lingue diverse poteva apparentemente complicare la comunicazione, in realtà ci si capiva al volo, perché si cercava sempre quello che unisce piuttosto che ciò che divide.

«Certo – dice Maria – non sono mancati anche i momenti inaspettati come il prete Dj che, prima della Messa, sveglia tutti i giovani a suon di musica tecno, ma soprattutto i momenti e le parole di papa Francesco. Alla Gmg ci si diverte, ma torni a casa con qualcosa in più che non ti aspettavi. Ad esempio durante la Via Crucis, non avevamo molte radioline per la traduzione, ma capivi quello che stava succedendo e saperci insieme a un altro milione di giovani, in silenzio e in preghiera mi ha fatto tanta impressione».

Maria si ferma un attimo. Poi continua: «La Gmg? La rifarei. È un’esperienza che una volta nella vita va fatta… non solo perché non è sempre vicina, ma perché torni più ricco: di amici, di fede, di esperienza». Magari partendo da una di quelle domande riecheggiate nelle catechesi del mattino: quando il Signore Gesù mi ha fatto sussultare di gioia?

Ero alla mia quinta Gmg, non più come giovane, ma come parroco che accompagna i suoi ragazzi. Ma anche a me quelle di Lisbona sono state giornate preziose, per dare corpo e visibilità a una Chiesa giovane che prende il largo per una nuova spinta missionaria affinché il Signore Gesù raggiunga tutti: anzi “Todos, todos, todos” come disse un Papa venuto dalla fine del mondo a una marea di giovani in una calda serata d’agosto a Lisbona.

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