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Laszlo, oggi 91 anni deve tutto all’Italia

Alla vigilia del viaggio apostolico di papa Francesco in Ungheria dal 28 al 30 aprile. La testimonianza

Laszlo, origini ungheresi, sente come un grande evento la prossima visita di papa Francesco nel suo paese (che a oriente confina con l’Ucraina) dal 28 al 30 aprile.

Si prevedono il rinnovo della richiesta di pace, ma anche un cenno ai tanti migranti in cammino un po’ ovunque.

Laszlo oggi ha 91 anni compiuti.

Rimasto vedovo, da alcuni anni vive a Russi (Ravenna) accanto a una delle due figlie (ha anche un figlio maschio). Lui è un migrante di tanti anni fa. Quando nel 1956 l’Ungheria si ribellò al sistema sovietico e fu invasa dai russi, in un mese, in Italia, giunsero 3.500 fuggiaschi.

Furono 250mila circa quelli che raggiunsero l’Occidente.

Laszlo frequentava il terzo anno di Ingegneria a Budapest. Fu espulso da tutte le università e scuole ungheresi. «Avevo studiato anche canto - ci dice - e con un ex cantante d’opera ungherese, tramite un’amica d’infanzia, trovammo un posto in una compagnia teatrale che si esibiva a Seghedino, città vicina all’ex Jugoslavia. Io come tenore. Il 22 ottobre, nella grande e bella piazza davanti al duomo, c’erano almeno 10mila persone: operai, studenti, artisti, sindacalisti. Fu deciso di preparare un messaggio in 12 punti da leggere alla radio nazionale in cui si chiedeva maggior libertà.

Ma a Budapest, trovarono poliziotti e soldati, ungherese e russi. E spari». La sollevazione coinvolse tutto il Paese, ma ben presto fu bloccata.

Iniziò la fuga verso l’estero. Qualcuno, Laszlo compreso, pensò di guardare all’ex Jugoslavia.

Passata la frontiera, il gruppo di profughi con cui si mosse fu portato a un impianto termale.

«Poi, caricati su un treno - continua Laszlo iniziammo un viaggio. In diversi esprimemmo il desiderio di raggiungere l’Italia, e ben presto da Trieste giunse il console italiano».

Raggiunta l’Italia non si vedevano solo soldati, ma anche civili. Un carabiniere italiano stappò un fiasco di Chianti e per la notte il gruppo fu portato a dormire al castello di Miramare.

«Ottenuto il riconoscimento di rifugiati, cercarono di rimetterci in salute - sottolinea Laszlo -: attraversando l’ex Jugoslavia avevo perso 15 chili. Poi ci inviarono in un albergo stupendo nel varesotto. La direttrice della Croce Rossa di Milano, di origini ungheresi, sapendo che ero tenore, cercò di portarmi alla Scala. Ma arrivò un avviso dell’università di Bologna. Potevo riprendere gli studi di Ingegneria grazie a una borsa di studio. Una notte per decidere. E scelsi Ingegneria».

Ungherese in fuga in Italia, e proprio qui la vita gli ha fatto incontrare una moglie di origini tedesche, giunta a Bologna per seguire malati di poliomielite. Con lei, tre figli e una lunga e serena vita insieme.

La borsa di studio che ha permesso a Laszlo di laurearsi fu merito del professor Enrico Varady, docente di lingua e letteratura ungherese e tedesca a Bologna. Su 24, ben 21 i ragazzi ungheresi che si laurearono e che hanno ringraziato l’Italia per questo.

Per loro, Bologna fu anche occasione di incontro con il cardinal Giacomo Lercaro.

«Tanti gli incontri con lui a Villa Revedin racconta Laszlo -. Sapevamo ungherese e russo, ma con lui parlavamo in latino. E da allora ci fu data occasione di partecipare periodicamente a una Messa celebrata in lingua ungherese, con un sacerdote che veniva da Roma». Temendo ritorsioni da parte delle autorità comuniste, fino alla caduta del muro di Berlino del 1989, lui non è più tornato nel suo Paese. Oggi, a papa Francesco rivolge un grande augurio di buon viaggio per il 28-30 aprile. «Questo viaggio è un grande piacere per me - aggiunge - anche perché la prima volta fu solo per un aperitivo a Budapest, invece ora si ferma per alcuni giorni e vedrà l’ospitalità ungherese. E troverà una religiosità cattolica molto sentita».

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