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27 gennaio

Una giornata per non dimenticare

Ricorrendo l’anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945), in tutte le città d’Europa si fa memoria della Shoah

Mercoledì 27 gennaio si celebra la Giornata della memoria. Ricorrendo l’anniversario dell’apertura dei cancelli di Auschwitz (27 gennaio 1945), in tutte le città d’Europa si fa memoria della Shoah.

Anche a Cesena viene proposto un ideale “pellegrinaggio” in piazza Almerici, davanti alla lapide posta sulla fiancata del Palazzo del Ridotto, che fa memoria dei nostri concittadini ebrei arrestati e poi avviati verso gli inferni organizzati dalla ideologia neopagana del nazismo.

Nei progetti demoniaci di Hitler, la “soluzione finale” doveva realizzarsi non solo con lo sterminio degli ebrei ma, ancora, colpendo quei milioni di vittime “colpevoli” di non condividere i fondamenti dell’ideologia nazista. Ecco perché la “soluzione finale”, vinta la guerra, si sarebbe con maggiore radicalità abbattuta anche sui cristiani che riconoscono il patriarca Abramo come loro padre nella fede, responsabili dell’“inquinamento” che avrebbe alterato la primigenia e pagana storia della razza germanica. Ma ancora e da subito, lo sterminio di quanti, menomati nelle loro energie psico-fisiche, non potevano esprimere la purezza (biologicamente intesa) della razza ariana.

Nel frattempo, e non soltanto in Polonia e nella Russia Bianca, ma già in Germania e nei Paesi occupati dalle truppe tedesche allo scoppiare del conflitto mondiale, migliaia di credenti (sacerdoti, religiosi, diversi vescovi, tanti laici e padri di famiglia) e con loro cristiani della “Rosa bianca” e di altre comunità evangeliche - vittime anche nei Testimoni di Geova - riempivano gli spazi dei lager.

La Giornata della memoria ancora una volta ci invita a chiedere perdono per la grave indifferenza con cui abbiamo assistito alla promulgazione delle Leggi razziali, nel 1938, nonostante i forti ed espliciti richiami del Papa. A conforto, tuttavia, ricordo la solidarietà che si è organizzata per venire in aiuto ad alcune famiglie ebree. Cito la famiglia Lerher, originaria della Romania. La loro fuga in Svizzera vide la complicità (rischiosa!) dei monaci di Santa Maria del Monte e i medici della casa di cura “San Lorenzino” Elio Bisulli e Achille Franchini. Ne parla nelle sue memorie “Clausura violata” (seconda edizione, Stilgraf, Cesena 2004) dom Placido Zucal.

Nell’elenco della lapide, sulla fiancata del Palazzo del Ridotto, anche il nome dei coniugi Bernardo Brumer ed Elena Rosenbaum. Il parroco di Cesenatico don Lazzaro Urbini, morto poi vittima di una granata mentre portava soccorso agli ammalati del locale ospedale, li aveva raccomandati alla sua famiglia che abitava a San Vittore. Qui, a seguito di una spiata, i Brumer furono catturati dai brigatisti neri il 10 agosto 1944, e anche il fratello di don Lazzaro, Adamo (seminarista non ancora sacerdote) che riuscì a sfuggire alla deportazione in Germania grazie all’intervento del vescovo Beniamino Socche, in quel tempo vero “defensor civitatis”, che tentò invano di intercedere pure pre la famiglia Brumer.

Purtroppo riecheggiano ai nostri giorni preoccupanti notizie di episodi che richiamano rigurgiti di razzismo, che si ispirano alle ideologie totalitarie del nazifascismo.

L’apostolo Paolo scrive nell’epistola ai Romani che la chiamata di Dio, rivolta al popolo ebraico, è irrevocabile. Gli ebrei non sono - come spesso fu detto in passato - il popolo ripudiato, ma l’alleanza di Dio con loro rimane e per sempre. Ci aspetta perciò un camminare “insieme” fino alla rivelazione dell’ultimo giorno, impegnati tuttavia a testimoniare insieme, in un mondo sempre più secolarizzato, l’Amore trascendente e paterno dell’Eterno, nella fedeltà alla sua Alleanza (per i cristiani sigillato dalla Pasqua di Gesù di Nazareth).

Quell’amore misericordioso che vuole abbracciare tutti gli uomini, senza alcuna discriminazione.

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